III Periodo Intermedio, Mai cosa simile fu fatta

ALVEO DEL SARCOFAGO MUMMIFORME DI DJEDHOREFANKH

Legno dipinto; lunghezza cm 203, larghezza cm 61
Tebe ovest, Qurna, Scavi di Theodore Davies 1916
Inizio della XXII Dinastia
Museo Egizio del Cairo – TR 24.11.16.2

Il sarcofago, privo di coperchio, apparteneva al sacerdote Djedhorefankh, soprintendente agli altari nel tempio di Amon-Ra a Karnak, e risale agli inizi della XXII Dinastia, quando l’Alto Egitto costituiva un stato teocratico autonomo, sotto il dominio del potente clero tebano.

In quel periodo, di sacerdoti di Amon-Ra venivano sepolti in variopinti sarcofagi mummiformi ammassati in tombe comuni ben nascoste, al sicuro dai saccheggi.

Le superfici dei sarcofagi presentano un repertorio iconografico simile a quello che in precedenza tornava le pareti degli ipogei che, in quest’epoca , non vengono mai decorate.

L’interno dell’alveo del sarcofago di Djedhorefankh mostra una decorazione suddivisa in registri, nei quali le scene dai brillanti colori risaltano sul fondo giallo.

La parte superiore è dipinta a imitazione di una tenda, come i soffitti delle tombe tebane, e nella lunetta sottostante è rappresentata la barca solare, con la la prua e la poppa terminati in fiori di papiro, su cui si trova il disco solare, tra due urei, che sorge all’orizzonte.

Al centro del registro è raffigurata la personificazione, dell’amuleto tit , il nodo isiaco: ha un volto femminile e ha le braccia alzate e sostiene il corso d’acqua su cui naviga la barca.

Ai lati dell’amuleto si trovano due sciacalli accovacciati su un santuario.

Il registro sottostante riporta due cartigli sormontati dal disco solare : in quello di sinistra si legge “il dio grande, signore del cielo, governatore dell’eternità”, mentre quello a destra reca la sequenza di segni men ( stabile), Kheper (apparire), ra ( il dio Ra).

L’interpretazione di tale sequenza, in questo contesto è problematica.

Menkheperra corrisponde infatti al nome di incoronazione di Thutmosi III, al nome di un grande sacerdote tebano che governò l’Alto Egitto alla fine del XI secolo a. C., o a un modo di scrivere in forma di rebus il nome di Amon-Ra.

Sulla base di criteri stilistici, il sarcofago può essere datato a un ristretto periodo della XXII Dinastia, ciò porterebbe a escludere le prime due ipotesi e renderebbe assai verosimile che Menkheperra sia usato come forma crittografica del nome Amon-Ra di cui Djedhorefankh è sacerdote.

Il cartiglio di sinistra cita indirettamente il nome di Osiride.

Tra i due cartigli si trova un elemento decorativo khaker da cui si ergono due cobra con l’amuleto tit al collo.

Alle due estremità del registro, dinanzi a ceste con offerte, si trovano due volatili con teste femminili che portano le mani al volto nel tipico gesto di cordoglio.

Il registro sottostante è diviso i due scene quasi identiche: a sinistra una sacerdotessa offre papire e incenso al dio Ptah, a destra si trova un sacerdote di nome Djedkhonsu.

La scena successiva è raffigurata sotto una tenda: sopra un letto dove è stesa la mummia del defunto che il di Anubi sta terminando di preparare

I quattro vasi canopi, sono posti sotto il letto funebre.

L’ultima scena, sormontata da un fregio di urei con il disco solare sul capo, è la più grande :vi appare la mummia del defunto inghirlandata, di fronte alla quale si trova un sacerdote sem che, identificato dalla pelle di leopardo che copre la veste bianca, compie fumigazioni di incenso.

La funzione di questo sacerdote era quella di ridare vita al corpo mummificato del defunto durante la “cerimonia dell’apertura della bocca”.

Tra le due figure si si trova una tavola di offerte sormontata da un fiore di ninfea, mentre una seconda ninfea è disegnata in basso, dietro a una donna inginocchiata che in segno di dolore si strappa i capelli.

Le pareti laterali del sarcofago sono divise in due registri: il alto si trova il cartiglio affiancato da due sciacalli distesi sopra due santuari e protetti dagli occhi udjat, le due scene sottostanti, separate tra loro da una riga di geroglifici, mostrano un sacerdote che porge rispettivamente un mazzo di fiori e due coppe a una figura in trono che impugna i simboli del potere.

Dietro al trono è raffigurato Anubi.

Nell’ultimo registro si trovano i quattro figli di Horus rappresentati mummiformi.

Fonte e fotografie

I tesori Egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Silvia Einaudi – fotografie di L’Araldo De Luca – Edizioni White Star

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