Autentici falsi

LA MONETA PIU’ ANTICA


La moneta più antica della storia è di Tutankhamon?

Dalla Svizzera arriva una notizia che potrebbe riscrivere la storia della moneta.
Infatti il 18 novembre 2019 la casa d’aste Numismatica Genevensis metterà in vendita una moneta attribuita al faraone Tutankhamon. Questo oggetto risalirebbe dunque a quasi sette secoli prima delle più antiche monete ad oggi conosciute, emesse dal regno di Lidia dal 685 a.C.

Si tratta di un lingotto-moneta in argento contenente un’iscrizione geroglifica con il nome del faraone: “Tutankhamon reggente di Eliopoli dell’Alto Egitto”, ovvero di Tebe. Risalirebbe al periodo 1345-1327 a.C. e proverrebbe da un tesoretto fenicio ritrovato in Libano.
Pesa 41,55 grammi, ha dimensioni di 42 x 20 millimetri ed è spesso 7 millimetri. Il grado di purezza dell’argento è del 98,54%, forse il più alto raggiungibile in quell’epoca. In alto vi è il segno lasciato dalla tenaglia usata per tenere fermo il lingotto mentre veniva coniato, mentre l’argento non era ancora del tutto solidificato.

Questa moneta è stata studiata solo di recente, anche se apparteneva alla collezione di Roger Pereire (morto nel 1968), per poi essere acquistata da un collezionista di Ginevra che ora ha deciso di venderla. Il prezzo di partenza sarà di 30.000 franchi svizzeri, pari a poco più di 27.000 euro.

Da molto tempo gli storici si domandano come un impero così potente come quello egiziano abbia potuto commerciare senza monete. In effetti le prime monete egiziane conosciute finora erano delle imitazioni di tetradracme ateniesi e degli stateri d’oro del faraone Nektanebo II (361-343 a.C.), precedenti di poco la conquista di Alessandro Magno.

Però esiste un testo, posteriore di due secoli e mezzo regno di Tutankhamon, che ci riferisce le disavventure di un certo Unamon. Costui era incaricato dell’acquisto di legno per una barca destinata alle processioni fluviali in onore di Amon-Ra a Tebe.
Un uomo del suo equipaggio sarebbe fuggito con un vaso d’oro del peso di cinque deben, quattro brocche d’argento del peso di venti deben e un piccolo sacco contenente undici deben d’argento. Quest’ultimo era certamente riempito di piccoli lingotti.

L’estrema rarità di questi oggetti si spiega con il fatto che gli egizi non possedevano alcuna miniera d’argento. Essi entravano in possesso di questo metallo grazie agli scambi commerciali con città del Vicino Oriente come Ugarit, Byblos e Beirut. Si può quindi pensare che tali oggetti erano riservati a dei fini particolari o cerimoniali.

L’esistenza di tali lingotti in argento è stata confermata dal tesoro di Tod, che ne conteneva dodici. Attualmente sono conservati al Louvre e al museo del Cairo.
La particolarità che distingue il presente lingotto è la presenza di una iscrizione che gli attribuisce una data precisa e la garanzia di un’autorità. Se fosse autentico, questo rarissimo lingotto costituirebbe quindi il primo oggetto monetario datato della storia umana.

Va sottolineato il fatto che il nome del re non è circondato dall’usuale cartiglio reale, ovvero un ovale sottolineato da un tratto, simbolizzante l’universalità della regalità faraonica. Infatti in questo caso sia il cartiglio che il lingotto hanno forma di brocca, ovvero la stessa forma del geroglifico che significa “argento” e “lingotto”. Questa forma era quindi chiaramente familiare agli antichi egizi.

Foto e testo da:

https://www.coinbooks.org/v22/esylum_v22n44a22.html

Autentici falsi

IL “GENERALE OSSIPUMPHNOFERU”

Di questa mummia in straordinario stato di conservazione avevo già parlato tempo fa, ma visto che ultimamente sta riapparendo su Facebook, approfittiamone per fare chiarezza. Non si tratta di un falso, in quanto la mummia è autentica, ma sono false le notizie sulla sua identità con cui viene presentata sui social.

