Di Piero Cargnino

Parliamo ora di quello che può essere considerato a tutti gli effetti l’ultimo, vero faraone del Nuovo Regno, l’ultimo ad esercitare appieno il potere regale sulle Due Terre. I suoi nomi principali erano Ramses-Hekainnu (Nato da Ra-Signore di Iunu [Eliopoli]) e Usermaatra-Meriamon (Potente è la Maat di Ra-Amato da Amon).
Figlio di Sethnakht e della Grande Sposa Reale Tiy-Mereneset regnò per oltre 30 anni su di un Egitto in piena decadenza politica ed economica dovuta a varie crisi interne che si sommarono a invasioni straniere.

Le notizie più importanti che riguardano Ramses III ci provengono dal Papiro Harris I la cui composizione fu ordinata da suo figlio Ramses IV. Altre fonti che ci parlano di questo sovrano le troviamo nel “Papiro giuridico” (o Della Congiura dell’Harem) conservato nel Museo Egizio di Torino. Il papiro descrive i processi svolti contro i cospiratori che assassinarono Ramses III durante la cosiddetta “Congiura dell’Harem” ordita dalla sua sposa secondaria Tiye e dal figlio Pentaur, ma di questo parleremo in seguito. Della congiura parlano anche altri due papiri, il “Papiro Rollin” ed il “Papiro Lee” che analizzano l’episodio sotto l’aspetto magico elencando le varie magie utilizzate dai cospiratori citando poi le pene inflitte (la pena di morte).
Altre notizie riguardanti Ramses III le troviamo anche nelle numerose iscrizioni e rilievi presenti nel suo tempio funerario di Medinet Habu dove viene riportata la descrizione della sua incoronazione:
<<…….quattro colombe giunsero dai quattro angoli dell’orizzonte per confermare che l’Horus vivente, Ramses [III] è (ancora) in possesso del Suo trono, e che l’ordine di Maat prevale nel cosmo e nella società…….>>.

Durante il suo regno Ramses III si trovò suo malgrado coinvolto in quello che viene definito “medioevo ellenico”. Un periodo che inizia intorno al 1200 a.C. in cui le popolazioni elleniche in generale si trovarono coinvolte, dapprima l’invasione dei Popoli del Mare poi la discesa dei Dori che causarono la fine della civiltà micenea per poi protrarsi fino alla nascita delle “Poleis” nell’800 a.C.; è in questo periodo che si inserisce anche la guerra di Troia. Anche l’Egitto risentì delle scorribande dei nomadi libici poi dei Popoli del Mare.
Fu nell’ottavo anno di regno di Ramses III che questi popoli, in gran parte Filistei, Danuna, Shardana e Mashuash, invasero la Palestina sconfiggendo gli ittiti e distruggendo le città di Karkemish e Ugarit e, dopo aver occupato Cipro tentarono di invadere l’Egitto sia per mare che via terra. Ma, come abbiamo detto sopra, Ramses III era un vero faraone, l’ultimo del Nuovo Regno, sconfisse i nemici in due epiche battaglie, la sua potente fanteria ricca di carri, li respinse nel Sinai mentre la flotta egizia li sconfisse quando questi tentarono di penetrare nei canali del Delta.

Ancorché meno esperti come uomini di mare, l’astuzia di Ramses III emerse in tutta la sua grandezza, schierò grandi formazioni di arcieri lungo le coste col risultato di tenere lontane le navi nemiche che vennero a trovarsi sotto una grandinata di frecce che impedivano l’approdo, quindi le navi egizie attaccarono le altre navi agganciandole con ramponi per trascinarle via. Infine nel combattimento corpo a corpo i guerrieri egiziani sbaragliarono i nemici. La battaglia è raccontata dallo stesso Ramses III che la fece incidere sulle pareti del suo grande tempio di Medinet Habu:
<<……. Quanto a coloro che hanno raggiunto il Mio confine, il loro seme non è più. Quelli che hanno avanzato insieme sul mare, la barriera di fiamme era davanti ad essi alle foci del fiume e una staccionata di lance li circondò sulla riva, li prostrò sulla spiaggia, [li] abbatté……..>>.
E Ramses III, paragonandosi a Montu il dio della guerra, continua:
<<……. fu preparata una rete per intrappolarli, e quelli che entrarono nelle foci del fiume vi rimasero presi e cadevano dentro, erano infilzati sul posto, massacrati, e i cadaveri fatti a pezzi…….>>.

