Mai cosa simile fu fatta, Statue, XIX Dinastia

STATUA DI MERITAMON

Di Grazia Musso

Calcare dipinto, altezza cm 75
Ramesseo, Tempio della Regina a Nord del Santuario principale
Scavi di William Matthew Flinders Petrie 1896
Museo Egizio del Cairo – JE 31413 = CG 600

Frammento superiore di una statua di Meritamon, ora al Museo di Hurgada, il primo museo del Mar Rosso dedicato all’antico Egitto

Nonostante sul pilastro superiore siano conservati soltanto i titoli e nonil nome di questa regina, la statua è identificata come Meritamon, una delle figlie di Ramses II che, alla morte di Nefertari, avvenuta dopo il ventunesimo anno di regno del sovrano, assunse il ruolo di grande sposa reale.

Una tale identificazione è stata resa possibile grazie al ritrovamento ad Akhmim, in anni recenti, di una statua colossale di Meritamon, del tutto identica all’esemplare del Museo Egizio del Cairo, che proviene invece dalle rovine del Ramesseo.

La statua conserva quasi completamente la decorazione pittorica.

Al giallo di alcuni tratti del viso e degli ornamenti, si associa l’azzurro della parrucca, illuminati entrambi dalla lucentezza che si sprigiona dal calcare finissimo utilizzato per la scultura.

L’espressione del volto è serena, gli occhi, a mandorla, prolungati da una linea di bistro ( resa attraverso due sottili incisioni).

La bocca è carnosa e leggermente atteggiata a un lieve sorriso.

Sul collo sono incise due linee sottili; i lobi delle orecchie sono nascosti da orecchini semisferici.

Il volto è incorniciato da una parrucca ripartita, dalla quale fuoriescono i capelli, trattenuta da un diadema con due urei che portano la corona bianca e rossa.

Sulla testa poggia una base circolare decoratada un fregio di urei con disco solare, su di essa si innalzavano il diadema, composto da una doppia piuma con al centro un disco solare, che era prerogativa delle Grandi Spose Reali.

Meritamon Indossa una tunica aderente, su cui si trova una larga collana composta da sei giri di perline, cinque dei quali sono formati da piccoli amuleti con il segno geroglifico nefer, “bello”.

Una rosetta decora in seno sinistro, mentre quello destro è coperto dal contrappeso della collana menat , che la regina stringe nella mano destra.

La colla menat era utilizzata come strumento musicale e veniva agitata, provocando un rumore assordante, in occasione delle feste in onore di Hathor, era composta da numerosi giri di perline il cui peso elevato veniva bilanciato con un contrappeso, che in questo caso è conformato a testa femminile e termina in un elemento circolate con rosetta.

Nel l’iscrizione geroglifica frammentaria che si trova sul pilastro dorsale della statua si legge:

“… Suonatrici di sistro di Mut e della collana menat ( di Hathor)…danzatrice di Hathor…”

Fonte

Tesoro egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star e Heidi Kontkanen

Gioielli, Mai cosa simile fu fatta, XIX Dinastia

I BRACCIALI DI RAMSES II

Di Grazia Musso

Oro e lapislazzuli, diametro massimo cm 7,2
Tell Bast (Bubasti), Tesoro scoperto nel 1906
Museo Egizio del Cairo – JE 39873 = CG 52575 – 52576

I bracciali furono scoperti insieme ad altri gioielli e ad alcuni vasi i oro e argento nel corso di lavoro di sterto per la costruzione di una massicciata della linea ferroviaria che passava sul sito di Tell Basta, l’antica Bubasti.

Soltanto alcuni oggetti giunsero al Museo Egizio del Cairo, altri furono venduti e si trovano oggi al Metropolitan Museum of Art di New York e al Museo di Berlino.

Dovevano far parte di una stipe votiva o del tesoro di uno dei Templi di Bubasti.

Il fatto che accanto alla chiusura siano incisi a sbalzo i cartigli Ramses II induce a considerare i due bracciali come un dono offerto dal sovrano in persona ( le dimensioni sono quelle del braccio di un uomo) alla divinità locale, Bastet.

Ogni bracciale è in oro ed è composto da due parti, unite da una cerniera.

La decorazione è realizzata a granuli ed è basata su motivi geometrici.

Nella parte superiore è rappresentata un’anatra, dalla doppia testa e con il collo rivolto all’indietro, il cui corpo è formato da un frammento di lapislazzuli opportunamente lavorato.

