Di Andrea Petta

Le due statue poste originariamente a guardia del passaggio verso la Camera del Sarcofago sono molto simili, ma non identiche. In legno stuccato, dipinto in nero sulle parti scoperte del corpo ad indicare la rigenerazione e con tutti gli ornamenti dorati a parte i sandali e l’ureo sulla fronte, in bronzo. Il collare ha un pendente con lo scarabeo alato, ricorrente nei pettorali del faraone. Entrambe hanno una mano un’asta ed una mazza.

La due statue ancora in situ dopo il parziale svuotamento della tomba. Carter e Carnarvon decisero di lasciarle al loro posto fino all’apertura del passaggio alla Camera Sepolcrale in maniera simbolica: i guardiani ancora al loro posto a vigilare che lo scavo fosse compiuto con il rispetto dovuto al Faraone. Probabilmente la decisione fu di Carter, avvezzo alla “scenografia” locale, per rendere la cerimonia di apertura ancora più impressionante. L’effetto fu più tardi descritto come “un’atmosfera straordinaria di presenza divina” (Hornurg, 1982)

L’imballaggio della 60707 effettuato in situ per il trasporto in laboratorio. Sullo sfondo il “muro d’oro” visibile dopo l’apertura del passaggio alla Camera Sepolcrale

La 60707 pronta per essere trasportata. Queste foto di Burton ci danno un’idea del lavoro necessario per ogni singolo reperto ritrovato, ed il rischio di danneggiamento sempre presente lavorando in spazi così angusti

Mace e Lucas al lavoro sulla 60707 nel laboratorio. Da notare il tavolo “forato” usato come supporto per il gonnellino, probabilmente un’idea di Callender che con il suo spirito pratico risolse così tanti problemi
Nel tempo si era diffusa l’idea che fossero anche un nascondiglio segreto per i papiri legati al culto dei morti, ipotesi smentita agli inizi del secolo con una serie di radiografie delle statue
Le forme risentono ancora dell’influenza di Amarna: i volti sono realistici ed i lineamenti sono quelli reali di Tutankhamon, l’addome leggermente sporgente, le gambe non massicce.


Gli occhi hanno il profilo in bronzo e sono intarsiati con calcare cristallino ed ossidiana. Una delle due statue è riprodotta con il copricapo “nemes” (JE60707) come la maschera funeraria e legato alla rinascita solare, mentre l’altra ha il copricapo “khat” più arrotondato e legato al simbolismo lunare nonché alla “radianza” (iAxw – oggi forse lo chiameremmo “aura”) simbolo della trasformazione divina del sovrano.
Anche le iscrizioni sul gonnellino sono diverse: quella col nemes riporta: “Il Dio perfetto di cui essere fieri, il sovrano di cui tutti si gloriano, Nebkheperure, Figlio di Ra, Signore dei Diademi,. Tutankhamon, Sovrano di Eliopoli del Sud, che vivrà per sempre come Ra”. La statua con il khat riporta invece “Dio buono al quale tutti si inchinano, il sovrano di cui tutti si gloriano, il Ka di Harakty, l’Osiride, il Sovrano, il Signore delle Due Terre, giustificato”.


Quindi in realtà abbiamo Tutankhamon sovrano, con il nemes, di fronte al suo Ka, con il khat, come parte integrante di sé e sua parte ultraterrena, due “lati” della stessa essenza come erano ai due lati del passaggio alla Camera del Sarcofago. Il simbolismo solare e lunare rappresenta la ciclicità e l’eterna trasformazione di cui la Camera Sepolcrale rappresenta lo spazio sacro in cui avvengono.
Le dimensioni maggiori di quelle reali suggeriscono l’importanza data al culto del Ka durante il regno di Tutankhamon.
Fonti:
- Howard Carter, Tutankhamon. Mondadori, 1985
- Museo Egizio del Cairo
- Bell, L., 1985, ‘Luxor Temple and the Cult of the Royal Ka’, ‘Journal of Near Eastern Studies’, Vol. 44, No. 4, The University of Chicago Press, USA
- Kawai N., 2000, ‘Development of the Burial Assemblage of the Eighteenth Dynasty Royal Tombs’ Orient Magazine, Volume XXXV, The Johns Hopkins University, USA
- O’Neill, B. The Grave Goods of Tutankhamun – Expectations of a Royal Afterlife