Questi avvenimenti purtroppo incisero sull’economia del paese ed ingenerarono lotte intestine che neppure Ramses III, tanto meno i suoi successori, riusciranno a fermare, il declino dell’Egitto proseguirà per oltre un secolo fino alla fine della XX dinastia e con essa del Nuovo Regno. Ramses III soggiogò i Popoli del Mare riducendoli a suoi sudditi e, a suo dire, li fece stanziare a sud di Canaan; a questo proposito non esistono prove a sostegno. Secondo alcuni Ramses III non riuscì ad impedire che i popoli del mare si stanziassero a Canaan quindi tollerò la cosa dichiarando che era frutto di una sua personale deliberazione. Fu così che Ramses III dovette subire la formazione di nuovi Stati nella regione dove nacque la cosiddetta “Pentapoli filistea” formata da Gaza, Ascalona, Gath, Ekron e Ashod che causarono il collasso dell’impero egiziano in Asia.
Secondo la Bibbia da quelle parti doveva trovarsi anche Israele ma nessuna notizia storica lo conferma. Ramses III si trovò ad affrontare anche due grandi invasioni nella parte occidentale del Nilo da parte dei Libu e dei Mashuash nel 5º e 11º anno di regno. Ramses III riuscì a vincere in tutte e due le battagli anche grazie alla profonda riforma effettuata nell’organizzazione della struttura dell’esercito che venne suddiviso in corpi separati, fanteria appoggiata da carri da guerra, vasto impiego nelle fila dell’esercito di truppe mercenarie (Libu, Shardana e Kehek), corpi ausiliari e reparti di sussistenza. A fronte di tali vittorie i popoli dell’area medio orientale non osarono rifiutare i tributi allo stato e non ostacolarono le spedizioni egiziane che continuarono a sfruttare le miniere e le cave del Sinai, cosa che fu di grande giovamento durante il regno del figlio, Ramses IV.

Lo sforzo con il quale Ramses III si impegnò per riportare l’Egitto alle passate glorie non fu sufficiente a coprire il costo elevato delle campagne militari ed a risentirne fu il tesoro dello Stato che venne via via gravemente intaccato. Questo contribuì alla progressiva perdita dell’influenza egiziana in Asia. La gravità della situazione ebbe una forte ripercussione intorno al ventinovesimo anno di regno quando non fu neppure più possibile provvedere all’invio delle razioni spettanti ai lavoratori che scavavano le tombe a Deir el-Medina. Scoppiò una sommossa che originò il primo “sciopero” della storia, documentato nel famoso “Papiro dello sciopero”, conservato a Torino, del quale abbiamo già ampiamente parlato.

Ma cosa contribuì ad accentuare una decadenza che, anche se ormai era nell’aria da tempo, ebbe ripercussioni così gravi che andarono via via accentuandosi fino a creare un collasso politico ed economico, causa di un periodo di crisi interne tali da ingenerare sommosse popolari dovute alla scarsità di cibo. Le inondazioni del Nilo si fecero più scarse mandando in crisi l’agricoltura, il grano iniziò a scarseggiare al punto da costringere a ridurre le razioni distribuite agli operai che, come abbiamo già detto in precedenza, indissero uno sciopero documentato in un papiro conservato a Torino. La causa di tutto il disordine che si verificò in Egitto, e non solo, in quanto furono colpite anche le popolazioni dell’intera Mesopotamia ed a quanto è emerso da studi recenti anche l’intera Europa.
Oggi gli studi di esperti geologi e vulcanologi hanno portato a pensare che le cause siano da riportare ad un evento climatico catastrofico. Il Prof. Francis Ludlow, esperto in vulcanologia del Trinity College, a Dublino, ha svolto una approfondita ricerca nella quale è stato analizzato il comportamento dei vulcani durante tutto il neozoico. Per la precisione il neozoico è il periodo attuale che va da 2,5 milioni di anni fa ai giorni nostri ed è diviso in due epoche, pleistocene e Olocene. Le evidenze maggiori sono emerse dallo studio dei vulcani islandesi, una delle più grandi eruzioni del supervulcano Hekla, il più noto d’Islanda, del quale nell’ultimo millennio sono state censite una ventina di eruzioni, pare abbia generato una potente eruzione proprio nell’epoca che stiamo trattando.

