Di Andrea Petta e Franca Napoli
Sicuramente quella dei medici egizi è stata la prima farmacopea tramandataci; non solo: la stessa parola “farmacia” potrebbe, secondo alcuni studiosi, provenire dal termine egizio “ph-ar-maki”, ossia “Colui che induce sicurezza” – uno degli attributi del dio della conoscenza Thot.

Resta comunque il fatto che il solo Papiro Ebers contenga ben 400 ingredienti diversi; numero che sale a oltre 500 considerando anche gli altri papiri medici. Come abbiamo visto in alcuni dei rimedi proposti, i componenti delle prescrizioni potevano essere di origine minerale (il natron, il sale, la malachite, i lapislazzuli ad esempio), animale (miele, latte, carne, fegato sangue, placenta, grasso, ma anche feci ed urine) ed in larga parte vegetale
Una delle cose che colpisce delle prescrizioni egizie è il fatto che gli ingredienti fossero misurati, non pesati. Spesso sono indicati come proporzione del totale (“un terzo di…un sesto di…”) Questo è uno dei motivi per cui la famosa iscrizione sul tempio di Kom Ombo, che mostra quelli che sarebbero strumenti chirurgici ma anche una bilancia, potrebbe riferirsi a tutt’altra pratica rispetto a quella medica.

L’unità di misura egizia per quanto riguarda i volumi era l’heqat, un “barilotto”, corrispondente più o meno a 4.8 litri. Per gli usi medici era però poco pratica, per cui si utilizzava normalmente l’henu o hin, ovvero un decimo di heqat (una “giara” = 480 ml) oppure il ro (1/320 di hegat = 15 ml) corrispondente tradizionalmente ad una “sorsata” di un liquido – tanto che il suo simbolo in geroglifici è quello della bocca (Gardiner D21).

Quando il simbolo della bocca è scritto SOPRA un numero, il numero indica il denominatore di una frazione (ad esempio: se trovate un simbolo D21 sopra al numero 8, vuol dire un ottavo).
Quando il simbolo della bocca è scritto SOTTO un numero, quel numero indica un multiplo, nel caso delle prescrizioni mediche i multipli di ro (ad esempio: se trovate un simbolo D21 sotto al numero 8, vuol dire 8 ro = 120 ml)

Curiosamente, nelle prescrizioni egizie non si fa mai riferimento ad altre unità di misura come il dja, corrispondente a 20 ro (=300 ml circa).

Gli ingredienti potevano essere cotti, triturati, miscelati o lasciati in infusione, fino a preparare il “prodotto finale” che poteva essere somministrato come pozione, gargarismo o risciacquo, infusione, decotto, pillola, pastiglia, cataplasma, unguento, pomata, collirio, inalazione, fumigazione, supposta, clistere, tampone o irrigazione vaginale.
Spesso la ricetta indica anche la durata del trattamento, e a volte la temperatura a cui andava somministrato (“bevuto alla temperatura del dito”, Ebers 799) esattamente come in una prescrizione moderna.
Un’ultima nota riguarda il fatto che i medici egizi potrebbero aver usato inavvertitamente principi attivi anche di una certa entità a causa della (ovvia) mancanza sia di competenze sia di “controlli di qualità”. Il caso più eclatante riguarda il ritrovamento di tetraciclin (una famiglia di antibiotici utilizzati tuttora) in mummie del periodo tolemaico/romano. È stato ipotizzato in questo caso una contaminazione da streptomiceti (che producono naturalmente le tetracicline) nella produzione della birra. Mai come in questo caso chi beveva birra…campava cent’anni, come in un famoso spot di qualche decennio fa.
NOTA 1: gli Egizi conoscevano, come sappiamo, le frazioni – molti di voi ricorderanno che l’wedjat o occhio di Horus fu il primo modo di scrivere le frazioni, indicando la parte interna dell’occhio ½, la pupilla ¼, il sopracciglio 1/8, la parte esterna 1/16, il ricciolo curvo 1/32 ed il “piede” 1/64. Va però notato che gli egizi non concepirono mai una frazione il cui numeratore non fosse 1, ed il denominatore molto raramente diverso da una potenza di due (le uniche eccezioni furono 1/3, 2/3 e ¾).
NOTA 2: secondo alcuni studiosi di paleomedicina, il simbolo tuttora usato per indicare una prescrizione medica (la “R” maiuscola – dal latino “recipe” = ricetta – la cui gamba diagonale si prolunga e forma una “x”, ꝶ) deriverebbe dall’Occhio di Horus
