Di Luisa Bovitutti
Il tramonto dell’istituzione durante i regni di Akhenaton e Tutankhamon.
Per rinforzare il potere centrale anche Akhenaton cercò di rinnovare i quadri dell’amministrazione dello Stato come avevano fatto i suoi predecessori e di liberarsi di funzionari che occupavano posizioni di prestigio non in virtù dei propri meriti ma grazie alle doti dimostrate decenni prima da un antenato, i quali furono sostituiti con giovani forse altrettanto incapaci ma che erano entrati nelle grazie del re e che venivano ricompensati più per la loro fedeltà che per le doti dimostrate e per i servizi effettivamente prestati allo Stato.
Naturalmente così facendo costui allontanò dalle stanze del potere famiglie antiche ed influenti, alienandosi il loro favore senza rendersi conto che avrebbero invece potuto sostenerlo nella sua opera di rinnovamento globale.
Viste le modalità di scelta dei collaboratori privilegiate dal sovrano, il kap perse progressivamente la sua importanza e scomparve del tutto dopo il periodo amarniano, tant’è che non v’è prova della sua sopravvivenza sotto Ay ed Horemheb.
In effetti tra i figli del kap del periodo si distinse in modo notevole solo il nubiano Heqanefer, il quale, dopo essersi completamente egittizzato attraverso il suo percorso educativo a corte con Akhenaton o addirittura con Amenhotep III, fu nominato governatore di Gerusalemme e in seguito, con Tutankhamon, venne inviato come governatore del suo paese di origine con il titolo di “Principe di Miam”, l’odierna Aniba, città fortificata posta a sud della prima cataratta e capitale delle province della Bassa Nubia.
Per garantirsi il controllo sulla regione recentemente conquistata, infatti, i Faraoni nominavano in qualità di governatori membri dell’élite locale di provata fedeltà, giunti in Egitto da piccoli come ostaggi o per decisione dei loro lungimiranti genitori ed educati nel kap faraonico, che venivano accettati più facilmente dai loro connazionali dei quali conoscevano bene la cultura e le usanze.
Il rango di Hekanefer era particolarmente elevato, in quanto vice di Amenhotep detto Huy, figlio del re di Kush e vicerè di Nubia che lo fece rappresentare nella sua tomba tebana (TT40), e rivestì numerosi altri titoli, emersi dalle iscrizioni rinvenute sulle pareti della sua tomba molto danneggiata.
Oltre ad essere Principe di Miam e Figlio del kap, infatti, egli fu anche Ufficiale capo dei trasporti fluviali, Portatore della sedia pieghevole (o forse della faretra) del signore delle due terre che implicava compiti cerimoniali nel servizio reale e Fabbricante di sandali del re, che sottolinea la sua sottomissione al sovrano oppure che Miam era il fornitore ufficiale delle calzature del re.
La tomba, scavata alla destra di altre due in un’imponente formazione rocciosa, è sita a Toshka, in Nubia, una località molto importante fin dall’Antico regno in quanto era il capolinea del fiume e quindi l’ultimo centro di approvvigionamento lungo il tragitto verso le cave di diorite, ametista e corniola che si trovavano nel deserto.

Essa era stata segnalata fin dal 1819 dallo studioso francese Jean-Nicholas Huyot, visitata nel 1843 da Lepsius e poi da Weigall, il quale individuò sull’ingresso il graffito visibile solo con la luce radente che raffigurava Heqanefer nella posa e con l’abbigliamento del funzionario tebano ed il suo nome in geroglifico, ma venne liberata dalle macerie ed indagata solo a far tempo dal 1961, dal team del Penn Museum e dell’Università di Yale capeggiato dal prof. William Kelly Simpson, che scoprì altre quattro raffigurazioni del defunto.

La tomba riproduce in scala ridotta quella tebana di Amenhotep Huy, ed entrambe risalgono all’epoca di Tutankhamon; all’esterno di essa, a sinistra dell’ingresso, si trova una nicchia danneggiata che contiene i resti di due statue sedute scolpite nella roccia; sopra di esso, vicino alla sommità della formazione rocciosa, vi è un’altra nicchia nella quale vi sono una stele con sommità rotonda e, ai lati, una stele rettangolare.

Originariamente la sezione di facciata sopra la porta era scolpita con testi che continuavano a destra ed a sinistra e sopra di essi, al centro, con l’immagine di Osiride e di una tavola per le offerte, ai cui lati si trovavano due figure del principe.
L’interno della tomba è costituito da una prima camera rettangolare con pareti fortemente curve che immette in una seconda camera con quattro pilastri, all’interno della quale un pozzo conduce agli appartamenti funerari.