Le eruzioni dei vulcani islandesi creano grossi problemi all’attuale traffico aereo, ma quelle del supervulcano Hekla devono essere state veramente catastrofiche. Pare che durante il regno di Ramses III, o poco prima, si sia verificata una violenta eruzione che immise nell’atmosfera milioni di tonnellate di polveri e ceneri che, trasportate dai venti, si sparsero per tutta l’Europa investendo anche il Medio Oriente ed il nord Africa, Egitto compreso. Questo terribile evento contribuì a rallentare le alluvioni del Nilo; si sa che la prosperità dell’antico Egitto era legata al Nilo e alle sue inondazioni, alimentate dai monsoni e fondamentali per sostenere l’agricoltura della regione. Questa andò in crisi per quasi due decenni, già sotto Ramses III iniziò a verificarsi un abbassamento della temperatura alla quale l’Egitto non era preparato.

Per correttezza bisogna però dire che la causa principale della mancanza di inondazioni del Nilo non è ancora del tutto chiara, nonostante spesso sia avvenuta in coincidenza di eruzioni vulcaniche. Cosa che si è verificata nuovamente ed ha potuto essere accertata:
<<…….incrociando i dati sulle eruzioni, contenuti nelle carote di ghiaccio estratte in Antartide e Groenlandia, con le notizie sulle sommosse popolari dell’antico Egitto e la storia dei livelli dell’acqua del Nilo. In questo modo è stato possibile collegare l’indebolimento dei monsoni nel periodo compreso tra il 305 e 30 a.C, a eruzioni vulcaniche e ribellioni popolari, come quella iniziata del 207 a.C e durata circa 20 anni……>>.
(Coloro che fossero maggiormente interessati ad approfondire l’argomento delle eruzioni vulcaniche islandesi ed il loro impatto sulla società egizia, e non solo, può consultare le pubblicazioni del Prof. Francis Ludlow del Trinity College di Dublino e del Prof. Michael McCormick del Dipartimento di Storia della Johns Hopkins University).
Gli effetti maggiori si fecero sentire poi sotto i regni di Ramses VI e Ramses VII. Ovviamente (in un certo senso) tutte queste vicende non vengono narrate nelle rappresentazioni sui monumenti ufficiali, Ramses III era troppo impegnato a cercare di emulare il suo avo Ramses II con l’intento di dimostrare l’esistenza di una tranquilla continuità del proprio regno con quello del suo grande predecessore. Anche se direttamente non trasmise ai posteri il decadimento in cui si trovava il paese conducendo una vita tranquilla, gli ultimi periodi della sua vita non furono proprio tanto tranquilli. A farcelo sapere è proprio suo figlio e successore Ramses IV il quale fece redigere il famoso “Papiro Giuridico” o (Papiro della congiura dell’Harem” che oggi si trova al Museo Egizio di Torino

LA CONGIURA DELL’HAREM
Sulla “Congiura dell’harem”, vedi anche: https://laciviltaegizia.org/2022/06/05/le-cospirazioni-ramses-iii/
Come abbiamo detto in precedenza, gli ultimi anni di regno di Ramses III non furono tranquilli ma nulla lasciava prevedere come si sarebbero conclusi. Ramses III ebbe tre mogli, la prima Grande Sposa Reale era la regina Iside-Hemdjert, le altre due erano Tyti e Tiye, tra i vari figli ebbe il suo diretto successore Ramses IV Amonherkhopeshef dalla sposa Tyti, il futuro Ramses VI dalla regina Iside-Hemdjert e colui che diverrà poi Ramses VIII sempre da Tyti; ebbe anche un altro maschio Pentaour dalla sposa secondaria Tiye.


