E' un male contro cui lotterò

UNA TERAPIA STRAORDINARIAMENTE MODERNA

Di Andrea Petta e Franca Napoli

Tra le patologie trattate nel Papiro Ebers si trovano le cosiddette “inm”, apparentemente malattie che affliggevano la colorazione della pelle e catalogate nella sezione delle ustioni.

Una delle prescrizioni per queste “ustioni” prevede l’uso dell’estratto di una pianta, identificata come l’Ammi maius (visnaga maggiore o “pianta del vescovo”) e l’esposizione al sole del malato. L’opinione corrente è che la malattia possa essere identificata come la vitiligine e che l’effetto descritto sia la depigmentazione della pelle dovuto alla distruzione autoimmune dei melanociti.

L’Ammi maius o “pianta del vescovo”
 
Gli effetti della vitiligine, accomunati dai medici egizi a quelli delle ustioni

Ma cosa c’è di tanto moderno in questa terapia?

Innanzitutto è stata “dimenticata” per millenni. Solo nel 1948 è stato scoperto il principio attivo contenuto nell’Ammi maius, curiosamente da un chimico egiziano. Si tratta di una sostanza nota come 8-metossipsoralene (abbreviato 8-MOP), che ha una caratteristica molto particolare. L’8-MOP si “infila” tra le due eliche del DNA, ma rimane del tutto inerte fino a quando non viene esposto ai raggi UV (come quelli del sole…); a quel punto si lega ad entrambe le eliche e le “incatena”, non permettendo la replicazione del DNA e quindi la proliferazione cellulare. Nelle malattie autoimmuni (ma anche in altre importanti patologie, come il rigetto d’organo) questo impedisce che le cellule che stanno aggredendo il nostro stesso organismo si moltiplichino e, anzi, vengano riconosciute dal nostro sistema immunitario come nocive.

L’8-MOP (in blu) ed il suo legame “incatenante” con il DNA

AI giorni nostri, siamo riusciti a “raffinare” enormemente questa tecnica. Oggi vengono raccolte le cellule responsabili di questa “aggressione” (i linfociti) con un separatore cellulare (simile a quelli usati per la donazione di plasma o piastrine) in modo da esporre all’8-MOP e irradiare solo queste cellule, che vengono poi reinfuse al paziente cercando di bloccare la reazione auto-distruttiva od il rigetto del trapianto. Il campo d’azione è stato allargato anche al trapianto di cellule staminali da donatore (trapianto allogenico) quando le cellule trapiantate “aggrediscono” il paziente, oltre al tumore (la cosiddetta “Graft versus Host Disease” o malattia del trapianto contro l’ospite).

Moderni separatori cellulari ed una raccolta di linfociti da esporre all’8-MOP e irradiare

C’è ancora moltissimo da studiare e scoprire in questo campo, ma è assolutamente incredibile che i medici egizi, senza le conoscenze scientifiche necessarie ma solo con l’osservazione empirica, avessero mosso i primi passi in questa direzione ed avessero “inventato” la fototerapia.