E LA VALLE DI AGABAT
Di Luisa Bovitutti

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Ad un tratto, d’improvviso, all’uscita di uno stretto passaggio un grande scivolo di sabbia dà accesso all’ampia valle di Agabat, considerata “la porta del Deserto Bianco”; si tratta di un’area anticamente percorsa da un fiume, caratterizzata da formazioni rocciose a forma di pandizucchero che si ergono dal terreno coperto di sabbia arancione e da placche calcaree.

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Procedendo lungo la valle il paesaggio si apre e le montagnole dorate sono piano piano sostituite da una foresta di jargangher, le ben note formazioni che caratterizzano il Deserto Bianco, createsi nel corso dei millenni a causa dell’azione del vento e della sabbia.
Esse si ergono dal terreno ricoperto di placche di un bianco lunare e rendono il paesaggio surreale e affascinante: enormi funghi di pietra, pinnacoli ed alti monoliti all’interno dei quali si aprono delle caverne chiamate stargates, talvolta utilizzate come tana dai fennec, le piccole volpi del deserto dalle grandi orecchie.

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Queste formazioni rocciose contengono microrganismi marini e conchiglie fossili che provano che 40 milioni di anni fa la depressione di Farafra era sommersa dal mare; dopo il ritiro delle acque la zona si è trasformata in una savana erbosa disseminata da alberi e bassi arbusti (ancora oggi sono presenti oltre 300 sorgenti sotterranee che permettono la coltivazione di ulivi e palme da dattero), popolata da rinoceronti, leoni, gazzelle, vari erbivori e nuclei umani che circa cinquemila anni orsono, in seguito alla progressiva desertificazione, si spostarono verso la valle del Nilo in cerca di migliori condizioni di vita.

Qui il tempo sembra essersi fermato: il paesaggio è immobile, il silenzio è assoluto, la luce è abbagliante e non si vedono segni del passaggio dell’uomo: la sabbia dorata è compatta ed intervallata dalle ampie placche gessose, le tracce lasciate dalle jeep dei precedenti visitatori sono state cancellate dal vento, e solo un minuscolo focolare con poca cenere e pezzetti di legno combusto prova che qualcuno, prima di noi, si è accampato lì.

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La nostra guida trova un grande spiazzo accanto ad alcune varie formazioni rocciose e si dedica ad allestire il campo, mentre noi cominciamo ad esplorare, portandoci sulla sommità di una collinetta dalla quale si può godere un panorama stupendo e dove ci fermiamo in attesa del tramonto, scattando fotografie a raffica.