Qualche tempo fa era apparsa su alcune testate e blog italiani la notizia che questa mummia molto ben conservata, con capelli e barba biondi/Rossi, apparterebbe nientepopodimeno al generale Sobek Um Shaf, comandante dell’esercito di Ramses II, probabilmente uno shardana, il misterioso “popolo del mare” che potrebbe avere origine sarde.

Su Facebook, anche recentemente, questa mummia viene anche presentata come quella del Generale Ossipumphnoferu, prodigioso militare vissuto sotto il regno di Thutmose III.

Vediamo cosa dicono i fatti.

– La mummia in questione è oggi conservata al Museum of Natural Sciences di Houston, probabilmente in prestito dal Michael C Carlos Museum Emory University. In passato si trovava al Niagara Falls Museum.

– La didascalia del museo dice che si tratta di un uomo, il cosiddetto “generale Ossipumphnoferu”. Secondo il museo, si tratta di una mummia di epoca romana, databile tra il 30 a.C. e il 330 d.C.

– Con ulteriori ricerche, scopriamo che la mummia in questione proveniva dal Niagara Falls Museum, dove veniva presentata come la mummia del Generale Ossipumphnoferu, prodigioso militare vissuto sotto il regno di Thutmose III (i grandi faraoni se lo contendevano evidentemente…). La presentazione in stile molto sensazionalistico e holliwoodiano del museo, che parla de “La curiosità più meravigliosa e preziosa del mondo”, è visibile qui

http://www.sideshowworld.com/…/Oldest/Museum-America.html

– cosa dice invece l’ egittologo Peter Lacovara:

CONCLUSIONI:

  • La mummia è di età romana
  • La storia del generale di Thutmose III fu costruita ad hoc dal Niagara Falls Museum
  • La storia del generale di Ramses II è stata inventata di sana pianta da altri presunti egittologi
  • Ramses II non ha alcun legame con questa mummia …e di conseguenza neanche gli Shardana vi sono collegati
  • La mummia ha circa 2000 anni e non 3500

Link foto:

https://ape-egypt.org/user/wedjatpic/4227

Autentici falsi

L'”ANELLO-SERPENTE DI TUTANKHAMON”

Questo anello non è propriamente un falso. Non è infatti un manufatto spacciato per autentico reperto d’epoca. Si tratta invece di un gioiello moderno prodotto dalla rinomata gioielleria Veneziana denominata: “Codognato, bijoutier de la Sérénissime 1866”.

E’ la rete che ha creato questa fake, e molti siti ne hanno fatto uso senza preoccuparsi della veridicità della affermazione “Anello di Tutankhamon”.

Uno dei tanti esempi di post fasulli che spacciano l’anello come proveniente dalla tomba di Tutankhamon o come reperto originale egizio.

Oltre alla banale evidenza che gli Egizi non possedessero la tecnologia per sfaccettare le pietre dure, basta comunque consultare l’archivio fotografico dei reperti della KV62 del Griffith Institute.

Per la ricerca Ring Snake (anello serpente) non si trova nulla, per la sola parola Ring, ecco l’elenco:

http://www.griffith.ox.ac.uk/perl/gi-ca-qmakeres.pl…

Coloro che, nonostante questo, sono ancora convinti che si tratti di un gioiello egizio, dovranno farsene ragione.

Queste invece le pietre semipreziose in uso presso gli egizi
Autentici falsi

IL “BUSTO DI MERITATON”

Busto di “Meritaton” . Opera Modena in resina colorata

Spesso, in alcuni gruppi FB e in rete, pezzi moderni vengono spacciati per antichi.

È il caso di questo “busto di Meritaton”, la figlia maggiore di Akhenaton a Nefertiti, che molto di voi avranno sicuramente visto in vari post.

Il busto colorato è un pezzo moderno in resina – e si vede! – ma molti, non so se in buona o malafede, lo indicano come originale .

Qui sotto il pezzo originale, conservato al Louvre (E14715).

Il vero busto di principessa Amarniana, forse Meritaton, conservato al Louvre (E14715). https://collections.louvre.fr/en/ark:/53355/cl010006984

Non si ha la certezza che si tratti di Meritaton (in rete si trova nominata come Meritaton, Ankhesepaaton, ecc) ma sicuramente rappresenta una principessa amarniana.

