Mai cosa simile fu fatta, Periodo Romano

BUSTO FEMMINILE

Marmo, altezza cm 61
Kom Abu Billo ( Therenuthis)
Epoca Romana ( 140-150.d. C.)
Museo Egizio del Cairo – JE 44672

Questo busto proviene D Kom Abu Bilo, l’ antica Therenuthis, una località del Delta in cui sono stati ritrovati i resti di un tempio dedicato a Hathor e un’ ampia necropoli con sepolture che vanno dall’ Antico Regno all” Epoca Romana.

Raffigura una donna non più giovane, il naso è sottile e allungato, il mento è solcato da una profonda ruga.

L’elegante acconciatura, a trecce e boccoli, è stata accuratamente scolpita, indica che si tratta di una persona altolocata.

È stata proposta una identificazione con la madre di Marco Aurelio, ma in mancanza di dati certi non è possibile un’ identificazione certa.

Fonte e fotografia

I Tesori dell’ Antico Egitto nella Collezione del Museo Egizio del Cairo – Daniela Comand – fotografie Araldo De Luca – National Geographic – Edizioni White Staral Geographic ,- Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta, Periodo Romano

STATUA-CUBO IN LEGNO

Legno, altezza cm 18,5
Saqqara, scavi di W. Emery ( 1964-1967)
Periodo Greco-Romano
Museo Egizio del Cairo – JE 91118

Questa piccola scultura lignea raffigura un uomo seduto a terra con le gambe ripiegate contro il petto, dal blocco massiccio del corpo emerge la testa.

Quest’opera singolare appartiene alla tipologia della statua-cubo, attestata, con alcune varianti, dal Medio Regno fino all’Epoca Tarda.

I personaggi ritratti in questa posizione sono solitamente funzionari di medio rango e le iscrizioni geroglifiche incise sui basamenti, sul pilastro dorsale e sulle ginocchia ne specificano titoli e mansioni.

A partire dal periodo ramesside si diffonde l’usanza di scolpire una piccola statua di divinità sulla parte frontale.

In questo caso, si tratta della raffigurazione di Ptah, il dio della città di Menfi che era venerato come creatore del mondo e patrono degli artigiani.

Il dio è raffigurato nella sua caratteristica iconografia, vicina ai canoni stilistici della statuaria arcaica: il corpo, sommariamente scolpito, appare avvolto in una guaina da cui escono solo le mani e la testa.

Fonte e fotografia

I Tesori dell’Antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Daniela Comand – fotografia Araldo De Luca -National Geographic – Edizioni White Star

Mai cosa simile fu fatta, Periodo Romano

IL FAYYUM

È una vasta oasi egiziana generata dal canale del Bahr Yusuf che si getta in una depressione che arriva a 45 m. sotto il livello del mare, creando i il Lago Quarum, l’antico Morris,, dalle acque salate.

In epoca egizia vi erano vaste paludi con una lussureggiante vegetazione e con abbondante e variegata fauna che ne facevano, ancora in epoca storica, un’ottima zona di caccia, privilegiata dai faraoni.

Il nome Fayyum viene dall’espressione usata dagli antichi Egizi per descrivere ” la regione del mare” (ossia il lago) pa tesh en pa iam.

In copto pa – iam divenne Phiom, “Il lago”, da cui deriva Fayyum ; un altro nome utilizzato dagli antichi Egizi fu To-She, il “Paese del Lago”.

La divinità principale del Fayyum era il dio-coccodrillo Sobek, che fu venerato sotto molte forme e molti nomi, specie in Epoca Tolemaica e Romana.

Nel Medio Regno i faraoni della XII Dinastia intrapresero una colossale opera di bonifica dell’oasi.

In Epoca Tolemaica la superficie coltivabile aumentò ulteriormente e si moltiplicarono fiorenti cittadine o villaggi agricoli, le cosiddette komai.

Tolomeo II vi insedio’, in posizione privilegiata, veterani e Greci del Delta, che introdusse la coltura della vite.

L’area prospero’ per secoli, finché, a causa dell”abbandono amministrativo in cui si dibatteva l’ Egitto del III secolo d. C., il lago, mal alimentato, si ridusse alle odierne dimensioni.

Le città furono i gran parte abbandonate, e le sabbie divennero padrone di molti campi.

La regione è ricca di siti archeologici.

Nell’area settentrionale del Fayyum si trovano gli importanti siti preistorici noti come ” Kom K” e “KomW”, dove lavorò Caton Thompson.

Assieme ai siti scavati nell’area di Qars El Sagghah dalla missione di Cracovia e, sul vicino altopiano, da Wendorf, essi hanno permesso di far luce sulla vita degli antichi abitanti della zona che alla fine del Paolitico è nel Neolitico crearono delle culture proprie, chiamate Qaruniano ( 8100 a. C. circa), Fayyumiano, Moeriano ( V e IV Millennio a. C.).

Fonte : Dizionario Enciclopedico dell’antico Egitto è delle città Nubiane – Maurizio Damiano – Appia – Mondadori.