La coda del volatile è invece realizzata in oro e prevede anch’essa una decorazione geometrica a granuli.

La parte inferiore dei monili è costituita da 17 barrette parallele, alternativamente lisce o striate, unite attraverso un foglio d’oro nel lato inferiore.

I due bracciali sono il prodotto di un’ oreficeria raffinata che prosegue la tradizione artigiana nell’ ambito della quale erano stati realizzati i gioielli di Tutankhamon con cui possono essere eseguiti precisi riscontri.

La compattezza dell’insieme è movimentata dai due colli delle anatre che si staccano nettamente e con grazia a superficie del gioiello.

Il connubio tra oro e lapislazzuli, pietra derivante dai commerci conl’Afganistan, assai utilizzato nella gioielleria egizia, risulta ancora una volta felice e attribuisce estrema eleganza all’insieme.

Fonte:

Tesori Egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – fotografie Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta, Obelischi, XIX Dinastia

L’OBELISCO DI SETI I A ROMA

Di Franca Loi

L’obelisco di Seti I in tutta la sua bellezza!

L’obelisco che si innalza a Roma in Piazza del Popolo fu realizzato parzialmente da Seti I e completato da Ramses II per il tempio del Sole di Eliopoli, come riporta l’iscrizione geroglifica sul lato occidentale: “(Seti..)che riempie Eliopoli di obelischi affinché i raggi possano illuminare il tempio di Ra…..”

Nell’anno 10 a.C. l’imperatore Cesare Augusto ne ordinò il trasporto a Roma, a commemorazione della conquista dell’Egitto, e venne sistemato al centro del Circo Massimo, per essere utilizzato come spina.

Ricostruzione del Circo Massimo
La forma di questo Circo era d’un quadrato bislungo, da una parte però circolare, tutto all’intorno ornato di magnifici portici, e di due ordini di sedili.
La sua lunghezza era di 2187 palmi, e di 960 la larghezza, capace di contenere cento cinquanta mila spettatori;e secondo altri fino al numero di trecento mila.
Nel mezzo del Circo eravi una lunga, e larga muraglia, detta Spina, intorno a cui si correva, e sopra cui erano due Obelischi, e diversi Tempietti.
Questo celebre Circo fu accresciuto, e adornato da Giulio Cesare, e da Augusto che vi collocò l’Obelisco, esistente ora sulla piazza del Popolo. Dipoi essendosi abbruciato nell’incendio Neroniano, fu rifatto più ampio, e più bello da Domiziano, e da Trajano. Finalmente l’Imperador Costanzo vi eresse il secondo Obelisco, ch’era molto più grande del primo, ch’ è quello medesimo, che in oggi si vede sulla piazza del Laterano.”
Antica Stampa del Circo Massimo

Fu il primo ad essere portato dall’Egitto a Roma e questa operazione fu talmente grandiosa che la nave, costruita appositamente per il trasporto, fu esposta per anni al pubblico finché non fu distrutta da un incendio.

Augusto decise di mantenere l’originaria dedica del monumento al sole, che per i romani e i greci corrispondeva ad Apollo, la divinità tutelare dell’imperatore, e fece aggiungere due dediche identiche incise sui lati a nord e a sud della base.

Augusto decise di mantenere la originaria dedica del monumento al Sole, che per i romani e i greci corrispondeva ad Apollo, la divinità tu telare dell’imperatore, e fece aggiungere due dediche identiche incise sui lati a nord e a sud della base: “Imp. Caesar Divi F. Augustus Pontifex Maximus Imp. XII Cos. XI Trib. Pot. XIV Aegypto In Potestatem Populi Romani Redact. Soli Donum Dedit”, trad. “L’imperatore Augusto, figlio del divino Cesare, pontefice massimo, imperatore per la dodicesima volta, console per l’undicesima volta, che ha rivestito la potestà tribunizia per quattordici volte, avendo ridotto l’Egitto in possesso del popolo romano, diede in dono al sole”.

Nel IV secolo era ancora in piedi ma in seguito se ne perse la memoria per circa un millennio. Probabilmente fu abbattuto durante le invasioni barbariche; sepolto dai detriti, nel secolo XVI ne furono rinvenuti alcuni frammenti, ma solo con Sisto V fu fatta una seria campagna di scavo. Dopo molte indecisioni l’obelisco,per volere del papa, fu collocato al centro di Piazza del Popolo ad opera di Domenico Fontana, nel 1589.

