Cose meravigliose

FACCIAMO VEDERE AI FRANCESI CHI SIAMO!

Di Andrea Petta

BERNARDINO DROVETTI

Lo abbiamo già visto alle prese con Belzoni e Salt; è stato il loro “arcinemico”, ma anche molto più di questo.

Piemontese ma di mentalità francese, francese ma di cultura italiana, italiano ma “naturalizzato” egiziano, Drovetti è stato forse il primo a pensare ad un Egitto libero da tutti i Paesi colonizzatori, anche dalla Francia.

Bernardino Michele Maria Drovetti era nato nel 1776 a Barbania, vicino a Torino. Figlio di un notaio si era laureato in Legge a Torino ma si era presto rivelato un figlio ribelle, arruolandosi nell’esercito napoleonico. Drovetti è affascinato dalle idee rivoluzionarie francesi e dalla figura carismatica di Napoleone. Nella battaglia di Marengo si distingue a tal punto da essere promosso capo di stato maggiore facendo scudo a Murat e perdendo alcune dita della mano. Lo stesso Murat lo segnala a Napoleone, che nel 1802 gli affida l’incarico di sottocommissario alle Relazioni commerciali ad Alessandria d’Egitto.

L’incarico è altisonante ma lontano da Parigi; il Console Generale De Lesseps, che sulla Senna vuole tornare di corsa, gli molla volentieri l’incarico e parte. Drovetti vorrebbe seguirlo, ma si innamora di tale Rose Ray Bathalon che, ahimè, è già sposata. Rose chiede il divorzio, ma i documenti non arrivano dalla Francia. E Bernardino rimane in Egitto. Meglio per noi.

Drovetti in realtà ha anche un ruolo nello spionaggio francese e diventa grande amico del Pasha d’Egitto Muhammad Ali dopo avergli salvato la vita da un attentato inglese (evidentemente è la sua specialità). Questa amicizia gli verrà molto utile nelle relazioni locali, ma sarà fonte di invidia e di astio soprattutto nei confronti degli Inglesi.

Stampa tratta dal volume “Voyage dans le Levant” di Louis De Forbin, stampato nel 1819 a Parigi. È rappresentato al centro Bernardino Drovetti con intorno il suo gruppo di scavo: l’ex-militare Antonio Lebolo, lo scultore Jean-Jacques Rifaud, il mineralogista Frédéric Caillaud, l’artista Louis De Forbin, Giuseppe Rosignani

Dopo Waterloo perde il suo incarico, e si reinventa commerciante di antichità, in diretta concorrenza con Salt e Belzoni, con cui all’inizio era anche in buoni rapporti. Come abbiamo visto Il “furto” di un obelisco da parte di Belzoni terminerà l’amicizia tra i due, e si rischia l’incidente diplomatico con Salt.

Drovetti è un carattere molto “moderno”; credeva negli ideali della rivoluzione e li trasla nella liberazione dei popoli dal colonialismo. Approfittando dell’amicizia del Pasha organizza una specie di Erasmus in Francia per gli studenti egiziani meritevoli, convince il Pasha della necessità della vaccinazione antivaiolosa per tutti e sovrintende la costruzione del Canale che collega Alessandria al Cairo. Fa arrivare delle pecore merinos dal Piemonte; per ricambiare il Pasha dona ai Savoia un elefante indiano (Fritz) che farà mostra di sé a Stupinigi ed avrà una storia tragica. I suoi meriti gli fanno riconquistare il Consolato di Francia (e di Russia, misteri dell’epoca), ma lo stipendio da Parigi arriva a singhiozzo.