Fotografie:

  • Piero Cargnino
  • Massimo Limoncelli edizioni Phaidon

I ritratti del Fayyum.

Sull’argomento vedi anche:

La serie di dipinti noti come ” ritratti del Fayyum”, dalla zona di maggiore diffusione del genere è un ricco corpus di volti dipinti su legno, risalenti all’epoca imperiale, che venivano inseriti all’altezza del viso, tra le bende delle mummie o sui sudari di lino che le ricoprivano.

Le usanze religiose e funerarie di tale pratica sono radicate nella lunga tradizione del sarcofago antropomorfo ma riflettono lo stile romano per la ritrattistica e il realismo iconografico.

A partire da Tiberio (14-37 d. C.), la produzione dei ritratti si affermerà finito alla fine del IV secolo d. C. come l’espressione artistica migliore della cultura egizio-romana.

Le tecniche pittoriche sono essenzialmente due: la tempera, che usa pigmenti mescolati con un collante solubile in acqua, e l’encausto, che invece prevede l’applicazione del colore emulsionato con cera fusa e calda.

Accanto ai ritratti dipinti su legno, continua la produzione delle maschere da mummia in cartonnage sviluppata nell’ Epoca Tolemaica ; il genere tendeva a con formarsi a tipologie convenzionali e prive dei tratti individualizzanti , ma dall’inizio dell’ Epoca Romana si ripetono nuove soluzioni tecniche e stilistiche, usando nuovi materiali, come il gesso.

Dall’ Epoca Romana, i due sessi sono differenziati dalle parrucche, gioielli e dai tratti somatici, la testa a volte è rialzata rispetto al busto, i volti sono generalmente quelli dei nuovi coloni, dei centurioni e delle loro famiglie.

Nella scala sociale, i romani erano l’élite , la minoranza privilegiata e facoltosa rispetto alla maggioranza dei nativi e agli Elleni, cosi erano definiti tutti i non – Egizi residenti in Egitto.

Osservando una pratica in uso in tutte le province romane, si facevano ritrarre secondo le mode correnti nella capitale dell’ Impero: dai monili alle acconciature, dal taglio della barba alla foggia dei vestiti, ogni dettaglio può contribuire a datare questi dipinti.

Non è chiaro se i ritratti fossero eseguiti in vita o dopo il decesso; la prima ipotesi è difficilmente sostenibile nel caso di bambini o adolescenti, e anche gli esami radiologici hanno rilevato sostanziali concordanza tra l’ età del defunto e il suo ritratto.

Dai segni di cornice individuati su alcuni pannelli si ritiene che i dipinti, al momento della morte della persona, fossero portati in processione e restassero poi appesi nelle case, come lari domestici.

Si suppone che anche le mummie seguissero la stessa sorte, esposte in apposite ” camere degli antenati” prima della sepoltura.

Sono noti anche modelli di sarcofago ad armadio, con ante apribili per consentire la visione completa della mummia.

Dei ritratti esistono anche varianti regionali, nello stile e nel profilo superiore dei pannelli : arcuato, tagliato agli angoli o seguendo la linea delle spalle, a seconda della tradizione locale di Hauara, er-Rubayat e Antinoopoli, per fare un esempio.

Attualmente, il numero dei ritratti del Fayyum ha superato il migliaio, tra pannelli interi e frammenti, e le ultime scoperte a el-Hibe, presso Tebe, e a el-Alanein, sul Mediterraneo, confermano la capillare diffusione di un genere artistico praticato con chiara aderenza alla realtà fisica da anonimi ” fotografi” ante litteram della tarda antichità.

Fonte e fotografie

I Tesori dell’ Antico Egitto nella collezione del Museo Egizio del Cairo – Maria Sole Croce – fotografie di Araldo De Luca – National Geographic – Edizioni White Star

Foto dal Web

Periodo Romano

LE CATACOMBE DI KOM EL-SHUQAFA

Le catacombe di Kom el-Shuqafa sono la necropoli greco-romana più grande dell’Egitto e si trovano ad Alessandria; sono venute alla luce nel secolo scorso nella località chiamata “collina dei cocci” per il gran numero di resti di vasellame trovati in loco.

Essendo rimaste in uso dall’epoca tolemaica fin quasi alla conquista araba (639 – 641 d. C.), offrono una panoramica interessante sull’evoluzione dell’arte funeraria dovuta alla fusione tra la cultura egizia e quella dei conquistatori macedoni e romani.
Esse furono probabilmente costruite come tomba privata per una grande famiglia, i cui proprietari sono forse rappresentati nelle due statue poste all’ingresso, ma in seguito vennero ampliate per ospitare numerosi altri individui.

DIPINTO PARIETALE –
Una dea alata (a destra) ed un’altra divinità a sinistra rendono omaggio alla salma mummificata del defunto; sulle colonne tronche Horus in forma di falco con la corona faraonica assiste alla scena. Sopra la mummia una ghirlanda tipicamente romana, sulla quale troneggia un disco solare alato. Fotografia di Clemens Schmillen a questo link: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=89186269

La necropoli sotterranea è scolpita nella roccia fino alla profondità di oltre 30 m. e si articola in tre livelli, l’ultimo dei quali è oggi completamente allagato ed inagibile, nei quali le mummie dei defunti venivano calate con funi attraverso un pozzo verticale e poi spostate a braccia al loro loculo.