Piazza del Popolo a Roma

È alto 25,90 m, con un basamento a croce raggiunge i 36,50 m. ed è in granito rosso.

Nel 1823 Giuseppe Valadier lo completò con una base a quattro vasche circolari e altrettanti leoni in pietra, in stile egizio, per ordine del Papa Leone XII.

Uno dei leoni che completano la base dell’obelisco
Gli storici geroglifici

Cliccare sulle foto per una visione migliore.

FONTE:

  • Conosci te stesso
  • Roma mia
  • Romano impero
  • Wikipedia
  • prolocoroma
  • Buonoasapersi

Foto: Patrizia Burlini

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Templi

IL RAMESSEUM

Di Grazia Musso

Il Ramesseum doveva celebrare la gloria del re e rinnovare le forse divine, asdicurandogli la vita eterna: ogni dettaglio tende a questi fini.
Questo è il lato orientale del secondo cortile, parte nord, con i pilastri osiriaci e il secondo pilone.

Su quest’ultimo sono raffigurate le scene della battaglia di Kadesh, momenti di una festa agricola in onore del dio Min, i cui il re miete e offre aldio, e una festa in cui appaiono i nomi di 14 faraoni del passato.

Le statue osiriache del faraone dono del tipo mummiforme, rappresentando ancora nella fase di gestazione nell’aldilà, in preparazione della resurrezione.

Fin dal suo primo anno di regno Ramses s’impegnò a portare a compimento l’opera del padre e diede inizio alla costruzione del proprio tempio, posto più a sud.

Jean-Francois Champollipn rimase profondamente ammirato davanti alle rovine di questo edificio, al quale diede il nome di “Ramesseum”.

All’epoca dei faraoni queste sale erano chiuse allo sguardo dei mortali, solo il faraone e i sacerdoti dei ranghi più elevati potevano accedervi, la luce era bandita per una silenziosa penombra. Oggi tutto è inno dato dalla luce del sole e la seconda sala ipostila del Ramesseum al tramonto infiammandosi.

La prima parte del complesso a essere costruita furono i piloni in pietra sulla riva sinistra del fiume.

Sul retro del pilone del primo cortile è scolpita, in vivaci colori, la battaglia di Qadesh, l’evento più importante dei primi anni di regno dal sovrano.

Nello stesso cortile era posta quella che allora era la statua più grande della riva occidentale di Tebe, alta ben 19 metri, i cui frammenti rimasti giacciono ancora oggi all’ingresso del secondo pilone.

Colosso di Rameses II – Granito rosso, altezza originaria 19 metri.
Enormi frammenti del colosso “Ramses – del re straniero”, sono oggi sparsi davanti al secondo pilone del tempio.
La statua, di finissimo Granito rosso di Assuan era, con i suoi 19 metri di altezza un peso di circa 1000 tonnellate, la più grande statua assista di tutta Tebe Ovest.

A nord di questo cortile, davanti ai pilastri del Porticato, svetta o statue stanti del re, con vesti da cerimonia.

A sud sorgeva un palazzo rituale del quale restano solo le basi delle colonne.

Le scene di vittoria, il palazzo e le statue colossali confermano ancora una volta come il primo cortile fosse adibito alla celebrazione della gloria del sovrano.

In un momento successivo vi fu trascritto anche il trattato di pace concluso con gli ittiti.

Colonne papiriformi a ombrella. e a bocciolo.
La decorazione dei capitelli presentava un motivo vegetale di finissima fattura, originariamente dai colori sfumati.
Sopra le foglie dei capitelli a ombrella si sviluppa un fregio decorativo con cartiglio recanti il nome dinastico e di nascita di Ramses II.

Il secondo cortile era circondato a est e a ovest da un porticato con pilastri osiriaci, mentre a nord è a sud presentava una doppia fila di colonne papiriformi

La facciata del tempio preceduta da un portico sopraelevato, è decorata da scene votive e, nel registro inferiore, dalla raffigurazione dei figli del sovrano alla guida di una processione che si dirige verso l’intetno del tempio.

Tre rampe conducono ancora oggi ai tre portali della facciata, che sottolineano la tripartizione del complesso.

Ai lati della rampa centrale erano poste due statue del re assiso; la testa di quella settentrionale si trova oggi nel cortile; di quella meridionale rimangono solo il trono e la parte inferiore del corpo, conservati nel Ramesseum.

