Di Franca Loi

Deir el-Medina racconta una storia che parla della quotidianità di persone che lavoravano al servizio dei sovrani dell’antico Egitto. Sono artigiani (oggi verrebbero definiti “artisti”) che svolgevano un compito di fondamentale importanza per la storia dell’antico Egitto: costruivano, decoravano e tutelavano le tombe sia della Valle dei Re e della Valle delle Regine, sia l’area conosciuta come ” Tombe dei Nobili.


Fonte: C. Le Blanc, A. Siliotti e prefazione di M. I. Bakr.
Nefertari e la Valle delle Regine. Giunti, Firenze, 2002
Il villaggio, fondato intorno al 1500 a.C., e abitato da circa 500 persone, era ben strutturato e molto funzionale; aveva un’estensione di circa 2.000 ettari ed era protetto da un muro di cinta. L’ordine e la protezione di tutti gli abitanti erano assicurati da “posti di polizia” situati alle due uscite del villaggio in modo che gli artigiani potessero tranquillamente andare al lavoro lasciando le famiglie nelle loro case. Fu abitato per tutto il nuovo Regno.Con l’avvento della XXI dinastia il villaggio fu abbandonato allorché si conclusero le costruzioni delle due necropoli.
Cappella funeraria di Sennedjem
Poco ad ovest del villaggio vi sono circa 40 tombe di artisti e capi artigiani risalenti alle dinastie XVIII, XIX E XX e un piccolo tempio di epoca tolemaica. Quella di Sennedjem, artigiano della XIX dinastia, è una tomba che ci è giunta quasi intatta, con decorazioni, mobili, vasi, alimenti e fiori secchi.


Nelle decorazioni delle proprie tombe, gli operai addetti alla preparazione degli ipogei della Valle dei Re e delle Regine, adottano uno stile lontano dai canoni ufficiali, come dimostrano le vivaci scene in cui Sennedjem e la moglie Lyneferti si sono fatti rappresentare in momenti di vita vissuta.

I temi decorativi sono focalizzati sulla realtà della vita quotidiana e ultraterrena del defunto “delle cui spoglie Anubi (con testa canina) procede all’imbalsamazione”.

La bellezza delle pitture sono uno dei migliori esempi di Deir-el Medina.
Notevole è la scena mitologica del gatto a forma di Ra che spezza il serpente, Apopolis: simbolo del male.


Sennedjem e la moglie Lyneferti lavorano nei Campi di Iaru 
Sennedjem governa l’aratro trainato da due giovenche pezzate; nel registro inferiore sono disegnati sicomori, palme da datteri e palme dum, plante tipiche dell’Egitto. 
I campi Ialu erano Il regno di Osiride nell’aldilà, dove potevano accedere i defunti dopo il giudizio e l’assoluzione (psicostasia). In questo “aradiso dei beati” il defunto coltivava i campi di Osiride.
Le decorazioni seguono le tappe dell’esistenza e gli episodi di vita vissuta fino all’atto finale dell’esistenza. Tutto ciò rappresenta sicuramente una società che si va evolvendo: l’uomo egizio tende ad esprimere la propria individualità e la pittura, anche se perde accuratezza e precisione, riesce ad esprimere la realtà della vita, a volte sorretta da una variegata e vivace descrizione dei personaggi.


In legno dipinto e verniciato stringe fra le mani gli emblemi tit e djed. Sulla tipica parrucca ramesside si stende la figura protettrice di Nefti, cui corrisponde, sotto i piedi, l’immagine di Iside. Porta una collana-usekh. Al di sotto, la dea del cielo Nut, alata e inginocchiata, introduce la lunga iscrizione centrale in cui si invoca il suo nome. Nei riquadri centrali campeggiano altre figure di divinità

UNA CURIOSITÀ:
per la qualità delle pitture parietali della tomba, particolarmente ricche di decorazioni, con scene tratte dal libro dei morti, è stata ipotizzata la stessa mano di artista che aveva decorato la tomba di Nefertari.


FONTE:
STORICA- NATIONAL GEOGRAPHIC
VIAGGIO NELL’EGITTO DEI FARAONI-ISTITUTO GEOGRAFICO DE AGOSTINI
ANTICA TEBE
WIKIPEDIA
ARALDO DE LUCA

