Di Andrea Petta e Franca Napoli
PAURA DEI SERPENTI?
La beneamata Bibbia non è sicuramente il primo libro a parlare del ruolo ambiguo dei serpenti nei confronti dell’uomo: nella mitologia egizia è infatti Apophis a sbarrare la strada al sole nel suo viaggio notturno (si veda https://laciviltaegizia.org/2021/09/15/apep-o-apophis/), ed il Libro dei Morti riporta diversi incantesimi per allontanare i serpenti dal viaggio ultraterreno del defunto.

Ma il ruolo dei serpenti nella medicina egizia è duplice: la dea Mertseger appare infatti in forma di serpente e veniva invocata per guarire gli ammalati. Il processo della muta, con il cambio della pelle dei serpenti, inizia infatti nella cultura egizia ad avere significato di rinascita e di guarigione, un ruolo che troverà il suo simbolismo definitivo nella cultura ellenica con Esculapio ed il caduceo, tuttora simbolo della medicina.


Curiosamente, né il Papiro Ebers né il Papiro Edwin Smith menzionano i serpenti. La nostra conoscenza dell’approccio medico ai morsi di questi rettili deriva dai Papiri Brooklyn (47,218.48 e 47,218,85), e c’è un motivo ben preciso: i serpenti non erano competenza dei medici “swnw”, ma dei sacerdoti di Serqet, come gli scorpioni.

I Papiri Brooklyn elencano ben 21 tipi diversi di serpenti, con le loro descrizioni, come appaiono i loro morsi, a quale divinità sono eventualmente associati e le loro abitudini – tutto al fine di identificare il serpente e su questa base definire prognosi e trattamento. Praticamente un manuale moderno di ofiologia in tutto e per tutto, tanto che, nonostante i nomi egizi, gli esperti sono riusciti ad identificare la maggior parte delle specie descritte
Hathor, divinità benevola, è associata ad esempio ai colubridi, di norma non velenosi, mentre Sobek (il dio-coccodrillo) e Seth sono associati ai serpenti più velenosi. Sobek è associato al cobra nero del deserto (Walternissia aegyptia) ed alla vipera cornuta persiana (Pseudocerastes persicus).


E, naturalmente, è citato Apophis (o Apep), la cui identità rimane però misteriosa. Viene descritto (diversamente dalle rappresentazioni del Libro dei Morti) come “interamente rosso, con il ventre bianco e quattro denti, il cui morso provoca una morte veloce”. Si è pensato al cobra egizio (Naja haje), ma non corrisponde alla descrizione fisica, anche se una variante araba è effettivamente rosso-arancio; il mistero rimane…


Tra i sintomi dei morsi, la mancanza di gonfiore indica una prognosi benigna (“non è un morso pericoloso; la carne non si gonfia”), mentre la zona morsa da una vipera cornuta “appare come uva secca” (necrosi dei tessuti?) ed è un male contro cui lottare.
La febbre è il sintomo più riportato, insieme al sanguinamento per alcune specie (riconoscendo l’effetto anticoagulante del veleno di vipera); ovviamente i sintomi riconosciuti come più gravi comprendono la difficoltà nel respirare, la cecità ed il coma (“la sua testa non comprende più ed i suoi occhi diventano ciechi”).
Un oscuro metodo prognostico viene descritto: “acqua, pianta djais (?) e carne dell’animale kady (?), mescolati e dati al paziente morso: se li vomiterà, morirà”. Peccato non avere identificato gli ingredienti.
Il trattamento è ambiguo: si parla di “incidere il morso/ferita con il coltello ‘des’ molte volte il primo giorno e farlo sanguinare. Applicare sale o natron e bendare la ferita con esso”, ma non è prescritto per tutti i morsi. L’effetto osmotico del natron riduce il gonfiore e viene sfruttato ancora oggi con il magnesio solfato. Il trattamento “farmacologico” prevedeva un centinaio di ingredienti diversi, ma quello ricorrente erano le cipolle mescolate a natron e birra (i bulbi di Crinum, – un parente degli amarilli – simili a quelli delle cipolle, sono tuttora usati come rimedio in Africa occidentale). L’uso della cipolla rientra anche nelle invocazioni a Ra, Horus e soprattutto Serqet – divinità fondamentale come abbiamo visto nel caso di scorpioni e serpenti.

Come abbiamo visto, non tutto ciò che è legato ai serpenti è negativo, come nella tradizione ebreo-cristiana: ricordiamoci infatti che il cobra egizio raffigurato nell’ureo è il simbolo della dea Wadjet, una delle più antiche del pantheon egizio, e rappresenta il Basso Egitto nei simboli della regalità del Faraone.

L’ureo di Sesostri II, conservato al Museo Egizio del Cairo. Si veda al riguardo anche: https://laciviltaegizia.org/2021/09/26/lureo/
Nella tradizione – ma probabilmente non nella realtà – sarà infine un serpente, identificato di volta in volta come una vipera o un cobra, a mettere simbolicamente fine all’Egitto dei Faraoni decretando la morte di Cleopatra VII (che Faraone non fu mai, ma la cui fine coincise in pratica con la trasformazione dell’Egitto in provincia romana).