Il busto e la testa, in granito grigio con venature rossastre , furono prelevati nel 1816 da Giovanni Battista Belzoni, su incarico del console generale inglese, Henry Salt, e vendute al British Museum, dove suscitarono grande amministrazione sotto il nome di Giovane Memnone.

Trasporto del busto del colosso di Rameses II in una litografia, colorata a mano da Giovanni B8 Belzoni, 1822.
Busto del colosso di Rameses II.
Il bellissimo busto del faraone, meglio conosciuto come il Giovane Memnone, è realizzato in finissimo granito chiaro di Assuan, con venature rossastre nella zona del volto

L’ingresso principale della facciata si apre su una sala ipostila più grande e decisamente più evoluta rispetto a quella di Sethy I.

La navata centrale della struttura a basilica consiste in due file di sei colonne papiri formi a ombrello.

Le navate laterali hanno ciascuna tre file di sei colonne papiri firmi a bocciolo.

Lo straordinario effetto della sala, forse la più bella delle sale ipostile egizie, si fonda sulla chiara suddivisione spaziale, l’armonia e proporzioni delle colonne e lo stato di conservazione della sua vivace policromia.

Tre piccole sale successive, ciascuna provvista di otto colonne, portavano alla sancta sanctorum, purtroppo del tutto compromesso.

La prima sala, detta “sala astronomica” per via delle costellazioni personificate dipinte sul soffitto, reca sulle pareti scene della processione delle barche.

La raffigurazione mostra alla testa del corteo il principe ereditario, con al seguito gli altri figli del sovrano.

Sul lato destro della parete posteriore si trova una magnifica immagine dell’incoronazione del re nella celeste Eliopoli.

Ramses II siede all’ombra del sacro albero ished, e regge tra le manie insegne del regno, mentre Autum e Seshat scrivono il suo nome sulle foglie dell’albero.

I vasti magazzini con coperture a volta che circondano il tempio si sono conservati in buone condizioni e testimoniano l’importanza dei beni che vi venivano depositati.

I magazzini del re.
Queste strutture a volta sono i magazzini del Ramesseum, che lo circondano su tre lati. Costruito in mattoni crudi ospitavano offerte e provviste, come provano i molti frammenti di giare rinvenute nel corso degli scavi. Vi si trovava anche una scuola per scribi con biblioteca in cui sono stati riportati alla luce ostraka e papiri. I magazzini coprono antiche strutture della XVIII Dinastia di cui appaiono le basi di colonna in pietra.

Fonte

Egitto, la terra dei faraoni, – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra

Foto: kairoinfo4u

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Statue

RAMSES II FANCIULLO CON IL DIO HORUN

Di Grazia Musso

Statua di Ramses II fanciullo e il dio Horun
Granito grigio e calcare (il muso del falco) – Altezza cm 241
Da: Tanis (Scavi di Pierre Montet , 1934)
Museo Egizio del Cairo – JE 64735 (Foto Merja Attia)

La statua di granito fu trovata in uno degli ambienti in mattoni crudi , non distanti dal muro di cinta del Grande Tempio di Tanis.

Il muso del falcone, in calcare , fu ritrovato in una stanza adiacente.

La statua al momento del ritrovamento, foto Pierre Montet

Questo rende assai probabile che L’edificio in cui si trovava la statua fosse la bottega di un artigiano e che la scultura vi fosse stata portata per essere riparata.

La statua rappresenta Ramses II, con le sembianze infantili: il dito della mano destra alla bocca e dalla tempia destra gli scende sulla spalla la treccia, elementi questi che si denotano tutte le raffigurazioni di bambini e adolescenti nell’Egitto.

Particolare del viso di Ramses sormontato da Horun

Il sovrano Indossa soltanto una “cuffia” ornata sulla fronte dall’euro, sulla testa ha un disco solare e nella mano sinistra stringe una pianta di giunco.

Quest’ultimo particolare è anomalo rispetto alle rappresentazioni canoniche del re e indica che, in molte altre figure, proprio di Ramses II, nell’immagine del sovrano sia da individuare un gioco grafico che permette di leggere la figura come un rebus.

In scrittura geroglifica il disco solare sulla testa ha la lettura rs, il fanciullo mes è il giunco su.

Leggendo i tre segni dall’alto verso il basso si ottiene così la parola Ramessu, che corrisponderebbe al nome dello stesso faraone.

Alle sue spalle si staglia la figura del dio Horun con le sembianze di falco che, in questo modo, ha il significato di porsi a protezione del sovrano.

