Kemet Djedu

LA STELE DI SAHATHOR A TORINO

La stele di Sahathor a Torino ha molti particolari.

Innanzi tutto se ne sa molto poco. Faceva parte della collezione di Drovetti e, come molti reperti, essendo decontestualizzata per la modalità di come si scavavano i siti archeologici dell’epoca, non si hanno molte informazioni a suo riguardo.

Di più c’è che viene nominato un reparto militare d’élite del quale il defunto faceva parte.

Inoltre il defunto viene identificato con il matronimico invece che con il patronimico. In un’epoca in cui non c’erano i cognomi le persone erano meglio identificate con il nome del genitore. Qui vediamo invece il nome della madre seguito dal determinativo B1 e preceduto dal titolo femminile “nbt pr” (signora della casa).
C’è anche da dire che abitualmente l’ascendenza era espressa con due verbi differenti: “msi” (partorire) per la madre e “ir” (fare=generare) per il padre. Qui è citata la madre con il verbo abituale del padre. Aver citato la madre può significare che ella fosse maggiormente conosciuta e che quindi la sua ascendenza fosse in qualche modo più prestigiosa per il defunto.

La formula funeraria finale “mȜꜤ-ḫrw” (giusto di voce) è al maschile e quindi sembra destinata al defunto Sahathor. È vero però che è immediatamente seguente al matronimico e potrebbe essere traslitterata “mȜꜤ(t)-ḫrw” e tradotta “giustificata” dando l’indicazione che defunta sia la madre del committente la stele ad essere mancata. Abitualmente la “t” del femminile era omessa. Qui ho preferito lasciare la formula al maschile.

Come al solito ho aggiunto la codifica IPA per far leggere i geroglifici a coloro che non li hanno (ancora) studiati.

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