Questi ultimi sono costituiti da una camera con pilastri grezzi, il cui pavimento è stato abbassato, lasciando solo un ripiano nel quale è stato scavato un altro pozzo all’interno del quale si trova una piccola nicchia destinata ad ospitare il sarcofago o il corredo funerario.

L’ipogeo era già stata saccheggiato e devastato nell’antichità, ma gli archeologi riuscirono comunque a recuperare una quantità di cocci che permisero di ricostruire alcuni vasi, diversi ushabti con tratti tipicamente egizi (uno di maiolica, la metà superiore di un altro di calcare dipinto e tre di pietra verde grigiastra, due dei quali, i più belli, recavano inciso “Heka-nefer, Principe di Miam”), porzioni di un pettorale in pietra tenera con disegni floreali e il testo dello scarabeo del cuore, un frammento di un terminale di collare in pietra a forma di testa di falco, un terminale di arredo in rame a forma di capitello a fascio di papiro e frammenti di una coppa di alabastro.


Due degli ushabti di Hekanefer

Le immagini in bianco e nero risalgono al 1962 e furono scattate dal team che esplorò la tomba.
LA RAPPRESENTAZIONE DI HEKANEFER NELLA TOMBA TT40
Nella tomba tebana di Amenhotep Huy vicerè di Nubia durante il regno di Tutankhamon (TT40) vi è un’altra certa rappresentazione di Hekanefer, l’unico dei molti personaggi ivi dipinti indicato per nome oltre al defunto ed al re.
L’immagine del principe di Miam si trova all’interno della coloratissima e suggestiva scena visibile appena entrati nella tomba, sul lato sud della parete ovest del salone trasversale, che mostra Huy che presenta al sovrano i tributi della Nubia, portati dai dignitari locali; sul lato nord della medesima parete si trova invece l’arrivo dei tributi asiatici.

Questi tributi erano costituiti in parte dalle imposte che i paesi sottomessi avevano il dovere di versare all’amministrazione egizia, in parte da doni che venivano offerti al Faraone in cambio del “soffio vitale”, che consentiva la sopravvivenza degli uomini e della sua opera di mantenimento della Ma’at.
La delegazione, capeggiata da Hui, era giunta a Tebe navigando lungo il Nilo a bordo di navi sontuose, seguita da chiatte cariche di prodotti preziosi ed esotici; i principi vengono ricevuti a palazzo e li presentano a Tutankhamon, il quale, soddisfatto, riconferma Huy nel suo incarico, premiandolo con numerose collane d’oro: “Oro sul collo e sulle braccia, ancora e ancora, un numero straordinario di volte”.

La raffigurazione dell’omaggio dei nubiani occupa i tre registri superiori della scena: i principi provengono dalla Bassa Nubia (Wawat – primo registro in alto) e dall’Alta Nubia (Kush – secondo e terzo registro), guidano la processione dei servi che portano i tributi e si prostrano dinanzi al Faraone e ad Hui che, nella sua qualità di “portatore di ventaglio alla destra del re”, li accoglie reggendo un grande ventaglio cerimoniale.
La prima e più importante delegazione è quella di Wawat ed è capeggiata proprio da Heqanefer, principe di Miam, che controllava la regione di Wadi Allaqi, principale fonte di oro del paese.

Quest’ultimo ha pelle nera e labbra carnose e sebbene fosse completamente egittizzato grazie all’educazione ricevuta a corte, indossa sopra gli abiti leggeri e pieghettati di foggia egizia gli elementi distintivi del costume tradizionale del suo paese, che lo assimilano al modello tradizionale di straniero nubiano: due piume di struzzo infilate in una parrucca di corti ricci scuri trattenute da una fascia bianca sulla fronte, una pelliccia di leopardo sulla schiena, bracciali d’avorio ai polsi, uno stretto girocollo di perline, fasce e cinture di cuoio.
La delegazione, composta da altri notabili e dai figli dei principi della Bassa Nubia, raffigurati come egizi di status elevato, si inchina davanti al Faraone e fa atto di sottomissione: “Omaggio a te, Re d’Egitto, figlio dei Nove Archi! Concedici il respiro che tu dai e fai che possiamo vivere a tuo piacimento”, quindi gli presenta prodotti tipici della sua terra, parte dei quali i servi hanno già deposto davanti al baldacchino del sovrano (oro sotto forma di sacchetti di polvere e di grandi anelli e vassoi contenenti corniola, ematite e diaspro rosso).
Dietro i principi sfila una principessa nubiana elegantemente abbigliata in stile egizio, la cui parte superiore è ormai scomparsa; ella è seguita dai “figli dei principi di tutte le terre” che hanno tratti ed abiti egizi ed indossano un modius d’oro sopra le parrucche; due di loro portano la treccia dell’infanzia sul lato della testa, quindi sono ancora bambini.
Una seconda principessa, forse destinata all’harem di Tut, accompagnata da altri nobili del suo paese li segue a bordo di un carro dotato di parasole, trainato da due buoi senza corna riccamente bardati e governati da un giovane servo; ella ha la pelle nera e indossa gioielli africani bianchi e dorati ed un abito in stile egizio.

