Necropoli tebane

TT215 – TOMBA DI AMENEMOPET

Amenenemopet in geroglifici
Planimetria schematica della tomba TT215[1] [2]

Epoca:                                   XIX Dinastia

Titolare

TitolareTitoloNecropoli[3]Dinastia/PeriodoNote[4]
AmenemopetScriba reale nel Luogo della Verità[5]Deir el-MedinaXIX Dinastianon lontano dal tempio, a poca distanza dalla collina; a est della TT5

 

Biografia

I nomi dei genitori, Minmose ed Esi, sono ricavabili dalla TT335 di Nakhtamon[6], Servo del luogo della Verità, Incisore di Amon, e Prete wab[7] di Amenhotep I. Hathor, detta Hunuro, fu sua moglie; su una parete è rappresentato un figlio, ma non ne è indicato il nome[8].

La tomba

TT215 è di fatto la cappella, mentre la vera camera funeraria si trova nella TT265, sempre ad Amenemopet intestata. Nella cappella, costituita da una semplice camera rettangolare da cui si accede ad una piccola camera più interna, poche sono le scene parietali sopravvissute: un figlio presenta liste di offerte [al defunto e a sua moglie] (?); poco oltre, su tre registri sovrapposti, scene del corte funerario con statue di anubi/sciacallo trasportate verso il tempio tra due sicomori, altre scene del corteo con Anubi sotto un padiglione con tre dee femminili mentre la moglie (?) canta dinanzi al defunto seduto sotto una palma.

Parete est della cappella funebre. Da un’edicola tra due alberi parte un corteo funebre. Foto: Museo Egizio di Torino

Sul soffitto a volta, i Campi di Aaru con Harsheri, Scriba reale del Signore delle Due Terre,e la moglie intenti nella mietitura; frammenti di altre scene con palme e del Libro delle Porte; frammenti del defunto e della moglie che adorano un demone guardiano armato di coltello e resti di pesci e tartarughe in un laghetto.

Parete est della cappella funebre. Il corteo funebre. Foto: Museo Egizio di Torino

Nella camera più interna, il defunto e la moglie adorano Ra-Horakhti e Amon-Ra e tracce di testo con il defunto, la moglie e alcuni bambini[9].

Fonti

  1. Porter e Moss 1927,  p. 311.
  2. Gardiner e Weigall 1913
  3. Donadoni 1999,  p. 115.
  4. Gardiner e Weigall 1913, p. 34
  5. Gardiner e Weigall 1913, pp. 34-35
  6. Gardiner e Weigall 1913, p. 35

[1]      La prima numerazione delle tombe, dalla n.ro 1 alla 253, risale al 1913 con l’edizione del “Topographical Catalogue of the Private Tombs of Thebes” di Alan Gardiner e Arthur Weigall. Le tombe erano numerate in ordine di scoperta e non geografico; ugualmente in ordine cronologico di scoperta sono le tombe dalla 253 in poi.

[2]      Nella sua epoca di utilizzo, l’area era nota come “Quella di fronte al suo Signore” (con riferimento alla riva orientale, dove si trovavano le strutture dei Palazzi di residenza dei re e i templi dei principali dei) o, più semplicemente, “Occidente di Tebe”.

[3]      le Tombe dei Nobili, benché raggruppate in un’unica area, sono di fatto distribuite su più necropoli distinte.

[4]      Le note, sovente di inquadramento topografico della tomba, sono tratte dal “Topographical Catalogue” di Gardiner e Weigall, ed. 1913 e fanno perciò riferimento alla situazione del’epoca.

[5]      Set-Maat = “Luogo della Verità” era uno dei nomi con cui era noto il villaggio operaio di Deir el-Medina. Il villaggio era anche noto come Pa-demi, ovvero, semplicemente, “il villaggio”.

[6]      In TT335 un dipinto parietale rappresenta Amenemopet che offre fiori ai suoi genitori, Minmose ed Esi, ma non è specificato quale legame di parentela esista tra Nakhtamon e Amenemopet

[7]      I preti “wab”, ma anche “uab”, o “uebu”, appartenevano al basso clero ed erano incaricati della manutenzione degli strumenti del culto e degli oggetti comunque ad esso connessi. A loro competeva il lavacro e l’abbigliamento giornaliero della statua del dio presso cui operavano e a loro competeva il trasporto della statua del dio (generalmente su una barca sacra) durante le cerimonie. Erano gerarchicamente sottoposti ad un “grande prete wab” cui competevano le operazioni giornaliere di culto della divinità.

[8]      Porter e Moss 1927,  p. 311.         

[9]      Porter e Moss 1927,  p. 312.

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