Di Luisa Bovitutti

Foto di Silvia Vitrò
Troppo avrei a dire, se narrar volessi ciò che ho veduto coi miei proprii occhi, intorno alle maravigliose cose che lasciarono quelle antiche generazioni… si vedono qua e là sparsi sulla superficie tutta calcarea molte piramidi e mausolei di varie grandezze, la più parte però rovinate… Quivi gli antichi Egiziani conservavano i loro morti: penetrando in quei luoghi consacrati alla quiete sepolcrale di quelle spente generazioni, si vedono ricchi tempietti e gallerie coi muri quasi tutti colorati di geroglifici e figure scolpite e dipinte a vivissimi colori. Là si trovano come in una biblioteca pei posteri dipinte le arti e gli usi di quel classico popolo.
da “Memorie sull’Egitto e specialmente sui costumi delle donne orientali e gli harem”, di Amalia Sola Nizzoli, Milano, 1841
Amalia Sola Nizzoli mi era completamente sconosciuta prima di accingermi alla stesura di questo post, e meriterebbe maggior rilievo nella storia dell’Egittologia: ella fu una delle pochissime europee che nel XIX secolo vissero a lungo in Egitto lasciando traccia della sua esperienza in un memoriale e fu senz’altro la prima donna italiana a dirigere uno scavo, in un’epoca in cui le Due Terre erano un paese pericoloso, inospitale e frequentato non solo da studiosi ma soprattutto da filibustieri privi di scrupoli in caccia di tesori e di reperti.
La sua famiglia nel 1819 si trasferì ad Assiut presso uno zio, medico personale di un importante funzionario ottomano; l’anno successivo, appena quattordicenne, Amalia sposò Giuseppe Nizzoli, diplomatico dell’Austria ad Alessandria ed appassionato collezionista di reperti archeologici (i 1400 oggetti raccolti dai coniugi a Menfi furono venduti agli Asburgo, al granduca Leopoldo II di Toscana ed al pittore Pelagio Palagi, e sono oggi esposti a Vienna, a Firenze e a Bologna) e si stabilì al Cairo dove visse per un decennio nel corso della sua breve esistenza conclusasi a soli 40 anni d’età (solo di recente sono stati ricostruiti i suoi ultimi anni ed è stata ritrovata la sua tomba).
Le sue Memorie coprono un periodo che va fino al 1828, ma gli scavi da lei diretti a Sakkara per incarico del marito, sempre assente per lavoro, si collocano nel 1820, quando aveva solo quindici anni: ella aveva imparato l’arabo, viveva nel sito in una tenda con la figlioletta e la servitù ed aveva l’autorevolezza e le risorse economiche necessarie per trattare alla pari con i “caporali” che gestivano la manovalanza locale e per dirigere le inaffidabili maestranze, che avevano la pessima abitudine di sottrarre i reperti rinvenuti e rivenderli in proprio o ad altri scavatori.

Ella scalò le piramidi di Giza e di Sakkara, si avventurò all’interno di quella di Cheope con la sola assistenza di tre guide beduine che illuminavano il cammino con delle candele e la aiutavano nei passaggi più difficili (“era per me un sogno il trovarmi là dentro in mano di que’ ceffi, che potevano di me far ciò che più loro piacesse”) e visitò le mastabe ancora sepolte dalla sabbia, rimanendo impressionata dalla complessità di tali strutture e dalla vividezza dei rilievi parietali.
E’ sorprendente, poi, l’acume di una ragazzina autodidatta (si era formata sui libri della biblioteca dello zio e frequentando gli studiosi che si recavano in Egitto per le loro ricerche), che ha percepito il valore storico e filologico oltre che estetico (e venale) di quelle immagini, le quali, come ha affermato duecento anni dopo il dott. Peter Der Manuelian, egittologo del MBA di Boston e dell’Università di Tufts, “hanno contribuito a conservare ed esplorare un mondo scomparso secoli fa: nelle decorazioni di questi sepolcri si possono osservare meravigliose scene che illustrano ogni aspetto della vita nell’Antico Egitto – per cui questi monumenti non riguardano semplicemente gli aspetti connessi con la morte degli Egizi, bensì quelli vincolati alla loro esistenza terrena”.
In effetti Sakkara, sorta nel corso della I dinastia come necropoli della città di Menf,i fu ampiamente utilizzata dai sovrani e dalla nobiltà dell’Antico Regno e l’analisi delle sepolture permette di ricostruire molti aspetti della vita quotidiana dei titolari della tomba e delle persone comuni, rappresentate mentre lavorano sotto la supervisione del defunto che di solito aveva ricoperto importanti incarichi pubblici.
In seguito, pur coesistendo con la necropoli reale di Giza e con quella della Valle dei Re a Tebe, mantenne la sua importanza fino al periodo tolemaico e romano come luogo di sepoltura dell’élite menfita, e la presenza di sepolture di varie epoche consente di valutare l’evoluzione stilistica dell’architettura funeraria nei tremila anni della storia dell’Egitto.
La ricchezza e la vastità di questo sito, che occupa un vasto altopiano calcareo che domina la valle del Nilo, sono incredibili (16 kmq), e la visita completa non può certamente esaurirsi in una giornata, per cui occorre effettuare una selezione preventiva delle tombe e delle piramidi che si desiderano visitare, in modo che la guida possa tracciare il tragitto più breve ed acquistare i biglietti con la formula più conveniente.

Foto da internet
Inoltre è importante tenere presente che il sito è in pieno deserto e che non vi sono nè palme nè punti di ristoro, per cui occorre munirsi di scarpe ed abbigliamento comodi, di un bel cappellino e di abbondante acqua.
Nei prossimi post descriverò l’itinerario che abbiamo seguito, dedicando maggiore spazio a zone per me nuove o di recente restauro, come l’interno della Piramide a gradoni e la tomba sud; l’unico rammarico in questa giornata memorabile è stata l’impossibilità di visitare il museo Imhotep, che in occasione della mia precedente visita ancora non esisteva e che stavolta, guarda un po’….. era chiuso!
Fondamentale per la buona riuscita dell’escursione comunque è stata la nostra bravissima guida Monalisa Karam, che ci ha fatto percorrere la necropoli in lungo ed in largo portandoci fuori dagli itinerari abituali (normalmente nei viaggi di gruppo si visitano solo il complesso di Djoser ed un paio di mastabe), e si è trattenuta con noi ben oltre il suo orario lavorativo per esaudire tutte le nostre infinite richieste: ancora grazie, cara Monalisa!

FONTI
- https://www.archeofriuli.it/…/amalia%20nizzoli…
- https://www.enciclopediadelledonne.it/…/amalia-sola…/
- https://www.nationalgeographic.it/…/perche-le-piramidi…
- SOLA NIZZOLI A., “Memorie sull’Egitto e specialmente sui costumi delle donne orientali e gli harem”, Milano, 1841, a questo link: https://www.liberliber.it/online/autori/autori-n/amalia-nizzoli/