Ci aveva provato Drovetti ad Abu Simbel prima di Belzoni, “firmando” anche lui il sito; ma niente bakshish, niente operai… Un altro episodio che alimenterà la rivalità tra i due

Drovetti decide allora di mettere in vendita la sua collezione di 8000 pezzi che comprende 169 papiri. 102 mummie, 95 statue di grande valore. Tra i papiri spicca il Canone Reale, che è alla base della cronologia egiziana e che magari vedremo con l’attenzione che merita, mentre tra le statue c’è una meraviglia di Ramses II ed un colosso notevole di Sethi II. La collezione viene offerta ovviamente al Louvre, ma non se ne fa niente; troppo cara. Inoltre, pare che i nuovi reali francesi, già indispettiti dalla “fede” napoleonica di Drovetti, temano le ire del Vaticano che considera le antichità egizie in contrasto con cronologia e storia biblica.

Una delle statue più famose della Drovettiana, Ramses II. Basanite nera, altezza (senza basamento) 194 cm, larghezza 70 cm – da Karnak, tempio di Amon. In piccolo il sesto figlio Amonherkhepeshef, dall’altra parte è rappresentata Nefertari.
“Re guerriero, con un elmetto, di grandezza naturale, che esige delle ristorazioni per riunire i pezzi staccati. Questa statua in granito è curiosa per i suoi accessori e lo stile”

Il colosso di Sethi II sano e salvo a Torino. E’ la statua più alta del Museo, ed ha una gemella al Louvre. Arenaria – ritrovata nella prima corte del tempio di Karnak. Altezza cm 516 (!)
Il frontespizio del catalogo su cui verterà la contrattazione con Carlo Felice ed il regno sabaudo

Un viaggiatore piemontese, Carlo Vidua, vede la raccolta a Livorno e ne parla a Torino. Il re Carlo Felice ne è entusiasta; nel clima del suo regno (“facciamo vedere ai francesi chi siamo!”) nel 1823 acquista la collezione per una cifra enorme: 400 mila lire, pari a circa 700 milioni di euro attuali. Per fare un paragone, equivalgono a 8 volte il prezzo pagato da Soane per il sarcofago di Sethi I. La collezione approda a Genova, poi viene trasportata via terra a Torino. Si narra che sul passo dei Giovi si sentano ancora le “benedizioni” di chi trasportava il colosso di Sethi I.

Il Canone Reale si frantuma nel viaggio, sarà oggetto di restauri e polemiche. I reperti vengono accolti nella Reale Accademia delle Scienze che diventa il primo museo al mondo interamente dedicato all’antico Egitto, l’8 novembre 1824.Tra i primi visitatori ci sarà Champollion, che vuole verificare i suoi progressi nella traduzione dei geroglifici.

Drovetti morirà nel 1852, povero in canna dopo aver dilapidato la rendita derivante dalla vendita della sua collezione e alle prese con una malattia mentale che rese penosi i suoi ultimi anni di vita. Dispone l’autopsia sul suo corpo nel testamento per essere certo di non essere sepolto vivo.

Il busto di Drovetti a Barbania, copia della busto in bronzo sulla tomba a Torino

Sulla sua tomba le parole:

Qui giace Bernardino Drovetti F. di Giorgio, insignito di molti ordini e ascritto a molte accademie d’Europa

Nato a Barbania il 7 gennaio 1776, morto in Torino il 9 marzo 1852Fu dottore in ambe leggi, reggente il Ministero di Guerra, uffiziale e console generale di Napoleone I in Egitto

Promosse colà il progresso e vi raccolse preziosi monumenti onde si creò il Museo Egizio, precipuo ornamento di questa città

Morì qual visse: benefico, chiamando i poveri a suoi eredi.

A Drovetti dobbiamo il rispetto per chi, nonostante il pensiero coloniale dell’epoca, riuscì a contribuire allo sviluppo egiziano. I suoi metodi non furono dissimili dai suoi coevi: antiquario e collezionista più che archeologo, saccheggiatore più che conservatore. Ma alla sua raccolta ed a Carlo Felice dobbiamo il nucleo centrale del nostro Museo Egizio – che, ricordiamocelo, è secondo solo a quello del Cairo.

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