Dietro di loro si snoda la sfilata dei portatori di tributi, che reggono vassoi carichi di pesanti anelli e sacchi di polvere d’oro, pelli di felini esotici e code di giraffa, zanne d’avorio, scudi, archi e frecce, mobili in legno pregiato, ebano, un carro, un santuario dorato, buoi grassi destinati al sacrificio che rappresentano gli stessi nubiani nemici dell’Egitto (come si desume dalla presenza di teste tra le lunghe corna decorate e del geroglifico della mano sulla loro punta, che li assimila ad un uomo), ed una giraffa nubiana (priva di macchie e più piccola di quelle comunemente diffuse in Africa).

Seguono cinque giovani nubiani con le mani legate ed una corda al collo, che indossano un perizoma di pelle da cui pende una coda, destinati probabilmente a servire il sovrano o l’esercito egizio.

Il registro è completato da due donne, una dietro l’altra; la prima è nera e di marcati lineamenti negroidi, seno pendulo ed addome sporgente, la seconda si vede appena e si distingue dall’altra per il colore della pelle più rossiccio. Ognuna di loro ha per mano un bambino e la prima ne ha un altro in una cesta di pelle bovina che porta sulla schiena.


Tra i doni destinati al Faraone si trovano tre manufatti straordinari, molto in voga tra il regno di Hatshepsut e quello di Tutankhamon, purtroppo ora deteriorati e sopravvissuti solo grazie ai disegni degli studiosi che visitarono la tomba: si tratta di tavoli riccamente decorati sui quali è posato un modellino in oro del paesaggio di Wawat, che rappresenta la ricchezza della Nubia e la piena vivificante del Nilo che proviene dal sud.
IPOTESI SULLE DIVERSE RAPPRESENTAZIONI DI HEKANEFER NELLA PROPRIA TOMBA DI TOSHKA ED IN QUELLA TEBANA DI HUY
Georg Steindorff nel 1937 fu il primo ad ipotizzare che l’Hekanefer della tomba tebana e quello nominato nei testi di Toshka copiati da Lepsius e Weigall fossero in realtà lo stesso individuo; nonostante ciò, solo in seguito agli scavi del 1961 si giunse a riconoscere che la struttura investigata da Simpson era la tomba del principe e non un santuario o un cenotafio.

Gli egittologi tuttavia si sono chiesti per quale motivo qui egli si sia fatto ritrarre con le sembianze e l’abbigliamento di un funzionario egizio (sono venute alla luce cinque scene, gravemente compromesse, delle quali ho trovato un’unica scadente immagine) mentre nella TT40 a Tebe viene rappresentato come un nubiano.

Analoga dicotomia si riscontra nella tomba dell’altro figlio del kap Djehutyhotep detto Paitsy, sita a Debeira Est, che fu governatore della Bassa Nubia sotto Hatshepsut e Thutmosis III (come prima di lui suo padre Ruiu e dopo di lui il fratello Amenemhat) e come tale portava di diritto il titolo di principe di Tehkhet.
Pur essendo sicuramente nubiano, si fece rappresentare sulle pareti della sua sepoltura con la fisionomia egizia convenzionale (egli stesso con la pelle di colore rossiccio e la moglie con la pelle gialla), come si può notare dai dipinti superstiti della sua tomba, trasferita integralmente al Museo Nazionale del Sudan a Khartoum in quanto la zona dove essa sorgeva sarebbe stata coperta dalle acque del lago Nasser.

