E' un male contro cui lotterò

LA PRIMA PROTESI

Di Andrea Petta e Franca Napoli

La protesi dell’alluce di Tabaketenmut, foto Univ. di Manchester

Verso la fine del secolo scorso, gli scavi dell’Istituto Tedesco di Archeologia del Cairo nella necropoli di Tebe Ovest (le cosiddette “tombe dei nobili) hanno portato alla luce un reperto straordinario. In una camera laterale aggiunta al termine di un pozzo della tomba TT95, originariamente scavata per Mery (Primo Profeta di Amon sotto Amenhotep II) sono stati ritrovati i resti di diversi corpi. Dal materiale funerario sopravvissuto ai predoni, è stato possibile datare la camera al III Periodo Intermedio, probabilmente durante la XXI Dinastia (per intenderci, quella di Psusennes I e della sua splendida maschera d’oro).

L’interno della tomba dove è stato ritrovata la mummia di Tabaketenmut. Foto Univ. di Basilea

Tra i corpi ritrovati, il più importante per la nostra rubrica apparteneva a Tabaketenmut, forse la figlia di un sacerdote; una donna morta all’età di circa 55 anni, alta 1,69 m e purtroppo devastata dai tombaroli. Il corpo era infatti spezzato in più parti, il cranio diviso dal torso e gli arti staccati. Entrambe le mani e la coscia sinistra sono andate perse per sempre.

Quel che rimane di Tabaketenmut, la “mummia con la protesi”, dopo la ricostruzione. Non sono state ritrovate le mani (probabilmente asportate per gli anelli) e la coscia sinistra. 

All’esame paleopatologico, una grande sorpresa: l’alluce del piede destro era stato amputato in vita: il moncherino presentava infatti uno strato di tessuto molle, compresa la pelle. Non solo: sul piede è stato anche ritrovata anche la protesi che aveva sostituito l’alluce durante la vita di questa ignota signora. È la protesi ortopedica più vecchia di cui si abbia conoscenza, datata intorno al X secolo BCE.

La protesi come è stata ritrovata sul piede della mummia
Il moncherino è netto, con evidenza di perfetta guarigione

La protesi è formata dal “dito” vero e proprio, in legno colorato e lungo 12 cm, e due piastre in legno di 4 cm ciascuna, collegate al dito da sette lacci in cuoio per permetterne una sorta di articolazione. Il dito è perfettamente modellato, compresa una riproduzione dell’unghia sulla parte superiore. Il gruppo protesi/piastre era poi legato con del tessuto di lino al resto del piede per fissarlo strettamente in posizione. Questa pratica soluzione consentiva di camminare senza eccessivi problemi. I segni di usura sotto l’alluce prostetico ci rivelano che la protesi è stata usata per molto tempo.

Il lato inferiore della protesi è chiaramente consumato dall’uso, un indizio che la protesi sia stata effettivamente utilizzata in vita e molto a lungo

Ma cosa ha causato l’amputazione dell’alluce?

Le radiografie hanno mostrato una demineralizzazione del metatarso corrispondente all’alluce amputato, non imputabile ad osteoporosi. Inoltre, una TAC effettuata alle gambe della mummia ha rivelato delle calcificazioni delle arterie, come anche su un tratto di aorta ritrovato intatto (macro- e microangiopatia). L’amputazione, inoltre, è netta, quindi la natura traumatica dell’amputazione è molto improbabile – anche se non abbiamo la certezza assoluta che sia stata un’amputazione chirurgica.

La radiografia con segni di demineralizzazione del metatarso corrispondente all’alluce amputato

Il quadro clinico che si può intuire da questi esami suggerisce quindi un’angiopatia centrale e periferica, probabilmente derivante dal diabete (“piede diabetico”), che abbia portato all’ischemia gangrenosa dell’alluce ed alla sua amputazione chirurgica.

Una soluzione molto brillante – nonché efficace – ed una esecuzione perfetta, anche nella protesi.

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ORTOPEDIA

Di Andrea Petta e Franca Napoli

FRATTURE

Abbiamo visto che la diagnostica delle fratture era già molto evoluta nell’Antico Egitto, con termini diagnostici già molto moderni. Ovviamente non potevano contare sulle attuali radiografie, ma l’uso di un termine onomatopeico per indicare la crepitazione ossea (il rumore percepibile muovendo una superficie ossea fratturata) ci suggerisce che fosse il sintomo principale – ed estremamente doloroso per il paziente! “anche se (il paziente) ne avrà grande paura” viene infatti menzionato nel Papiro Edwin Smith – utilizzato per diagnosticare una frattura.