Verosimilmente Pentaour non avrebbe avuto nessuna possibilità di succedere al padre in linea diretta e questo non era gradito a Tiye che ordì una congiura per tentare di porre sul trono il proprio figlio ma perché ciò avvenisse, Ramses III e il principe Ramses (futuro Ramses IV) dovevano essere eliminati. Tiye fu in grado di convincere, corrompendoli, maggiordomi, ufficiali, dignitari e funzionari d’ogni livello dell’amministrazione e si avvalse dei servi per portare messaggi oltre le mura dell’Harem. Ad organizzare la tresca ci pensò l’importante funzionario di corte Pebekkamen che divenne il fiduciario di Tiye nel gestire l’andirivieni clandestino delle informazioni. Pebekkamen si avvalse anche dell’aiuto di un maggiordomo di nome Mastesuria, un ispettore del bestiame di nome Panhayboni e due amministratori, Panuk e Pentua.
Nella primavera del 1155 a.C., Ramses III si era reinsediato a Tebe per la celebrazione della festa rituale di ringiovanimento e rigenerazione, la Heb-Sed, quel giorno si recò nel suo Harem come era solito fare ma questa volta l’accoglienza non fu per nulla cordiale. Grazie all’abilità di Panhayboni i cospiratori, dopo aver convinto l’ispettore del tesoro reale, Pairy, riuscirono a penetrare nell’Harem. Il fatto stesso che tutti questi cospiratori siano riusciti a penetrare nel sorvegliatissimo Harem reale denuncia la crisi della corte e l’inizio della inarrestabile decadenza delle istituzioni che fecero grande il Nuovo Regno.
La congiura si basò principalmente sull’uso della “magia nera” con la quale cercarono di confondere le guardie dell’Harem riuscendo così a passarsi le disposizioni da attuare. Con il ricorso a incantesimi e formule magiche i congiurati cercarono anche di infrangere la protezione naturale dei molti dei e geni che possedeva il faraone quando indossava sul copricapo reale l’ureo. Gli incantesimi e i sortilegi furono praticati dal mago di corte, Prekamenef, e dal medico personale di Ramses III, Iyroy. Tanto doveva essere il terrore dei cospiratori i quali stavano per eseguire uno dei più grandi sacrilegi della religione egizia, l’uccisione di un faraone, il dio in terra, che continuarono a praticare incantesimi anche mentre l’aggressione al re aveva luogo.

La congiura era stata in effetti ben preparata e raggiunse lo scopo prefissato, Ramses III fu assassinato anche se in un primo momento pare che il re sia sopravvissuto per alcuni giorni all’attentato. Ma come venne ucciso Ramses III? La questione è stata dibattuta a lungo sollevando varie discussioni nel corso degli anni. Il fatto che sia stato riportato che il re sopravvisse per alcuni giorni all’attentato portò gli studiosi a credere che l’arma che lo uccise fosse il veleno. L’esame della mummia non fu sufficiente ad indurre qualcuno a chiedersi cosa ci facevano delle bende avvolte intorno al collo del sovrano, cosa mai riscontrata in altre mummie.

Nessuno si preoccupò del fatto anche perché il corpo del faraone non presentava ferite evidenti. Recentemente un gruppo forense tedesco ha effettuato un approfondito esame della mummia ponendo particolare attenzione al bendaggio eccessivo intorno al collo. La cosa insospettì due professori di radiologia dell’Università del Cairo, il prof. Ashraf Selim e Sahar Saleem i quali sottoposero la mummia ad una tomografia computerizzata l’esito della quale lasciò stupefatti i radiologi. Dalla TAC è emerso che le bende nascondono una gravissima ferita lungo tutta la gola talmente profonda da raggiungere le vertebre. “Una ferita a cui nessuno avrebbe potuto sopravvivere” fu il commento. Dall’esito degli esami condotti il paleopatologo Albert Zink, dell’Eurac di Bolzano, l’esperto di genetica molecolare di Tubinga Carsten Puser, con la collaborazione dell’egittologo Zahi Hawass sono giunti alla conclusione che Ramses III sia morto in seguito al taglio della gola e non per avvelenamento. Da uno studio più approfondito degli esiti della TAC sulla mummia venne notato che la stessa era mancante dell’alluce sinistro che risultava reciso di netto, probabilmente con una scure.