Il rapace è raffigurato in forma assai stilizzata con i particolari del piumaggio e delle zampe realizzati attraverso linee incise che mirano più ad un ordinato effetto decorativo che a una fedele rappresentazione della realtà.

Particolari del piumaggio del falcone

La statua si iscrive tra gli esempi più belli delle opere di scultura propagandistica caratteristica di tutto il regno di Ramses II.

Scegliendo di porsi sotto la protezione di Horun, Ramses II, compiace le genti siriane di cui Horun era Dio, e, allo stesso tempo, riafferma il carattere di legittimità della propria sovranità.

Fonte

Tesori egizi nella collezione del Museo del Cairo – F. Tiradritti – fotografie di Araldo De Luca – Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta, XIX Dinastia

COLONNA DI TUTHMOSIS IV

USURPATA DA RAMSES II

Di Franca Loi

Arenaria dipinta, altezza cm 162, diametro cm 96
Elefantina
Museo Egizio del Cairo – JE 41560

La colonna faceva parte di un edificio di Thutmosi IV, il cui protocollo reale è scolpito in bassorilievo dipinto in giallo in una fascia longitudinale.

In seguito Ramses II vi aggiunse la sua immagine e la sua titolatura, senza però cancellare i nomi del predecessore.

Infine, sotto l’imperatore Traiano (98-117 d. C.), la colonna fu divisa in tre parti e riutilizzata come blocco di reimpiego nelle fondamenta di una costruzione romana.

La decorazione è incisa a bassorilievo e conserva vivide tinte: vi è raffigurato Ramses II mentre compie l’offerta dei fiori nel tempio.

Sul capo del sovrano è rappresentato un falco che tiene tra le zampe il cerchio-shen, il cartiglio simbolo del potere regale.

Ramses II indossa un abito da cerimonia composto da gonnellino e una veste trasparente, la cui manica è chiaramente visibile sul braccio destro.

Il sovrano porta al collo una collana con decorazione a torques e sul capo la corona blu con l’ureo regale sulla fronte.

Nella mano destra reca un fascio di fiori legati e nella sinistra tre fiori di loto singoli, i cui steli sono avvolti attorno alla mano.

Sotto l’ala spiegata del falco, la destra, sono iscritti i nomi di ” Re dell’Alto e Basso Egitto” e di ” Figlio di Ra” di Ramses II, mentre il suo nome di incoronazione ” Usermaatra Setepenra” compare sulla cintura del gonnellino.

Fonte

I tesori dell’antico Egitto nella collezione del museo egizio del Cairo – National Geographic – Edizioni White Star

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Templi

IL TEMPIO FUNERARIO DI SETHI I

Di Grazia Musso

Veduta dell’odierna facciata del tempio di Sethi I, il portico di nove colonne fascicolate supporta ancora una parte della trabeazione, in origine le colonne erano dieci

A Gurnah, un’area di Tebe Ovest, vi sono le rovine del tempio di Sethi I.

Il tempio funerario era preceduto da un viale di sfingi, da due piloni e due cortili, ma di tutto questo non rimangono che poche tracce.

L’odierna facciata è costituita da un portico di dieci colonne, dietro si trovano tre porte che introducono alle tre parti del tempio, dedicate a Sethi I e ad Amon ( parte centrale), a Sethi I e a suo Ramses I (sinistra) e al culto solare( destra); quest’ultima è un’area costituita da un cortile fra due portici e con un altare al centro.

Nel cortile a cielo aperto, compreso tra il secondo e il terzo pilone, Sethi I, avviò la costruzione di una gigantesca sala ipostila.

La sala, con i suoi 104 metri di lunghezza, 52 di larghezza e 24 di altezza, era la più grande che fosse mai stata edificata.

Fu molto di più di un ampliamento delle strutture già esistenti, si trattava infatti di un tempio vero e proprio, che presto divenne il punto di partenza delle due processioni festive tebane.

Le fu dato il nome di ” tempio di Sethi-Merenptah che splende nella casa di Amon”.

Lungo l’asse principale del tempio si innalzavano due file di possenti colonne alte 22,5 metri, sormontate da capitelli papiroformi a ombrella.

Le navate laterali erano suddivise da sette file di colonne più basse, papiroformi a bocciolo.

Il tempio funerario di Sethi I conserva una parte della decorazione interna.
Un portico introduce nel tempio dedicato a Sethi I ed a Amon.
Qui è rappresentato Sethi I che offre dei fiori al dio Amon-Ra in trono.