Il professore californiano Stuart Smith, esperto dei rapporti tra Antico Egitto e Nubia, riprendendo la teoria formulata dall’egittologo barese Antonio Loprieno, professore all’Università di Basilea, ha sottolineato che la cerimonia della presentazione dei tributi, detta “presentazione di Inu” era un evento carico di significato, attraverso il quale gli egizi e gli stranieri sottomessi (simboli del caos) riconoscevano il potere e l’autorità del sovrano che manteneva la Ma’at, gli rendevano pubblicamente omaggio e gli offrivano doni in cambio del soffio vitale.
In questo contesto i principi vassalli, indipendentemente dal ruolo rivestito nell’amministrazione coloniale e dall’eventuale residuo legame con la madre patria, dovevano impersonare i nubiani vinti dal Faraone, e come tali si presentavano in ossequio al protocollo cerimoniale.
Tale interpretazione troverebbe riscontro in una lettera del primo periodo Ramesside che descrive il ruolo scenico attribuito ai nubiani e agli altri stranieri nell’ambito della cerimonia: “Fate attenzione! Pensate al giorno in cui verrà inviato l’Inu e sarete portati alla presenza (del re) sotto la finestra (delle apparizioni), i Nobili ai lati di fronte a sua Maestà, i principi e gli inviati di ogni paese straniero in piedi, che guardano il tributo…Gli alti popoli Terek nelle loro vesti di cuoio, con ventagli d’oro, acconciature alte e piumate, i lori gioielli d’avorio, e numerosi nubiani di ogni tipo”.
Gli studiosi americani Colleen Manassa e John Darnell, l’ungherese LászlóTörök e più recentemente l’olandese Willem Paul van Pelt hanno escluso la completa egittizzazione dei principi nubiani educati alla corte del Faraone: essi sostengono che indossare il loro costume tipico nel corso della processione dei tributari implicava l’orgogliosa affermazione delle proprie origini etniche ed il non completo asservimento ai conquistatori, che i loro connazionali non avrebbero gradito.
Sembra peraltro improbabile che nell’ambito di una cerimonia egizia rigidamente formale i partecipanti potessero scegliere cosa indossare e soprattutto sottolineare la propria identità nazionale di fronte al sovrano che aveva annesso all’Egitto la loro terra e che interveniva con la forza a reprimere le loro aspirazioni autonomiste.

Nelle proprie tombe, invece, costruite secondo il modello egizio, i principi potevano liberamente descriversi per quello che erano diventati, ossia uomini di potere inseriti ad alto livello nell’amministrazione coloniale, scegliendo come Hekanefer e Djehutyhotep di enfatizzare la propria completa integrazione nella società che li aveva educati, oppure rivendicando le proprie origini mantenendo alcuni tratti tipici della loro etnia, come ad esempio il colore della pelle e, in alcuni casi, i tratti del viso.

E’ il caso dei mercenari nubiani stabilitisi a Gebelein ed a sud di Tebe nel primo periodo intermedio, che servirono i principi tebani, che si fecero raffigurare nelle stele con lineamenti egizi ed abiti nubiani, e di Mahierpri, il figlio del kap che nel libro dei morti trovato nella sua tomba appare con l’abito e l’atteggiamento di un ufficiale egizio ma con la pelle nera, un’acconciatura a strettissimi ricci scuri, bracciali d’avorio ed un girocollo di perline, normalmente associati al prototipo dello straniero nubiano (troverete maggiori informazioni su questo principe e sulla sua tomba nel nostro sito, a questo link: https://laciviltaegizia.org/…/19/maiherpri-figlio-del-kap/


FONTI:
- SMITH S., Hekanefer and the Lower Nubian Princes: Entanglement, Double Identity or Topos and Mimesis? In H. Amstutz, A. Dorn, M. Müller, M. Ronsdorf, S. Uljas (a cura di) Fuzzy Boundaries Festschrift für Antonio Loprieno, Widmaier Verlag, Amburgo 2015, pp. 767 -779
- https://isac.uchicago.edu/…/egyptians-see-nubians-subjects
- https://nefershapiland.de/Huy%20Vizekoenig%20v.%20Kusch.htm
- KELLY SIMPSON W., Nubia Expedition Magazine 4.2 (1962), Museo Penn, 1962 a questo link: http://www.penn.museum/sites/expedition/nubia-2/
- https://en.wikipedia.org/wiki/Heqanefer
- https://www.osirisnet.net/…/nobles/houy40/e_houy40_01.htm
- https://nefershapiland.de/Huy%20Vizekoenig%20v.%20Kusch.htm
- https://www.visiramenhotep.es/?lightbox=dataItem-kysjv7qh8
- https://www.flickr.com/photos/manna4u/24966328133
- https://link.springer.com/article/10.1007/s12520-023-01769-6
- https://twitter.com/lemossrennan/status/1645510850097152018
- https://en.wikipedia.org/…/Djehutyhotep_(chief_of_Teh…
- https://www.academia.edu/…/_Hekanefer_and_the_Lower…
- https://collezioni.museoegizio.it/it-IT/material/S_13115
- https://www.metmuseum.org/art/collection/search/680562
- https://collections.mfa.org/objects/130332/stele-of-the-nubian-soldier-nenu;jsessionid=ABF345ED7AD27BB648A0A80ED0A74BE5?ctx=a266e49b-e353-4def-b200-04df8017d3fc&idx=1