Il busto originale presenta ancora tracce di colore. Alta solo 16,1 cm, fu acquistata dal Louvre nel 1937.

Autentici falsi

LA TOMBA INVENTATA

Nel corso della nostra rubrica, abbiamo visto che alle volte i falsari si fanno prendere la mano, come nel caso di Shaun Greenhalgh della Principessa di Bolton (uscita No. 2).

Oggi vi parlerò di una truffa pensata veramente in grande, tanto da essere esilarante.

Statue false? Rilievi ricreati ad hoc? Sarcofagi fasulli? Bazzecole!

A febbraio 2023, a Beni Suef in Egitto, si è scoperta infatti un’intera tomba sotterranea totalmente contraffatta, piena di reperti in gesso. La tomba sarebbe stata costruita per truffare i turisti che avrebbero pagato un biglietto d’accesso. Gli oggetti sarebbero stati venduti a degli antiquari compiacenti per truffare degli incauti acquirenti.

Le foto mostrano un’intera tomba con pareti dipinte, statuine e sarcofagi. C’erano addirittura dei lingotti in gesso placcati oro, ma la cosa più esilarante è che molti reperti erano stati acquistati a Khan al-Khalili, noto mercato per turisti del Cairo.

Il ministero delle Antichità ha rilasciato una dichiarazione confermando l’origine moderna della tomba (costruita probabilmente l’anno precedente) e dei manufatti trovati, anche se le foto mostrano oggetti così grossolani che potrebbero ingannare solo dei clienti piuttosto sprovveduti.

Giudicate voi stessi!

https://www.egypttoday.com/…/Photos-Prosecution-orders…

Autentici falsi

LE “MUMMIETTE” DEL VATICANO

Due piccole mummie della collezione egizia dei Musei Vaticani hanno incuriosito gli studiosi per decenni. Spesso chiamate “pseudo-mummie” per il loro aspetto insolito, si riteneva che fossero antiche e che contenessero i resti di bambini piccoli o di animali. Alessia Amenta, curatrice e direttrice del Vatican Mummy Project, condivide recenti analisi scientifiche che rivelano una nuova interpretazione di questi curiosi oggetti.

I ricercatori dei Musei Vaticani a Roma stavano studiando le nove presunte mummie dell’antico Egitto a corpo intero della collezione, quando hanno scoperto che due delle mummie non sono affatto antiche ma dei falsi probabilmente creati nel 1800. Ciò potrebbe essere piuttosto imbarazzante, se i manufatti egiziani fraudolenti non fossero relativamente comuni e spesso difficili da individuare.

Le due mummie in questione sono piccole – entrambe lunghe meno di mezzo metro, e una volta si credeva contenessero resti di bambini o forse di falchi. Ma una serie di esami che utilizzano tecnologie avanzate tra cui raggi X, scansioni TAC 3D, scansioni TC, test del DNA e datazione al carbonio hanno dimostrato che le ossa all’ interno degli involucri appartengono a un uomo e una donna e risalgono effettivamente al Medioevo. Un’altra storia dimostra che si tratta di falsi: gli scienziati hanno scoperto anche un “chiodo moderno” tra le ossa, riferisce il Catholic News Service .

I risultati dei test sulle due mummie o “ mummiette ”, come le chiama il dottor Amenta, esaminate nel corso del 2014, sono stati resi pubblici il ​​22 gennaio dal professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, e dai dott. Amenta, Santamaria e Morresi, nel corso di un coinvolgente convegno dal titolo “Un caso di mummia-mania: l’indagine scientifica [scienza forense] risolve un enigma”. La provenienza di entrambe queste ” mummiette ” lunghe circa 60 cm , che furono probabilmente donate alla fine del XIX secolo da un collezionista privato, non è stata finora trovata nei registri del Museo. Fino a un anno fa, a causa delle dimensioni e del peso ridotto, si credeva fossero mummie di bambini o animali, forse falchi. “Potrebbero anche essere state le cosiddette ‘pseudo-mummie’, cioè un fascio di bende e altri materiali, a volte anche poche ossa”, mi ha spiegato Amenta, “che venivano usate nell’antichità per sostituire un corpo mancante o incompleto di una persona cara morta. Per gli antichi egizi la trasfigurazione e la “divinizzazione” dei defunti era essenziale. Doveva essere designata una forma fisica per poter mandare il defunto “in un’altra dimensione” dopo la morte”. Invece tutti i dati scientifici hanno rivelato che queste “ mummiette ” sono dei falsi ottocenteschi.