Ogni fila contava nove colonne, eccettuato quella adiacente al colonnato centrale che si componeva di sette colonne e, alle estremità, di due pilastri quadrangolare.

Si contavano in totale 134 colonne, che formavano una gigantesca selva di papiri di pietra.

Le colonne, che poggiavano su grandi basi circolari, non erano monolitiche bensì composte da più rocchi; esse erano sovrastante da spessi abachi sui quali poggiava il gigantesco architrave che sosteneva il tetto.

La differenza di altezza tra la navata centrale e quelle laterali rese possibile l’apertura di finestre a clausura, costituite da lastre di pietra traforata, che permettevano alla luce di diffondersi nel corridoio principale.

Tale struttura a basilica fu riprodotta anche nella sala delle feste di Thutmosi III, ma le dimensioni di questa grande sala ipostila restano uniche e assolutamente ineguagliate.

Perpendicolare all’asse principale, un percorso trasversale che collegava i due portali a sud e a nord, creava un’asse alternativo rispetto a quello est-ovest, che veniva utilizzato per le processioni tra il tempio di Karnak e di Luxor.

Alla morte di Sethi I, dopo meno di undici anni di regno, la sala ipostila e il suo programma iconografico furono portati a compimento da Ramses II.

La metà settentrionale dell’edificio, la cui decorazione era stata iniziata sotto Sethy, presentava altorilievi, mentre le scene a sud furono completate da Ramses II in bassorilievo.

La parte inferiore del fusto delle colonne è decorata con foglie di papiro, mentre nella parte superiore sono raffigurate scene di sacrifici e i cartigli con il nome del re costruttore, sostituito in un secondo tempo da quello dell’ultimo sovrano ramesside.

Le pareti interne della sala presentano una notevole ricchezza di decorazioni e motivi.

Alcune sequenze mostrano il sovrano mentre viene condotto davanti alla triade tebana formata da Amon Mut e Khonsu per venerarla e recare offerte.

Alle rappresentazioni della purificazione rituale del faraone a opera delle divinità si alternano scene che raffigurano l’incoronazione e la salita al trono nel tempio, la consegna dello scettro nonché l’iscrizione del suo nome sulle foglie del sacro albero ished.

Sethy offre un bastone intrecciato di fiori.
I bastoni di fiori erano, dopo il pane e il vino una delle offerte più consuete per le divinità.
Con essi si manifestavanol l’augurio di gioia e letizia e l’aspirazione a disporre di perpetua forze Vitali.
Associato ad Amon, i bastoni ricoprivano anche un’altra specifica funzione: il sovrano offriva il “mazzo di fiori di Amon di Karnak” non solo alla divinità, ma anche ai defunti, quale augurio di rigenerazione.

Grande importanza è attribuita alle processioni delle effigi divine nelle barche sacre, che occupano lunghi registri risalenti al regno di Sethi I come di Ramses II.

Le pareti interne illustrano esclusivamente riti e processioni, restituendo così un’idea delle cerimonie sacre che si svolgevano nella sala.

Sulle pareti esterne compare la vittoria del sovrano sul caos, ottenuta grazie alla sconfitta dei nemici stranieri.

Sulla parete settentrionale figurano le campagne militari di Sethi I contro i beduini del deserto orientale e della Palestina, così contro i libici e gli ittiti; su quella meridionale, scene in rilievo della celebre battaglia di Ramses II contro gli ittiti preso Qadesh, e della campagna che il sovrano condusse contro gli asiatici è i libici.

La grande sala ipostila è quindi una rappresentazione in pietra dell’Egitto e del mondo circostante, con l’universo sacro degli dei e del culto al suo interno e all’estero il mondo caotico che il sovrano era chiamato a distruggere.

Le colonne papiroformi rappresentano a loro volta la “terra nera”, ovvero L’Egitto inondato dalla piena del Nilo.

Oggi purtroppo non rimane nessuna delle statue che dovevano ornare l’esterno e l’interno della sala ipostila e che riproducevano le stesse rappresentazioni presenti nei rilievi.

Si sono conservate soltanto, di fronte al vestibolo del terzo pilone, due colossali statue dell’epoca thutmoside.

Rameses II vi aveva fatto apporre nuove iscrizioni, Sethi II e Ramses IV ne aveva a rinnovato il piedistallo.

