“COSE (ANCORA PIÙ) MERAVIGLIOSE”

EGITTOMANIA – PARTE I

Un porta-documenti in mogano e argento del 1809 a forma di sacrario egizio, basato sui disegni di Denon

Non c’è una data precisa in cui esplose in Europa. O meglio, esiste (forse) una data di nascita del termine “egittomania” e, curiosamente è antecedente anche alla spedizione in Egitto di Napoleone.

In una lettera datata 20 marzo 1797 Frederick Augustus Hervey, quarto conte di Bristol e vescovo di Derry scrive infatti amabilmente a Wilhelmine Encke, contessa di Lichtenau, proponendole un viaggio in Egitto e menziona “l’egittomania di cui mi sono innamorato e di cui non riesco a fare a meno”. Non sappiamo se la proposta del conte celasse intenzioni più…maliziose, peraltro molto pericolose visto che la contessa era l’amante “ufficiale” di Federico Guglielmo II di Prussia, ma la morte del re di Prussia ed il conseguente arresto ed esilio di Wilhelmine pone fine a qualunque progetto. Il termine però era “nato”.

Frederick Augustus Hervey, quarto conte di Bristol. È lui l’inventore del termine “Egittomania”?
Wilhelmine Encke, contessa di Lichtenau. Non riuscirà mai a vedere l’Egitto, per sua sfortuna.

Sappiamo invece che divampò velocemente su entrambe le sponde della Manica, tanto che Sir Joan Soane (che molti di voi conoscono e che ritroveremo più avanti alle prese con Belzoni) nel 1806 si lamenta del “misero tentativo di imitare il carattere e la forma delle opere [architettoniche egizie] in spazi piccoli e limitati […] La mania egizia si è diffusa ulteriormente: persino i nostri mobili sono decorati con le forme simboliche dei costumi religiosi e di altro tipo dell’Egitto”.

Una vignetta satirica sulla moda “egittomane” pubblicata il 24 ottobre 1798 dopo la vittoria ad Abukir. A sinistra, una donna indossa un abito bianco simil-mummia decorato da coccodrilli. Di fronte a lei, il vestito dell’uomo è ancora più stravagante, composto da cappotto, gilet e stivali di pelle di coccodrillo. Il suo cappello sfoggia anche un coccodrillo giallo brillante. Royal Museum di Greenwich, ID PAF3864

Tutto finisce nel calderone dell’egittomania: abiti, arredamento, accessori, architettura. Già nel 1798, una vignetta ironizza sull’abbigliamento stravagante che richiama la terra del Nilo dopo le vittorie di Nelson. Molte altre ne seguiranno.

In quest’altra vignetta del 1806 di Thomas Rowlandson intitolata “Antichità Moderne”, ora al Met, in una sala piena di oggetti d’antiquariato egiziani una giovane donna viene abbracciata da un ufficiale, che la trascina in un sarcofago per scopi non proprio archeologici. MetMuseum 56.567.5
Il Temple Mill a Leeds, completato nel 1840; particolare del cornicione con l’emblema del sole alato e capitelli dei pilastri papiriformi. Fonte: Historic England
L’invito alla sbendatura di una mummia, a quanto pare eventi popolari nell’Inghilterra di metà XIX secolo

Un anonimo servitore dell’aristocrazia scrive pochi anni dopo che il suo principale è caduto vittima di “quell’egittomania che è diventata così diffusa, e che ha minacciato a un certo punto di far ripiombare le nostre sedie e i nostri tavoli nella barbarie”. Decisamente non un estimatore del nuovo modo di adornare i mobili, ma c’è poco da fare: soprattutto nell’Inghilterra vittoriana l’egittomania diventerà una moda, un tormentone che troverà la sua apoteosi nell’Esposizione Internazionale di Londra del 1851.

L’apoteosi dell’egittomania vittoriana: l’allestimento del Crystal Palace all’Expo di Londra del 1851

Ma tutto questo non sarà nulla rispetto alla seconda “ondata” che seguirà la scoperta della tomba di Tutankhamon. Ma questa è un’altra storia…

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