La datazione al radiocarbonio ha confermato che le loro bende erano effettivamente antiche, risalenti al c. 2000 a.C., ma trattate con una resina che si trova solo in Europa. Inoltre, la datazione al radiocarbonio di una delle ossa che fuoriescono dalle bende di una delle “mummiette ” ha confermato che essa risaliva al Medioevo.

Nico Pollone

Bibliografia

https://insidethevatican.com/…/the-vatican-mummy…

https://djedmedu.wordpress.com/…/due-false-mummie-ai…

https://www.getty.edu/visit/cal/events/ev_1306.html

Autentici falsi

LA STATUETTA DI HATHOR

Statuetta di Hathor in forma di vacca, Barnes Foundation, Philadelphia, inv. A68, vetro blu

Albert C. Barnes fu un collezionista americano che fondò nel 1922 la Barnes foundation a Philadelphia, un museo che ospita 4000 opere, tra cui molti dipinti impressionisti e non solo. Grande esperto di arte moderna e contemporanea, Barnes tuttavia non lo era altrettanto nell’arte antica e acquistò molti pezzi che solo recentemente si sta scoprendo essere falsi.

È il caso di questa Hathor in forma di vacca sacra in vetro blu (A68) con un disco solare tra le corna e una figura umana che succhia il latte. Rappresentazioni simili sono abbastanza frequenti nell’Antico Egitto e la figura umana di solito rappresenta un faraone.

La statuetta fu acquistata da Barnes a Parigi nel 1923 presso il commerciante Georges Manolakos.

Era etichettata come “vacca sacra”, datata al 2000 a. C. e fu acquistata per 3.000 franchi, una cifra importante per l’epoca. Manokolas non fornì informazioni sulla provenienza.

Il curatore Carl Walsh ha studiato a fondo la statuetta deducendo che si tratti di un falso.

Innanzitutto, il materiale (vetro) è molto insolito: statuette simili furono realizzate in faïence o pietra, ma non in vetro, nel corso dell’intera storia egizia. Il vetro era una tecnologia relativamente recente, utilizzata a partire dal Nuovo Regno (1550-1069 a.C) per produrre piccoli oggetti di lusso.

La statuetta mostra inoltre tecniche di lavorazione moderne. Si nota che è stata realizzata da uno stampo composto da due metà (tecnica mai riscontrata nell’Antico Egitto) e che il vetro è stato sottoposto ad un raffreddamento repentino (anche questa tecnica mai utilizzata).

La riga obliqua che si nota a partire dalle zampe verso il dorso, è il segno del doppio stampo

La fattura dell’oggetto devia dai canoni dell’arte egizia: la vacca è piuttosto tozza e non presenta le proporzioni corrette, né gli occhi stilizzati, né le corna sottili e curve che si riscontrano nelle rappresentazioni di Hathor. La figura del sovrano è abbozzata e non presenta i simboli regali.

Inoltre, rappresentazioni di Hathor che allatta il sovrano sono molto rare e non esistono statuette del genere, il che è comprensibile dato che si trattava di immagini regali che erano custodite in luoghi sacri all’interno dei templi.

Afferma Carl Walsh :

Nonostante sia stata riconosciuta come falsa, la statuetta resta in esposizione e le motivazioni per questa scelta sono, a mio parere, interessanti e meritano di essere condivise perché offrono spunti di riflessione:

https://www.barnesfoundation.org/…/research-notes…

Autentici falsi

IL BUSTO DI NESHOR A TORINO

Foto: Museo Egizio di Torino

Premessa:

Qui siamo di fronte a un “finto” falso. Qui si tratta di un oggetto non falsificato per trarne profitto, ma integrato nelle sue parti mancanti per illustrate le sue complete caratteristiche. E’ una prassi usata nell’archeologia (vedi ad es. la ricostruzione dei vasi), che di volta in volta è accettata, con qualche osservazione, dagli studiosi.