L’usanza di rinnovare le iscrizioni e di riutilizzare le statue dei sovrani precedenti non deve essere giudicata come un atto di appropriazione indebita: al contrario, in questo modo il sovrano le strappava all’oblio e assicurava loro nuove offerte.

Fonte

Egitto la terra dei faraoni – Regine Schulz e Matthias Seidel – Konemann

Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra

Mai cosa simile fu fatta, XIX Dinastia

RILIEVO DI SETI I

Di Franca Loi

Calcare dipinto
Regno di Seti I – XIX Dinastia – 1308-1294 a.C.)

Si tratta di un blocco di calcare di 67 x 43 cm inciso e dipinto con la figura e i cartigli di Seti I (1289-1279). Il faraone, rappresentato con la corona azzurra “kheperesh”, è al cospetto di Hathor, che gli porge la collana “menat” con l’ankh, e di Upuaut, il “sosia” di Anubi. Il pezzo proviene da uno scavo abusivo probabilmente dell’area di Asyut perché i testi fanno riferimento a un tempio della città dove era particolarmente venerato il dio lupo.

A sinistra primo nome di re dell’Alto e del Basso Egitto, “La Maat di Ra è duratura” – A destra secondo nome di figlio di Ra. “L’amato da Ptah”.

Alle spalle di Hathor il dio-lupo Upuaut, “colui che apre le strade”.

Il Ministero delle Autorità, in collaborazione con l’Interpol, è riuscito a recuperare questo reperto archeologico illegalmente esportato dall’Egitto che stava per essere messo all’asta a Londra.

L’ANALISI FILOLOGICA A CURA DI LIVIO SECCO QUI

Fonte:

MUSEO EGIZIO DEL CAIRO

DJED MEDU

Età Ramesside, Mai cosa simile fu fatta, Statue

STATUA DI SETHI I

Di Grazia Musso

Alabastro, altezza cm 238
Karnak, Tempio di Amon-Ra, cortile della Cachette
Scavi di George Legrain
Museo Egizio del Cairo – JE 36692=CG42139

La statua è stata ritrovata a pezzi nella Cachette di Karnak, dove era stata depositata smontata.

Infatti si tratta di un’opera composita, un tipo di scultura assai caratteristico nell’arte egizia, che prevede l’utilizzo di diversi materiali.

Le parti principali sono state prodotte separatamente, scegliendo con cura la qualità della pietra, in modo che le venature seguissero lo sviluppo anatomico.

La testa e il torso sono ricavati da un tipo di alabastro assai compatto, mentre le gambe e mani sono ottenute usando un materiale con maggiori venature

Gli indumenti, gli attributi e alcuni tratti fisionomici, che furono asportati prima dell’interramento della statua, dovevano essere stati realizzati usando altri materiali, sicuramente preziosi.

La stilistica induce a attribuire la statua alla fine della XVIII Dinastia.

La bocca, ben modellata e sensuale, la cavità che ospitava gli occhi, a mandorla e assai allungata, le sopracciglia, sottili e arcuate, sono elementi che riconducono la scultura alla fine del periodo amarniano o all’epoca immediatamente successiva.

Il nome, Sethi I, inciso sul pilastro dorsale e sulla base, potrebbe essere stato aggiunto, come lascia supporre l’ortografia un poco approssimativa dei segni, in un secondo tempo, quando il re decise di appropriarsi dell’ opera di un immediato predecessore.

Il sovrano Indossa probabilmente il khrpesh, la così detta ” corona azzurra”, un copricapo regale che ricorre con frequenza nelle opere scultoree nei rilievi proprio tra la fine della XVIII e l’inizio della XIX Dinastia.

Gli occhi e le sopracciglia erano intarsiati: i primi dovevano essere in ossidiana con contorni in rame, mentre le seconde erano, forse, in lapislazzuli.

Un foro sotto il mento indica che la statua era provvista di barba posticcia, mentre il punto di giuntura tra collo e torso doveva essere coperto da un’ampio collare.

Anche i fori di collegamento tra braccia e mani, in ognuna delle quali era inserito un oggetto (scettro o cilindro), dovevano essere nascosti da due bracciali.

Il gonnellino, verosimilmente plisettato, doveva avere un elemento decorativo frontale, probabilmente realizzato in foglia d’oro.

Il sovrano indossa i sandali, ed è rappresentato nell’atto di calpestare i Nove Archi, i tradizionali nemici dell’Egitto, le figure di due di questi sono ancora conservate sulla superficie superiore della base.

