Di Grazia Musso e Nico Pollone
La Statuaria e il recupero eclettico della tradizione.

Statua di un sacerdote di Amon detta statua Dattari. 381-362 a.C. Diorite, 20 1/16 x 6 1/4 x 5 1/2 pollici, Dinastia 30 Periodo Tardo. Museo di Brooklyn, Fondo Charles Edwin Wilbour, 52.89. Creative Commons-BY (Foto: Brooklyn Museum, 52.89_view2_SL4.jpg)

La statua è integra fino alla ginocchia, il resto è perso. Lunga iscrizione sulla colonna posteriore dove tutta la figura appoggia. Statua in pietra nera lucida (diorite?) di uomo in piedi, nome perduto, sacerdote di Amon. Composizione convenzionale, gamba sinistra avanzata, braccia lungo i fianchi con le mani che stringono piccole aste cilindriche; kilt semplice, parrucca arricciata. Profondo pilastro posteriore recante in alto rilievo la Triade Tebana seguita da tre colonne di testo incomplete nella parte finale.
Nell’ultima, lunga fase dell’età faraonica si incontrano e confrontono diverse tradizioni, con un denominatore comune: recuperare, ritrovare, salvare la propria identità.
Nella produzione statuaria si hanno esiti diversificati: la tradizione risulta come vivificata da nuovi rapporti, rivissuto nella sostanza e rapporta alla attualità e riprodotta fedelmente, come se ci si volesse riconoscere solo in quello che risale a tempo addietro.
Non sono pochi gli esemplari che sono datati come risalenti, per esempi, al Medio Regno, e che attenti esami hanno convito a far “scendere” di ben più di mille anni.

Statua cubo del sacerdote Ankhpakhered da Karnak – Museo Egizio del Cairo

Si tratta di una statuetta alta soltanto 23 cm in scisto verde conservata al cairo al N° JE 36993 attribuita alla XXV-XXVI din.. La conservazione è buona, una sola scheggiatura importante al gomito destro. Le iscrizioni si trovano in molte parti ad accezione delle fiancate verticali dello zoccolo. La data di ritrovamento è riportata in JdF 1903-1904, 48 ed è confermata dal Ms Legrain-Kuentz (Museo del Cairo), “Trouvée dans la cachette de Karnak le 31 Mars 1904” (G. Legrain). Tra le braccia sono riportati titolo e nome.
Anche in questa ricerca formale si scorge qualcosa di nuovo: la ricerca della perfezione e l’attenzione ai giochi di luce fanno intuire un’altra maniera di porsi davanti a un oggetto e all’arte.
Si può notare che la funzione primaria delle statue, quella funeraria, è scomparsa: ormai la statua votiva in un tempio che funge da garanzia di protezione e continuità dei riti.
Inoltre sono rare, rispetto al passato le statue dei sovrani, e comunque non fuori mura.
Scarsi sono, al momento, i reperti del periodo delle Dinastia XXI-XXIV, ma dalla XXII Dinastia c’è ne sono giunti di sorprendenti, che mostrano fra l’altro la maestria nella lavorazione del metallo.
Oltre a immagini di dimensioni ridotte raffiguranti divinità, si trovano figure di personaggi femminili nelle quali quali risulta tipica e curata la decorazione della superficie del bronzo in agemina di oro, rame e argento.


Statua seduta della principessa Shebensopdet, nipote di Osorkon II, suonatrice di sistro di Amon, e particolare del busto. Proveniente da Karnak, Museo Egizio del Cairo

Questa statua fu collocata nel tempio di Amon a Karnak da suo marito, lo scriba Hor, dopo la sua morte prematura. In granito, misura cm 83,5 di altezza e viene collocata al Terzo Periodo Intermedio, XXII dinastia, Karnak, Tempio di Amon intorno all’850 a.C. Collocazione attuale, Museo del Cairo.
Sul cubo di seduta, sullo zoccolo e su altre parti del corpo si trovano diverse iscrizioni e raffigurazioni di Divinità. (Foto di Werner Forman/Universal Images Group/Getty Images)
Nella pietra le figure femminili da sole sono rare, e una si impone per sommare in sé recupero del passato e “devianze” nuove: la nipote di Osorkon II ( XXII Dinastia), Shebensopdey, ebbe l’onore di avere una statua di granito a Karnak da parte dello sposo.
Il tipi statuari adottati sono strettamente limitati dalla collocazione quasi esclusivamente templare; domina la Statua-cubo, oppure il personaggio seduto in posa detta assimetrica, con un ginocchio in alto, l’altra gamba appoggiata a terra, o la posa dello scriba seduto a gambe incrociate.
Non c è dubbio che i sovrani nubiani debbano aver impresso un notevole impulso alla ricerca dei modelli canonici.
D’altra parte sembra nascere proprio in questa epoca un’attenzione per il ritratto non convenzionale centrato sulla resa delle caratteristiche individuali.

Museo Egizio del Cairo
La caratterizzazione di alcune statue di sovrani nubiani risulta anche dalle novità del loro costume, che vollero evidentemente combinare con quello tradizionale egizio.
Nell’età saitica quando il peculiare era stato introdotto nella produzione artistica dai nubiani fu ripudiato, mentre furono perfezionato la tendenza all’ arcaismo e l’aspetto idealizzante.
Tali qualità si combinarono con una scultura curata e sopratutto una finitura molto ricercata che ne costituisce lo spirito dominante.
Fonte
- L’arte egizia – Alice Cartoccio, Gloria Rosati – Giunti