Al museo Egizio di Torino vi è una statua frammentaria (Suppl. 19482) di un famoso funzionario detto Neshor, di nome Psamtek-Menekhib, risalente alla XXVI dinastia. Nel suo carattere di reperto, così come nei suoi dettagli, la statua è un esempio calzante delle tendenze artistiche del periodo. Originariamente si pensava fosse scolpita in basalto, materiale prediletto per la scultura del Tardo Periodo, un’ispezione più accurata rivela che si tratta di granodiorite, tipica delle sculture del tardo periodo, Il busto è modellato con grande attenzione a certi dettagli anatomici.

Le sue dimensioni, allo stato attuale, sono: statua intera: h 42 cm, l 32 cm, p 20,5 cm (26 cm compreso il volto moderno);
Frammento sinistro: h 42 cm; l 19 cm; p 20,5 cm;
Frammento destro: h 23,5 cm; l 13 cm; p 17 cm;
Pilastro posteriore, metà destra: h 26,5 cm; l 10 cm; p 3 cm
Pilastro posteriore, metà sinistra: h 13 cm; l 9 cm; p 3 cm;
Larghezza delle colonne geroglifiche: 3 cm;
Volto: h 25,5 cm; l 15 cm; p (al naso) 5,5 cm;
Orecchie: h 6,5 cm; l 4 cm.

I testi

L’iscrizione geroglifica conservata sul pilastro posteriore è disposta in sei colonne verticali sul retro e una colonna sul lato sinistro e una sul lato destro. Tutte e otto le colonne sono incomplete e la giunzione tra la terza e la quarta colonna della della terza e della quarta colonna del pilastro posteriore è stata danneggiata dalla scissione della statua in due frammenti. Alcune parole e brani presentano tuttora difficoltà di traduzione e problemi epigrafici.

L’aspetto filologico si affronterà se gli esperti del gruppo riterranno opportuno esaminarlo.

Le vicissitudini:

Dogana italiana e arrivo a Torino. La decisione di presentare la scultura alle autorità di frontiera è stata presa per legittimare la sua esportazione. Quando il proprietario ha portato la statua all’Ufficio Italiano dei Beni Culturali, la statua è stata identificata come un’antichità significativa che necessitava però di un esame da parte di un egittologo esperto.

Poiché gli uffici doganali veneziani non disponevano di uno specialista in antichità egiziane nel loro personale, contattarono Anna Maria Roveri Donadoni, al momento direttrice del Museo Egizio di Torino, chiedendo la sua competenza. Fu lei a riconoscere per prima l’importanza della scultura e decise di acquisirla al museo, approfittando della prerogativa di acquisto concessa dal governo italiano. Venne dato incarico a Elisa Fiore Marochetti di recuperare la statua di Neshor dagli uffici doganali veneziani. È così che il busto entrò nella collezione del Museo Egizio. Tuttavia, non fu esposto nelle gallerie, ma rimase nei magazzini del museo. È stato riscoperto in una cassa di legno sigillata, da Matteo Lombardi nel 2010, durante una sessione di inventario. La cassa in cui era conservata non riportava alcun riferimento, la scultura è stata registrata e le è stato attribuito il numero d’inventario, S. 19482. Nel 2011, tutti i dati disponibili per la scultura sono stati da Elisa Fiore Marochetti riuniti in un documento di tre pagine che analizza come l’opera sia arrivata al museo e fornisce alcune informazioni generali, come provenienza geografica, una breve descrizione, la datazione e lo stato di conservazione, A questa sezione, viene aggiunta una nota specifica: “Due frammenti longitudinali frammenti longitudinali uniti da stuccature moderne. La faccia

Il volto potrebbe essere stato scolpito riutilizzando la parte del busto, che in origine era composto da tre frammenti. Nessun esame geologico di queste informazioni è stato finora effettuato dal Museo Egizio per verificare questa ipotesi. Anche se le dimensioni del terzo frammento ora mancante, fossero state sufficienti a scolpire il volto moderno, questa teoria rimarrebbe comunque discutibile. Il restauro sarebbe stato riconoscibile come tale anche dai non specialisti. L’aggiunta del del nuovo volto difficilmente avrebbe compensato la perdita del terzo frammento che recava una parte dell’iscrizione geroglifica.

