Necropoli tebane

TT8 – TOMBA DI KHA E MERIT

Kha (in alto) e Merit (in basso) in geroglifici
Planimetria schematica della tomba TT8[1]

Epoca:                                   XVIII Dinastia

Data Scoperta:                     1906

Archeologo:                          Ernesto Schiaparelli

Titolare

TitolareTitoloNecropoli[2]Dinastia/PeriodoNote[3]
Kha e sua moglie MeritArchitetto e Capo della Grande CasaDeir el-Medina[4]XVIII dinastia (Amenhotep II – Thutmosi III – Amenhotep III)leggermente distante dalla falesia; sotto e non lontana dalla TT211 e dalla TT212
   

  

Sull’argomento vedi anche: https://laciviltaegizia.org/2021/08/25/la-tomba-di-kha-e-merit/

Biografia

Kha fu Capo architetto dei lavori della Necropoli Tebana al servizio, in special modo, del faraone Amenhotep III. Userhat, Prete “wab”[5] e lettore[6] della regina madre Mutnofret e servo del “kha” della statua della principessa Sitamon, e Nakht furono i figli della coppia.

La tomba di Kha, ritrovata intatta a nord di Deir el-Medina dall’egittologo italiano Ernesto Schiaparelli nel 1906, conteneva il corpo e il corredo funerario anche della moglie Merit. La presenza di una tomba era tuttavia nota già dal XIX secolo; si riscontrano rappresentazioni grafiche della cappella esterna in John Gardiner Wilkinson e Karl Richard Lepsius7], cappella che, tuttavia, non era sita nelle immediate vicinanze della tomba scoperta da Schiaparelli. Il Pyramidion della cappella esterna, in forma di piccola piramide, si trova oggi al Museo del Louvre di Parigi.

La cappella durante gli scavi di Schiaparelli del 1906
Interno della cappella funeraria di Kha e Merit, 1906
Il pyramidion della cappella di Kha, conservato al Museo del Louvre di Parigi

Il corpo di Kha, indagato in maniera non invasiva mediante esame ai raggi x, presenta un ampio collare d’oro e pesanti orecchini dello stesso metallo prezioso [7]. Giaceva in un duplice sarcofago di cui quello esterno “a cassa” e quello più interno antropomorfo in legno di cedro, completamente nero, con rifiniture di lamina d’oro, che ne rappresenta le sembianze con parrucca bicolore nero e oro; più semplice, benché ugualmente decorato e laminato in oro, il sarcofago antropomorfo contenente i resti della moglie Merit la quale, premorta al marito, ricevette per la sepoltura un sarcofago a lui già predestinato[8]. Vennero rinvenuti nella tomba anche i vasi canopi nonché oggetti espressamente funerari e, di particolare interesse, della vita quotidiana e lavorativa dei due titolari tra cui tuniche, vesti, biancheria intima, parrucche, tavole per il gioco del senet, suppellettili, mobilio, resti di cibo, strumenti di misurazione.

Statuetta raffigurante Kha

Tra questi, particolarmente interessanti sono due cubiti (unità di misura pari a 52,5 cm), uno in legno di acacia ripiegabile, contenuto in un astuccio di pelle rossa con una piccola cinghia per poterlo agganciare alla cintura, l’altro ricoperto in lamina d’oro, recante incisioni dedicatorie, diretto dono del faraone Amenhotep III sotto cui si esplicò, in special modo, l’attività lavorativa di Kha.

Alcuni oggetti ritrovati intatti nella tomba di Kha
(autore: Museo Egizio Torino)

La tomba conteneva anche oggetti personali della moglie Merit, tra cui gioielli, cosmetici, strumenti per il trucco e una parrucca nera (di capelli autentici), perfettamente conservata, ancora intrisa di grasso derivante dall’usanza, durante le cerimonie mondane, di apporre sopra il capo coni gelatinosi contenenti aromi e profumi che, sciogliendosi gradualmente, disperdevano le essenze di cui erano impregnati[9].

Oggetti personali di Merit (autore: Jean-Pierre Dalbera)
La parrucca, in capelli autentici, di Kha

Tutti gli oggetti ritrovati nella tomba (mummie, sarcofagi, papiri iscritti (tra cui una versione completa del Libro dei morti), abiti, lenzuola, coperte, letti, tavolini, sedie, armadietti, casse, biancheria, oggetti di toletta e rituali, attrezzi da lavoro e cibarie, corone di fiori) sono oggi esposti, nella stessa collocazione in cui furono scoperti, presso il Museo Egizio di Torino. La quantità, la completezza e la qualità dei medesimi costituisce ad oggi un unicum nel panorama delle scoperte compiute nella Necropoli tebana.

Suppellettili dalla tomba TT8 di Kha

La tomba

Scoperta nel 1906, quasi contestualmente alla scoperta, nella Valle dei Re, della tomba KV55 la TT8 è, architettonicamente, estremamente semplice ed è distribuita su due distinti e separati locali, una cappella e la camera funeraria vera e propria. Nella cappella, ad un corridoio segue un’unica sala rettangolare al fondo della quale si apre una nicchia poco profonda. Sulle pareti, il defunto e la consorte ricevono offerte da un figlio, mentre una figlia cinge il collo di Kha con un collare. In un diverso registro, due musiciste suonano una sorta di liuto e un’arpa mentre due (?) danzatrici si esibiscono.

Parte superiore di una parete in una copia di Charles K. Wilkinson (Metropolitan Museumdi New York (cat. MET 30.4.3) (dono a WP del MMA)

Su un’altra parete, i due defunti, Kha e Merit, accompagnati dalla figlia offrono a Osiride fiori e un bue inghirlandato.

La tomba vera e propria, sita sul versante opposto della collina, era sovrastata da una piramide il cui pyramidion (oggi al Museo del Louvre di Parigi, cat. 13988) reca scene del defunto inginocchiato con inni indirizzati a Ra.

Il sarcofago in legno laminato d’oro di Kha

Tra i tanti oggetti, oggi al Museo egizio di Torino:

  • sarcofago antropomorfo e due bare di Kha (cat. 8210, 8316, 8318);
  • una statuetta di Kha e la sedia su cui venne rinvenuta (cat. 8335 e 8333);
  • dieci scatole (cat. 8378, 8600, 8593, 8615, 8314, 8450, 8514, 8515, 8527);
  • tre scatole[10] (cat. 8212, 8213, 8617);
  • una scatola[11] (cat. 8613);
  • vaso in alabastro e giara (cat. 8385 e 8323);
  • due secchi in metallo (cat. 8394 e 8244);
  • vasi in ceramica (cat. 8224, 8356, 8357);
  • contenitore per ushabti (cat. 8338);
  • due bastoni da passeggio (cat. 8417 e 8418);
  • due sgabelli a tre gambe (cat. 8505 e 8506);

 

Sarcofago antropomorfo di Merit
  • sarcofago antropomorfo, bara, scatola e scatola da parrucca di Merit (cat. 8517, 8470, 8479, 8493);
  • bicchiere in metallo del figlio Userhat (cat. 8231);
  • due bastoni intestati a Neferhabef e Khaemwaset, Capo del Gran COnsiglio (cat. 8551 e 8625);
  • cubito in legno rivestito d’oro (dono di Amenhotep I) (cat. 8647);
  • coppa in elettro con cartiglio di Amenhotep III (cat. 8355).

[1]      La prima numerazione delle tombe, dalla n.ro 1 alla 253, risale al 1913 con l’edizione del “Topographical Catalogue of the Private Tombs of Thebes” di Alan Gardiner e Arthur Weigall. Le tombe erano numerate in ordine di scoperta e non geografico; ugualmente in ordine cronologico di scoperta sono le tombe dalla 253 in poi.

[2]      le Tombe dei Nobili, benché raggruppate in un’unica area, sono di fatto distribuite su più necropoli distinte.

[3]      Le note, sovente di inquadramento topografico della tomba, sono tratte dal “Topographical Catalogue” di Gardiner e Weigall, ed. 1913 e fanno perciò riferimento alla situazione del’epoca.

[4]      Set-Maat = “Luogo della Verità” era uno dei nomi con cui era noto il villaggio operaio di Deir el-Medina. Il villaggio era anche noto come Pa-demi, ovvero, semplicemente, “il villaggio”.

[5]      I preti “wab”, ma anche “uab”, o “uebu”, appartenevano al basso clero ed erano incaricati della manutenzione degli strumenti del culto e degli oggetti comunque ad esso connessi. A loro competeva il lavacro e l’abbigliamento giornaliero della statua del dio presso cui operavano e a loro competeva il trasporto della statua del dio (generalmente su una barca sacra) durante le cerimonie. Erano gerarchicamente sottoposti ad un “grande prete wab” cui competevano le operazioni giornaliere di culto della divinità.

[6]      Era compito dei preti “lettori” l’organizzazione delle cerimonie e la recitazione ad alta voce, durante le cerimonie sacre, degli inni previsti. Proprio per tale conoscenza delle invocazioni giuste e corrette, i “lettori” venivano considerati detentori di poteri magici.

[7]      Si tratta, archeologicamente, di uno dei primi casi di uomo recante tale monile.

[8]      Giacché il sarcofago previsto per l’architetto Kha era troppo grande per il corpo, più minuto, della moglie, gli interspazi vennero riempiti con lini recanti, tuttavia, il monogramma di lui.

[9]      La parrucca, nello stile classico della XVIII dinastia, è costituita da capelli, umani, lunghi circa 54 cm, con scriminatura centrale; i capelli, verso le estremità, sono intrecciati. Due lunghe e spesse trecce sono sul retro della parrucca, mentre due, più sottili, andavano a incorniciare il viso. IL tutto è strutturato con trama e stretti nodi. La parrucca venne rinvenuta in una scatola appositamente realizzata di 111 x 49 cm.

[10]     Sul coperchio di queste è riportato il figlio, Nakht, in atto di offertorio ai genitori.

[11]     Sul coperchio una coppia in offertorio al defunto e alla moglie.

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