E non era sicuramente un evento raro.

Studiando circa 6,000 corpi provenienti dalla regione di Assuan, Wood Jones trovò una percentuale molto alta di fratture – circa il 3% di tutte le mummie esaminate – soprattutto di radio ed ulna (31%), ma anche di clavicola (13%) e femore (10%). Elliot Smith, probabilmente il più grande esperto di mummie egizie del secolo scorso, attribuì questa elevatissima percentuale all’uso del bastone, sia in battaglia che nella vita quotidiana (!).

Sir Grafton Elliot Smith (1871–1937), il primo anatomista ad utilizzare tecniche radiografiche per studiare le mummie egizie. Sviluppò una sorta di venerazione per l’Antico Egitto, da cui (secondo la sua teoria dell’iperdiffusionismo) si sarebbero diffuse le principali innovazioni del mondo antico.

Straordinariamente, molte delle fratture riscontrate erano perfettamente saldate “tanto da distinguere a malapena le linee di frattura” (Nunn, 1995) grazie all’uso di tecniche di steccaggio che hanno poco da invidiare ai gessi moderni.

Fratture perfettamente ricomposte di omero, ulna, radio, femore, perone e tibia scoperte su mummie nubiane (sud della prima cataratta). Da: Jones FW. Some Lessons From Ancient Fractures. Br Med J. 1908 Aug 22;2(2486):455-8

Sempre il solito Elliot Smith ha analizzato i ritrovamenti in una tomba di Naga ed Deir, risalente alla V Dinastia, dove sono state ritrovate due mummie con fratture di radio, ulna e femore ancora steccate. Le stecche in corteccia erano sagomate e non piallate per mantenerle concave ed aderire perfettamente all’arto, legate strettamente con più strati di bende di lino (sovrapposte ed incrociate) con l’ultimo strato legato con un nodo piano, ottimo per tenere ben stretta la fasciatura e contemporaneamente facile da sciogliere.

Steccaggio di radio ed ulna, Naga ed Deir. Da notare la forma concava delle stecche per aderire meglio all’arto

Steccaggio del femore, Naga ed Deir. Da notare il bendaggio molto stretto con le bende sovrapposte perpendicolarmente ed il nodo piano di chiusura.

In questo caso, purtroppo, il paziente non sopravvisse all’incidente che evidentemente aveva avuto, ma Elliot Smith notò nei suoi scritti che “…i medici egizi avevano adottato tecniche che servivano mirabilmente al loro scopo…

SLOGATURE

Il lavoro dell’ortopedico non si limitava alle sole fratture.

Nel papiro Edwin Smith viene descritta la riduzione di una dislocazione della mandibola (“…trovi la sua bocca aperta e la sua bocca non si può chiudere…”) e la manovra è descritta in maniera talmente perfetta (“…posizionerai le tue dita sui rami della mandibola dentro la bocca, con i pollici sotto il suo mento, e spingerai la parte posteriore verso il basso fino a quando non tornerà nella sua posizione corretta.”) da sembrare uscita da un libro moderno, se non fosse che oggi si usano i pollici per fare più forza internamente..

La moderna manovra di riduzione della lussazione della mandibola. Rispetto al Papiro Edwin Smith sono invertire le posizioni di pollice e delle altre dita, ma la manovra è identica.

Dalla tomba di Ipwi (che abbiamo già incontrato nelle patologie oculari) ci è invece pervenuta un’immagine di quello che sembra la prima fase della manovra di Kocher per la riduzione della dislocazione della spalla (braccio ruotato verso l’esterno per allungare i muscoli pettorali prima di portare in avanti il gomito sul petto e ruotare l’avambraccio verso la spalla opposta per completare la riduzione).

Il rilievo cosiddetto “del catafalco” dalla tomba di Ipwi ed il particolare ingrandito con quella che sembra a tutti gli effetti essere una manovra di riduzione della lussazione della spalla. Notare la somiglianza con le prime due fasi della manovra di Kocher.

Nonostante le (ovvie) discussioni sul fatto che si tratti effettivamente di una manovra ortopedica, i moderni ortopedici egizi ne sono così certi da averne fatto il logo della loro società scientifica. Un collegamento diretto tra il passato ed il presente.

Il logo della società scientifica che raduna gli ortopedici egiziani