Fonte

Tesori egizi nella collezione del Museo del Cairo – F. Tiradritti – foto Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta, Nuovo Regno, Templi

LA GRANDE SALA IPOSTILA

Di Franca Loi

Tempio di karnak: ricostruzione della grande sala i postila.
Questo modello è conservato presso il Metropolitan Museum of Art di New York

Seti I, il secondo faraone della XIX dinastia, era figlio di Ramesse I e padre di Ramesse II che volle associarsi al trono.

Bassorilievo dipinto raffigurante Seti I
Cartiglio di Seti I

Giunto al potere riorganizzò l’esercito e fronteggiò rivolte scoppiate in Siria e Palestina. Dopo diverse campagne, una delle quali lo vide impegnato ad affrontare i libici che sbaragliò, partì alla ricerca del vero nemico, gli ittiti. A Qadesh, dove ebbe luogo lo scontro, Seti riuscì ad avere ragione dei ribelli: tornò in patria con prigionieri Ittiti. Fu stipulato un trattato rimasto ignoto, di questo si accennera’ in un successivo trattato del 1268. La sua politica fu rivolta al recupero di gran parte dell’Impero lasciato da Tutmosi III; una volta rafforzate le frontiere aprì miniere,cave e pozzi.

Seti I vittorioso in battaglia rilievo di calcare.
Dettaglio del muraglione esterno della grande sala ipostila

Pago dei successi ottenuti si dedicò al restauro di tutti i templi dal Delta alla Nubia (la sua iscrizione “restaurato da Seti” compare un po’ dappertutto) e alla grande sala ipostila del tempio di Karnak progettata dal padre.

Il tempio di Karnak, dopo le piramidi, è il più imponente edificio costruito in Egitto, le sue proporzioni gigantesche esprimono la potenza di Ammone e del suo clero e nel contempo la grandezza dei faraoni del Nuovo Regno.

Ricostruzione della parte centrale della grande sala i postila a karnak.
(Ricostruzione di Chipiez)
La grande sala ipostila ha una pianta basilicale con una navata centrale sorretta da alte colonne con capitelli di papiri aperti perché questo spazio riceve la luce del sole attraverso graticci e navate con capitelli chiusi perché rimangono perennemente in ombra. Questa pianta basilicale è una innovazione della XIX dinastia che traduce in architettura il simbolismo della creazione. La stanza rappresentava cosi la palude primordiale dalla quale emerge una foresta di papiri o di loto stilizzata dalle colonne che sono quindi in stato vegetativo nelle parti buie della stanza e fioriscono nella navata centrale inondata di luce.

” tutto ciò che avevo visto a Tebe, che avevo ammirato con entusiasmo sulla riva sinistra, mi parve miserabile al confronto delle concezioni gigantesche che mi circondavano…….. nessun popolo antico o moderno ha concepito l’arte dell’architettura in scala così sublime, così vasta e grandiosa come fecero gli antichi egiziani, essi concepivano da uomini alti 100 piedi (Champollion).”

La grande sala i postila, costruita dal faraone Seti I e completata da Ramses II, è formata da 134 colonne, vicine tra di loro, decorate con capitelli a forma di papiro che creano la sensazione di vera e propria foresta di pietra rievocante la primordiale foresta di papiri.

A nord del tempio, sul muraglione esterno, Seti fece incidere rilievi che sono un inno alle sue imprese: le scene guerresche rappresentate “uniscono alle lodi del coraggio personale del re molte notizie di genuino carattere storico”.

Particolari della grande sala ipostila

Le enormi colonne della grande sala ipostila

Sarà il figlio Ramesse II ad ampliare abbellire e completare la grande sala i postila che oggi ai nostri occhi appare “una vera foresta di pietra con 134 enormi colonne di cui quelle centrali sono più alte delle altre… per la sua immensa concezione architettonica la sala i postila si può considerare la prima vera cattedrale del mondo… l’immensa foresta di colonne che rappresentava il papireto della creazione, non è fatta a misura d’uomo ma Divina”.

Il tempio di Amon-Ra nel complesso di Karnak, come apparve alla spedizione napoleonica del 1789

FONTE:

ANTICO EGITTO-MAURIZIO DAMIANO-ELECTA

L’EGITTO DEI FARAONI-FEDERICO A.ARBORIO MELLA-MURSIA

LA CIVILTÀ EGIZIA ALAN GARDINER-EINAUDI

WIKIPEDIA