Conclusione

Questo post oltre dare informazione, ha inoltre sollevato la questione del restauro delle antichità per motivi estetici, anche a costo di diminuire il valore scientifico di un oggetto. Se la conclusione è corretta, il restauro è avvenuto mentre la scultura si trovava presso i proprietari del del negozio del Cairo. Queste modifiche riflettono il mutato atteggiamento dei commercianti di antichità verso gli oggetti antiquariato nei confronti degli oggetti durante gli anni Settanta.

Il rapporto tra i commercianti e gli oggetti fu trasformato in modo decisivo quando i potenziali clienti non erano più prestigiosi collezionisti privati o istituzioni, desiderose di raccogliere antichità autentiche e significative, ma acquirenti moderni di antichità, portati a questo collezionismo, dal recente sviluppo del turismo.

Nico Pollone

Bibliografia:

  • ‘Protecting the Temple of God’. On the Self-Presentation of Neshor His Mendes Statue – Hussein Bassir
  • Banebdjed: seigneur de Mendès Corpus – Leslie Hyacinthe
  • The Long Journey of Neshor from Cairo to Turin – Maxence Garde, Matteo Lombardi
Autentici falsi

IL RILIEVO DEL BROOKLYN MUSEUM

Il falso rilievo
Limestone Slab with Sunk Relief – Egyptian Dynasty XI style – modern. Limestone Brooklyn Museum, Charles Edwin Wilbour Fund, 67.222. Creative Commons-BY (Photo: Brooklyn Museum, CUR.67.222_NegA_print_bw.jpg)

I grandi musei sono spesso vittime di truffe, in alcuni casi ripetute ed eclatanti.

È questo il caso del Brooklyn Museum, prestigioso museo newyorkese, tra i più grandi degli Stati Uniti, che vanta ben 500.000 visitatori all’anno e che conta 2.000 reperti egizi.

Il Brooklyn Museum era considerato uno dei musei con la più grande collezione di arte copta al mondo, finché non furono sollevati alcuni dubbi sull’autenticità di alcuni reperti. Oggi si stima che almeno un terzo della collezione sia falsa.

Anziché cercare di limitare il caso, il museo optò per una scelta inusuale nel 2009, organizzando una mostra dal titolo “Unearthing the Truth: Egypt’s Pagan and Coptic Sculpture” in cui esponeva i falsi, quasi tutti provenienti dalla collezione donata da Michael Friedsam.

Il pezzo che vi mostro oggi appartiene sempre al Brooklyn Museum ma proviene da un’altra collezione, la Charles Edwin Wilbour Fund, donata al museo da uno dei figli di Charles Edwin Wilbour, giornalista ed “egittologo” (anche se non seguì degli studi specifici) statunitense di grande notorietà ed importanza.

È un rilievo in calcare nello stile della dinastia XI e rappresenta due ritratti di uno o due faraoni. Il rilievo si trova nell’archivio online del Museo, ma non in esposizione, e reca il numero d’inventario 67.222.

In casi come questo, è l’analisi stilistica che consente di determinare se un’opera sia falsa.

In questo rilievo, la testa a destra è stata modellata sulla testa autentica di Amenhotep I, della XVIII dinastia, conservata al Museum of Fine Arts, Boston, J. H. and E. A. Payne Fund, inv. 64.1470 (vedere foto del post) che si basa su millenni di convenzioni e si distingue per la sobrietà e semplicità dell’esecuzione.

Il rilievo autentico
AMEMHOTEP I, , XVlll Dinastia, calcare, 6.3 x 9.4 in.
Museum of Fine Arts, Boston,
J. H. and E. A. Payne Fund, 64.1470

Le differenze piuttosto marcate che si notano sono:

  • l’originale è in rilievo, mentre il falso è inciso.
  • Entrambi i volti del falso presentano un sorriso piuttosto inebetito, molto diverso dal sorriso distaccato e sereno dell’originale.
  • L’originale presenta un intaglio sottile e raffinato, con il leggero rigonfiamento sotto l’occhio e intorno alla bocca, che risultano assenti nel falso.