Il pozzo attraverso il quale la mummia del defunto, mediante carrucole e corde, veniva calata ai piani inferiori della necropoli (probabilmente oltre al terzo, allagato, vene sono altri due). Fotografia di Rüdiger Stehn, a questo link: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58129187

Una scala immette al primo di essi, ove si trovano una sala rotonda centrale con soffitto a cupola ed un triclinium con sedute in roccia, dove si tenevano i banchetti in occasione dei funerali o delle commemorazioni dei defunti.

Da qui si aprono ben sei corridoi laterali contenenti un numero elevato di loculi e ad est una stanza con un altare situato al centro ed altri loculi nelle pareti; la parete centrale di questa camera contiene la scena greca di Ade che rapisce Persefone e quella egizia di Anubi che mummifica un cadavere.
Questa sala, detta “di Caracalla”, immette in un complesso funerario ancora più antico dedicato alla dea Nemesi, che restituiva gioia o dolore a seconda della condotta del ricevente, perseguitando soprattutto i malvagi e gli ingrati alla sorte.
Esso è diventato accessibile dalla camera principale quando alcuni ladri di tombe vi irruppero abbattendo il muro divisorio.

Sul terreno della camera gli archeologi hanno trovato moltissime ossa umane ed hanno ipotizzato che appartenessero alle vittime di un massacro di massa ordinato dall’imperatore romano Caracalla nel 215 d.C. per punire gli abitanti di Alessandria, colpevoli di essersi opposti ai romani e di avere fatto circolare una satira nella quale si insinuava che avesse fatto uccidere suo fratello Geta, con il quale divideva il potere, ed avesse un rapporto incestuoso con la madre Giulia Domna al pari di Giocasta, madre di Edipo.

Dalla rotonda, una rampa di scale conduce al piano intermedio , riccamente decorato da sculture e fregi il cui stile mostra la fusione tra lo stile egizio, quello romano e quello greco.

L’INGRESSO AL PIANO INTERMEDIO
Le due colonne fronteggiano un piccolo pronao nel quale si apre un ingresso rettangolare, sormontato da un rilievo del sole alato e fiancheggiato dai demoni serpentiformi con la doppia corona sopra i quali si notano due scudi con la testa di Medusa. Sullo sfondo il rilievo di Anubi che compie il rito della mummificazione, che troverete in una foto successiva. Fotografia di Rudiger Stehn condivisa con licenza Creative Commons via Wikipedia a questo link: https://commons.wikimedia.org/…/Category:Kom_el-Shoqafa… 

L’ingresso è fiancheggiato da due colonne. Sopra il passaggio è raffigurato un disco solare alato tra due falchi simbolo di Horus, ed ai lati due serpenti eretti che portano sul capo la doppia corona dell’Egitto e che rappresentano Agatodemone, uno spirito greco benevolo.

Scolpiti nella roccia sopra di loro, ci sono due scudi con teste di Medusa, che, secondo la mitologia greca, avrebbero pietrificato gli eventuali saccheggiatori; sul lato interno del portale due rilievi di Anubi vestito da legionario romani, con lancia, scudo e corazza sorvegliano l’ingresso.

RILIEVO PARIETALE.
Il demone serpentiforme con la doppia corona, sul quale si nota uno scudo con la testa di Medusa. Foto di Carole Raddato a questo link: https://www.flickr.com/…/50852698447/in/photostream/

In questo livello si trovano tre enormi sarcofagi in pietra di stile romano, con coperchi fissi ricavati nella roccia, e si ipotizza che i cadaveri venissero collocati all’interno attraverso un’apposita apertura.
Nelle pareti sopra i sarcofagi sono scolpiti tre pannelli a rilievo: quello centrale raffigura Osiride mentre viene mummificato da Anubi, sotto la supervisione di Thot e di Horus.

RILIEVO PARIETALE
Anubi sta compiendo riti sopra un corpo mummificato, deposto su di un letto funerario di forma leonina con la corona osiriaca; ai lati della scena Horus e Thot fanno offerte. Fotografia di Carole Raddato a questo link: https://www.flickr.com/photos/41523983@N08/50852698752/

I due pannelli laterali mostrano il toro Apis che riceve doni da un faraone sotto lo sguardo di Maat, che tiene la piuma della verità, usata per la cerimonia della psicostasia.
Nel mezzo della camera centrale vi è l’accesso per il terzo livello e da qui si ramificano in tutte le direzioni passaggi che conducono a stanze secondarie e corridoi contenenti oltre trecento loculi.

RILIEVO PARIETALE –
Dietro il sarcofago che si nota in primo piano, dalle tipice decorazioni romane (ghirlande e testa di bovino) un faraone sta facendo offerte al dio Apis, dietro il quale una dea allarga le ali con un gesto di protezione.
Fotografia di Clemens Schmillen a questo link: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=89186270

FONTI: