Di Piero Cargnino

Io continuerò a chiamarli pomposamente faraoni in segno di rispetto per quello che fu l’Egitto ma costoro non sono faraoni, due potentati divisi ma che non si combattono, uno a nord ed uno a sud, mentre una pletora di piccoli reucci, visir, governanti o sommi sacerdoti si contrappongono per contendersi un pezzo di terra dove potersi sentire quasi indipendenti.
Questo periodo della storia egizia si manifesta in un modo totalmente nuovo e inatteso, in quanto vige un fondamentale dualismo. In mancanza di descrizioni della fase iniziale del Terzo Periodo Intermedio ci viene in aiuto il citato “Papiro di Mosca 120” (o Papiro Puixkin 120) scritto in ieratico, nel quale è riportato “Il viaggio di Wenamun”, lo sventurato messaggero. Si parla di due capitali distinte che si dividevano l’Egitto, Tebe a sud e Tanis a nord in perfetta armonia e spirito di collaborazione. Certo che l’assenza di un vero faraone non poteva essere tollerata a lungo per cui Nesbanebdjed, che significa “Colui che appartiene all’Ariete di Djede” (Djede era l’importante città di Mendes), si decise ad agire.

Manetone, secondo Sesto Africano, lo chiama Smendes (corruzione greca dell’egiziano Nesbanebdjed) nome che parrebbe suggerire la sua provenienza dalla città di Mendes nel Delta e lo pone come precursore della XXI dinastia dei sovrani di Tanis. Potente visir del Basso Egitto durante il regno di Ramses XI regnava a Pi-Ramses e governava su questo territorio con l’approvazione del clero tebano, ormai più influente del sovrano stesso.
Smendes non tardò a pretendere i suoi diritti, che in realtà non possedeva, ma probabilmente col suo forte carattere riuscì, senza colpo ferire, ad imporsi ed a farsi accettare (almeno formalmente) come l’unico sovrano legittimo. Questo avvenne forse anche in virtù di uno strano collegamento con Tentamon il cui nome compare sempre collegato al suo nel racconto di Wenamun, sicuramente fu lei l’anello di congiunzione fra Tebe e Tanis.
Appare però alquanto strano che Tebe, dove ora il Primo Profeta di Amon era Pinedjem I, abbia accettato così supinamente la supremazia di Tanis. Questo forse fu dovuto al fatto che Pinedjem I ricevette in sposa la principessa Henuttawy, figlia di Smendes. Pinedjem I rinunciò, per il momento, ad attribuirsi una titolatura reale e da allora i documenti redatti a Tebe non vennero più datati alla “Ripetizione delle nascite” istituita da Herihor.
Del regno di Smendes rimane un’iscrizione ormai deteriorata su di un pilastro nella cava di Gebelein dove si racconta che questo sovrano, mentre si trovava a Menfi, decise di farsi onore con un atto di amicizia verso il sud, Informato che un porticato costruito da Tutmosi III a Luxor veniva spesso sommerso da inondazioni che raggiungevano il tetto ed alcuni altri edifici necessitavano di lavori di restauro, inviò una spedizione di 3000 uomini alle cave di Gebelein per estrarre le pietre necessarie ai restauri.
Durante il regno di Smendes Pinedjem si dedicò per oltre una quindicina di anni ad effettuare lavori di restauro di numerose mummie reali che vennero poi riposte nella tomba KV35 di Amenhotep II.
Nel 16° anno di regno di Smendes improvvisamente Pinedjem abbandonò la carica di Primo Profeta di Amon, che lasciò al figlio Masuharte, ed assunse i titoli regali, i suoi cartigli sono stati rinvenuti un po’ ovunque in Egitto compresa Tanis. Peggiorarono in questo periodo i rapporti già tesi con i principati semi-indipendenti, di origine libica che occupavano alcune oasi del deserto occidentale. Sesto Africano, che riporta il solito Manetone, attribuisce a Smendes un regno di circa 26 anni che parrebbe confermato da riscontri archeologici.
Della sua morte non si sa nulla, non è mai stata trovata la sua tomba né la mummia. A questo punto parlare di successione si fa sempre più arduo, possiamo dire che la sua posizione fu quasi sicuramente occupata da Amenemnesut, forse suo figlio.
Fonti e bibliografia:
- Alessandro Roccati, “L’area tebana”, Quaderni di Egittologia, n. 1, Roma, Aracne, 2005
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
- Alan Gardiner e R.O. Faulkner,”The Wilbour Papyrus”, Oxford, 1941-1952
- Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”, Verona, Mondadori, 1980
- Nichelas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
- Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
- Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
- Alberto Siliotti, “La Valle dei Re”, Vercelli, White Star, 2004
- Erik Hormung, “La Valle dei Re”, trad. di Umberto Gandini, ET Saggi, Torino, Einaudi, 2004