Gli imbalsamatori posero pietosamente un rotolino di lino per nascondere tale violenza, aggiunsero anche sei amuleti attorno al piede per favorirne la guarigione nell’aldilà. Una curiosità, nella cachette di Deir el-Bahari (DB320), accanto alla mummia di Ramses III è stata rinvenuta la mummia di un giovane uomo sconosciuto. La mummia è stata sottoposta alle stesse analisi di quella di Ramses III ed è emerso che entrambe condividono l’aplogruppo del cromosoma Y Elbla oltre al 50% del materiale genetico; secondo il Prof. Zink questo significherebbe che i due potrebbero essere padre e figlio. Poiché la mummia del giovane non era bendata ma avvolta in una pelle di capra, ritenuta sprezzante perché ritualmente impura, ciò ha portato a identificare i resti in questione con il figlio cospiratore Pentaour.
Tornando alla congiura, i cospiratori non furono in grado di portare a termine il loro piano, Ramses IV prese subito il controllo della situazione, i congiurati furono subito catturati. Subito si istituì un processo a dirigere il quale vennero convocati dodici autorevoli magistrati per fare completa luce sull’accaduto. Come abbiamo detto il “Papiro giuridico” di Torino è la fonte principale su questa vicenda, fatto redigere da Ramses IV, elenca, con dovizia di particolari, i processi che vennero celebrati, emergono figure di rilievo coinvolte nel complotto. Primi fra tutti Tiye ed il figlio Pentaour, il maggiordomo Pebekkamen oltre a sei concubine, sette funzionari di Palazzo, due ispettori del Tesoro, due ufficiali dell’esercito, due scribi reali, il potente comandante dell’esercito in Nubia e un araldo.
Il resoconto dei tre processi che furono istituiti parla di 38 condanne a morte ma il numero dei condannati fu sicuramente più alto se si tiene conto che ai personaggi d’alto rango fu concesso di suicidarsi. Il Papiro racconta inoltre che furono anche condannati sette magistrati che vennero sedotti da alcune concubine alle quali cedettero, per loro la pena consistette nel taglio del naso e delle orecchie. Nessun accenno viene fatto nei testi che decorano i templi e la tomba di Ramses IV in quanto vigeva la disposizione che impediva di redigere nei testi ufficiali i peccati contro la Maat, ossia contro la giustizia e l’ordine cosmico che era garantito dal faraone, tali fatti potevano solo comparire nei documenti d’archivio.
Fonti e bibliografia:
- Franco Cimmino, “Ramesse II il Grande”, Milano, Tascabili Bompiani, 2000,
- Sergio Pernigotti, “L’Egitto di Ramesse II tra guerra e pace”, Brescia, Paideia Editrice, 2010
- Kenneth Kitchen, “Il Faraone trionfante. Ramses II e il suo tempo”, Bari, Laterza, 1994,
- Edda Bresciani, “Ramesse II”, Firenze, Giunti, 2012
- Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
- Sergio Donadoni, “Tebe”, Electa, 2002
- Mario Tosi, “Dizionario enciclopedico delle divinità dell’antico Egitto”, Ananke, 2006
- Manfred Claus, “Ramesse il Grande”, Roma, Salerno Editrice, 2011
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
- Henry James, “Ramesse II”, Vercelli, White Star, 2002
- Christian Leblanc, Alberto Siliotti, “Nefertari e la valle delle Regine”, Giunti, 1993
- Elvira D’Amicone, “Nefer: la donna dell’Antico Egitto”, Federico Motta Editore, Milano, 2007
- Claire Lalouette, “L’impero dei Ramses”, Roma, Newton & Compton, 2007
- Anna Maria Donadoni Roveri, Alessandro Roccati, Enrica Leospo, “Nefertari. Regina d’Egitto”, La Rosa, 1999