Benché il rilievo del Brooklyn Museum risulti elegante, ad un’analisi più accurata e confrontandolo con il rilievo di Boston si riesce a percepire la differenza sostanziale tra i due.

Patrizia Burlini

Fonti e approfondimenti

Autentici falsi

LA STATUA DI «SÉSOSTRIS III»

DELLA COLLEZIONE FRANÇOIS PINAULT

Lo studio della statuaria reale del Medio Regno, la cui epoca d’oro fu collocata durante i regni del re SESOSTRIS III e di suo figlio AMENEMHAT III (intorno al 1900-1800 a.C.), rivela capolavori di scultura molto complessa e difficile da imitare.

La statuaria di questo periodo ispira tuttavia largamente i falsari. È tuttavia necessario distinguere tra copie di oggetti realizzate per i turisti e quelle con pretese antiche, destinate a ingannare personaggi in cerca di buoni reperti, talvolta venduti a prezzi elevati a ricchi collezionisti o musei pubblici e non, in cerca di oggetti attraente per la loro collezione.

La storia dei falsi oggetti antichi egizi mostra che mercanti d’arte senza scrupoli collaborano con alcuni egittologi istituzionali senza scrupoli, legittimando, attraverso le loro parole e i loro scritti, queste fucine. Quale argomento migliore infatti, per rassicurare un acquirente, che mostrargli “un certificato di garanzia” firmato da un egittologo addetto ad un grande museo pubblico o ad un’università statale!

E’ però buona norma analizzare qualsiasi oggetto proveniente dal mercato dell’arte. Il confronto con oggetti provenienti da scavi ufficiali, l’analisi stilistica e lo studio dei materiali effettuato in modo professionale lasciano normalmente poche possibilità di falsificazioni. Attenzione in più si deve prestare per gli oggetti non provenienti da scavi ufficiali e certificati .

Nel 1998 una statua intitolata al re Sesostri III, apparve sul mercato parigino. Prima della vendita, Madame Elisabeth Delange, curatrice del Museo del Louvre, ha consegnato una valutazione favorevole di questo pezzo a F. Pinault interessata al suo acquisto. L’oggetto è stato acquistato all’asta il 10 novembre 1998 per una somma di cinque milioni di franchi.

Allertato dopo la vendita da un articolo di Vincent Noce su Libération, che riporta l’opinione del professore tedesco Dietrich Wildung che ritiene questa statua sospetta, Pinault , si rifiuta di onorare il suo acquisto, innescando quello che viene comunemente chiamato “l’affare Sesostris III”.

Una perizia effettuata dalla sig.ra Christiane Desroches-Noblecourt e dalla sig.ra Elisabeth Delange nel marzo 2000 ha concluso che la scultura del faraone seduto a nome di SESOSTRIS III, oggi di proprietà della sig.ra Pinault con queste parole: “Poiché questa statua si differenzia dalle altre effigi conosciute, viene avanzata una nuova teoria, ovvero che la statua sia stata realizzata post mortem, alla fine della XII o all’inizio della XIII dinastia”.

La statua, dopo una seconda perizia effettuata nel febbraio 2002, viene ritenuta un falso. Un’analisi di laboratorio confermerà successivamente questa seconda opinione nel luglio 2002.

Da qui ha inizio la questione giudiziaria. Per più di 20 anni questa statua è stata oggetto di prese di posizioni di diversi studiosi. La statua è passata dalla Svizzera, poi in Germania e negli Stati Uniti prima di trovare un acquirente in Francia nel 1998. Negli Stati Uniti sembra che solo Madame Edna Russmann del Brooklyn Museum credesse nella sua autenticità, In Germania ci credeva il professor Hans Wolfgang Müller del Museo di Berlino, in Belgio, Claude Vandersleyen, che all’inizio del 2002, si espresse a favore dell’autenticità della statua senza altro argomento se non la sua profonda convinzione.

Non mi dilungo nella questione giudiziaria trattata molto compiutamente in un articolo del LeParisien, di cui al link:

https://www.leparisien.fr/…/francois-pinault-et-la…

Crediti fotografici e informazioni da: Grepal