Di Andrea Petta

Quando è partito per la campagna d’Egitto, Napoleone non sapeva che l’unico successo della sua spedizione sarebbe stato legato proprio a quei 154 scienziati imbarcati con le sue truppe. Non che la loro vita sulle sponde del Nilo sia stata facile, tutt’altro. Prima abbandonati a loro stessi dalle truppe francesi tra caldo opprimente, difficoltà di comunicazione con gli egiziani ed inevitabili scontri – anche armati – con i mamelucchi in rotta dopo la sconfitta a Giza. Poi le incomprensioni culturali: le divise degli scienziati sono verdi, un colore riservato ai discendenti di Maometto per i musulmani, e agli egiziani, che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, non può importare di meno degli esperimenti e delle ricerche dei francesi. Dopo la sconfitta di Abukir, anche gli scontri con gli inglesi peggiorano la situazione: quattro scienziati francesi muoiono nell’ottobre 1798 proprio in uno scontro a fuoco in cui vengono distrutte molte delle apparecchiature scientifiche scampate al naufragio della Patriote.

Conté salva il futuro della spedizione con la sua capacità inventiva e ricostruendo sul luogo molte di queste apparecchiature. Possono rimettersi al lavoro ingegneri, naturalisti e fisici.
Ed anche un disegnatore.
È Dominique Vivant Denon, un ex-aristocratico (un barone, nientemeno) che, privato dalla Rivoluzione del titolo e di tutti i suoi beni, si è dovuto reinventare disegnatore per campare. Nella sua vita aristocratica aveva infatti scoperto di saper disegnare molto bene; un suo ritratto di Voltaire aveva fatto arrabbiare non poco lo scrittore-filosofo per il suo realismo. Anche durante i suoi viaggi in Italia come diplomatico si era dilettato in numerosi ritratti, sempre molto espressivi, tanto da essere eletto membro dell’Accademia delle Belle Arti a Venezia, dove si era rifugiato dopo la Rivoluzione.
È bravo, Denon; David, il pittore della Rivoluzione, lo presenta a Napoleone, che lo salva dalla ghigliottina e lo aggrega alla spedizione in Egitto.
Denon sa ben poco dell’Egitto, praticamente nulla, ma è curioso e disegna instancabilmente. Arriva fino ad Assuan riempiendo innumerevoli taccuini di disegni. Ad Elefantina disegna la cappella di Amenofi III e la salva dall’oblio, perché verrà demolita pochi anni dopo. Pubblica il suo “Voyage dans l’Haute et Basse Égypte” nel 1802 ed il successo delle sue 141 incisioni a corredo è talmente clamoroso (ben 40 edizioni solo nel XIX secolo) che vengono trovati fondi e supporto per un’opera monumentale, la “Description de l’Egypte”, 23 volumi pubblicati a partire dal 1809 in cui verrà raccolta buona parte del lavoro svolto dalla spedizione scientifica in Egitto.

NOTA: se volete curiosare l’opera di Denon, le sue incisioni del “Voyage dans l’Haute et Basse Égypte” sono disponibili in rete qui (magie di internet…): https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b53207750w


E la Sfinge è lì, in diversi disegni. Diventa un simbolo. Una ricchezza sepolta dalla sabbia. Tirarla fuori, esporla, ammirarla, salvarla come innumerevoli altri capolavori in Egitto. Mentre l’egittomania dilaga, ci proveranno in tanti, novelli Thutmosis, a togliere la sabbia e liberare il leone…



L’eredità di Denon
Rientrato in patria, Denon sarà il primo direttore del Museo Centrale delle Arti, diventato poi Museo Napoleone, infine Museo del Louvre. Accoglierà le opere trafugate da Napoleone in tutta Europa, creando in dieci anni uno dei musei più importanti al mondo – da cui però dovette dimettersi dopo Waterloo.

A Denon – e ai suoi colleghi, nonché a Napoleone – tutti noi appassionati di egittologia dobbiamo essere eternamente grati. Grazie alla loro opera scoppiò in Europa una Egitto-mania che non si è mai spenta. È vero, c’era stata un’altra Egitto-mania ai tempi di Cesare e dell’Impero Romano – che però si era limitata ad essere per lo più una moda, un trafugamento di statue, monumenti ed oggetti artistici all’inseguimento imperiale della grandiosità faraonica – interrotta dall’avvento del cristianesimo che iniziò a pretendere un’egemonia culturale non ancora sopita.
E tutto questo avvenne nonostante i disegni di Denon & C. fossero “muti”, i simboli disegnati non avessero voce. Doveva passare ancora un po’ di tempo prima che un altro francese, un colpevole di alto tradimento della Patria ma con un talento linguistico eccezionale, desse voce a quei simboli. E successe anche con l’aiuto della “Description de l’Egypte”.
