E' un male contro cui lotterò

BIMBI E BALIE

Di Andrea Petta e Franca Napoli

La prima rappresentazione di un divino allattamento: Nekhbet (in forma umana) allatta il Faraone Sahura (V Dinastia) – Tempio mortuario di Sahura

Si pensa che dopo la nascita, mamma e neonato rimanessero isolati per un paio di settimane. Da un punto di vista medico (moderno) aveva senso per una minore esposizione del bambino agli agenti patogeni dovuti al contatto con altre persone e per far riprendere la mamma dalle fatiche del parto, ma all’epoca era soprattutto una “protezione” da entità e spiriti (demoni) che avrebbero potuto aggredire madre e figlio in un momento così delicato della vita.

Dai papiri pervenutici, sappiamo che l’apprensione per la sorte del neonato era sempre in agguato; per questo esistevano dei veri e propri “test” per capire la salute del neonato, in maniera simile a come viene effettuato al giorno d’oggi con l’Indice di Apgar. Se però l’Indice di Apgar considera frequenza cardiaca, respirazione, tono muscolare, riflessi e colorito, al tempo degli Egizi il test veniva effettuato tritando un pezzettino della sua placenta e facendoglielo bere mescolato al latte: se lo avesse inghiottito, il piccolo sarebbe sopravvissuto; altrimenti la sua sorte era segnata.

Un secondo, ancora più curioso test, era basato sui primi vagiti del neonato (Ebers 838): se avesse pianto con un verso descritto come “ny” avrebbe vissuto, mentre un pianto descritto come “mebi” era un presagio nefasto, come anche il primo vagito fatto con il viso rivolto in basso.

Weretkau, la balia divina di Tutankhaton, raffigurata su un pendente del Faraone mentre lo allatta (Museo del Cairo, JE 61952)

Maia, la vera balia di Tutankhaton, ritratta nella sua tomba a Saqqara (a destra ritratta con il Faraone)

Ogni neonato, maschio o femmina, era sempre il benvenuto – anche se il primogenito maschio godeva comunque di particolari attenzioni – e l’abbandono del figlio era considerato una mostruosità: la Vita era sacra sempre. Abbiamo visto che, secondo gli Egizi, il figlio era originato dal solo sperma del padre, che trasmetteva al figlio parte del suo ba e del suo akh (vedi anche: https://laciviltaegizia.org/filosofia-egizia/), ma – attenzione! – il cuore, sede della personalità e del pensiero della persona, derivava esclusivamente dalla madre. In Età Tarda il papiro Jumilhac ci spiega che le ossa del nascituro provengono dal seme paterno, mentre la carne e la pelle dal nutrimento materno.

Il nutrimento con il latte materno durava fino ai 3 anni; frequente era il ricorso a balie, che mantenevano una grande importanza nella famiglia, quasi a livello della madre naturale. Balie famose sono, ad esempio, Maia (che allattò Tutankhaton e la cui tomba fu scoperta nel 1996 a Saqqara) e Sitra, la balia di Hatshepsut identificata come la mummia KV60B), ma anche Thutmosis III sposò Satiah, la figlia della sua balia Ipu. Nell’iconografia egizia, inoltre, spesso il Faraone viene mostrato bambino allattato da una divinità.

Satiah ritratta alle spalle di Thutmosis III

Non sappiamo esattamente da quando venne preso nota del giorno della nascita, ma si crede sia successo molto presto nella storia dinastica. I primi riferimenti indiretti certi risalgono però al Nuovo Regno, quando agli artigiani della Valle dei Re veniva concesso un giorno di ferie per celebrare il proprio compleanno; prima si trovano riferimenti solo all’anno di nascita (ricordiamoci sempre che gli anni venivano misurati dall’ascesa al trono di ogni singolo Faraone, e che gli Egizi non ebbero mai una data “spartiacque” come la fondazione di Roma o la nascita di Cristo).

Hathor protegge Tuthmosis III mentre allatta suo figlio Amenhotep II (Museo del Cairo, JE 38574)

Amenhotep II allattato da Hathor (particolare) – Museo del Cairo, JE 38574

A partire dal Periodo Tolemaico si iniziò a tenere dei registri con i dati anagrafici nelle Case della Vita.

Una curiosità: in campo artistico, durante l’Antico Regno i bambini venivano ritratti nudi, a volte con piccoli seni od un pube accentuato per le bambine mentre i maschietti sono mostrati con un dito in bocca; presto comparve l’usanza di ritrarli con la treccia laterale tipica dell’infanzia – inizialmente solo per i maschietti ma, a partire dalla V Dinastia, anche per le femminucce.

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