C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XX Dinastia

IL FARAONE RAMSES IX

Di Piero Cargnino

Dopo il breve regno di Ramses VIII sul trono delle Due Terre salì Amon-her-khepshef Khaemwaset, il IX della serie dei ramessidi; il suo nome del trono era Neferkare Setepenre che significa “Bella è l’anima di Ra, prescelta da Ra”.

Non si conoscono i  suoi legami con la famiglia reale anche perché, riuscire a ricostruire la parte finale della XX dinastia è un grosso problema. Alcuni pensano che fosse un figlio di Montuherkhepshef, quindi un nipote di Ramses III; questo lo deducono dal fatto che nella tomba della moglie di Mentuherkhopshef, la KV10, della regina Takhat sulle pareti essa viene nominata con il titolo prominente di “Madre del re”. Poiché nessun altro re della XX dinastia pare abbia avuto una madre con questo nome, probabilmente si tratta proprio di Ramses IX.

  

Altri lo ritengono figlio di Ramses VII o addirittura di Ramses VIII, ma questa è l’ipotesi meno plausibile come quella che fosse figlio di Ramses III. Il Papiro di Torino 1932+1939 gli assegna un regno di 18 anni e 4 mesi.

Certo che come sovrano non superò di molto il suo predecessore, la situazione interna dell’Egitto rimase precaria precipitando ulteriormente verso la completa decadenza. Si hanno notizie di rivolte in Nubia che vennero sedate solamente grazie all’intervento delle tribù dei Nehesy, eterne alleate degli egizi.

  

Ramses IX era forse l’indiscusso sovrano nel Nord ma al sud chi gestiva il potere, forse superiore al suo, era il grande pontefice di Karnak.

Nel X anno di regno di Ramses IX si verificò un episodio che può essere considerato a tutto titolo come un anticipo della dissoluzione dello stato unitario che porterà  alla fine del Nuovo regno. Il Primo Profeta di Amon, Amenhotep, fece realizzare un rilievo dove la sua immagine aveva la stessa statura di quella del faraone, questo a disprezzo della tradizionale gerarchia iconografica attribuendosi in tal modo la stessa dignità del sovrano. In questo caso Ramses IX riuscì ad avere ancora un sussulto di dignità e fece allontanare Amenhotep dal suo incarico.

  

Per una delle rare fortune dell’archeologia gli ultimi anni della XX dinastia abbondano di testimonianze scritte più di qualsiasi altro periodo. La provenienza di queste testimonianze è principalmente Medinet Habu e il villaggio di Deir el-Medina dove nella prima metà del XIX secolo venne trovati numerosi papiri, di cui molti frammentati, che oggi arricchiscono le grandi collezioni d’Europa, primo fra tutti il Museo Egizio di Torino grazie alla collezione Drovetti.

  

Da alcuni testi apprendiamo che un sempre maggior numero di libici arriva in Egitto come operai ma principalmente come mercenari la cui affidabilità lasciava molto a desiderare. Si trattava forse di invasori o discendenti di prigionieri di guerra incorporati nell’esercito egizio che si erano uniti ed avrebbero potuto creare gravi tumulti. Questo non lo sappiamo ma lo si  può dedurre dalle disastrose ripercussioni sulla popolazione locale. Come abbiamo già accennato sempre più spesso le razioni dovute ai lavoratori arrivavano a volte con due mesi di ritardo. La fame stimolava l’avidità che portava gli abitanti a venir meno alla Maat e, consapevoli degli immensi tesori con i quali si facevano seppellire i regnanti e i nobili dei tempi passati, portavano anche i più onesti a tentare di saccheggiarne le tombe.

  

Certo che i saccheggi erano una pratica che si trascinava da lungo tempo ma ora, con i tempi che correvano, la miseria si era diffusa a tal punto da rendere inefficaci anche i controlli. Se di una cosa si può rendere merito a Ramses IX è quella di aver cercato di contrastare al massimo i saccheggi nelle tombe delle necropoli reali che andavano sempre aumentando in modo particolare durante gli anni 16 e 17 del suo regno. I numerosi papiri processuali di questa epoca, trovati in ottimo stato, ci aiutano a far luce sugli arresti ed i processi iniziati intentati da Ramses IX e continuati per quasi tutta la generazione successiva.

Due papiri tra i più famosi sono: il “Papiro Abbot” e il “Papiro Leopold II-Amherst” i quali descrivono gli avvenimenti in una forma decisamente drammatica da apparire come romanzi.

Anche i testimoni, seppure innocenti e quindi rilasciati, subivano la bastonatura. Ciò non avveniva per mera crudeltà bensì per il fatto che le persone chiamate a testimoniare, durante gli interrogatori mettevano in evidenza le gravi circostanze politiche e le carenze del potere che diversamente non dovevano trapelare o peggio finire nei papiri di quest’epoca. Invece ne finirono molte di queste notizie che noi oggi possiamo trovare nei suddetti papiri ma anche su numerosi altri come: il “Papiro BM 10054” e nel recto dei “papiri BM 10053 e BM 10068” e pare anche nel “Papiro Mayer B”, che tratta del saccheggio della tomba di Ramses VI.

  

Persino il villaggio di Deir el-Medina venne considerato a rischio di saccheggio tanto che gli archivi ivi custoditi vennero trasferiti a Madinet Habu. Durante questa crisi divenne chiaro che gran parte delle tombe reali e nobili della necropoli tebana erano state saccheggiate e diventava sempre più difficile cogliere i responsabili anche perché, probabilmente, alcuni di essi facevano parte di coloro che dovevano sorvegliarle se non addirittura che le avevano costruite.

Un altro esempio che possiamo riportare è quello del sindaco di Tebe Pesiur, acerrimo nemico del suo collega sindaco di Tebe occidentale, Pwero accusandolo di negligenza nell’attuare efficacemente la sicurezza della necropoli e di essere colpevole di questa ondata di incursioni dei ladri di tombe. Le accuse si rivelarono infondate in quanto a Pwero emerse che aveva svolto un ruolo di primo piano nella commissione visiriale istituita per indagare sui furti e come tale non poteva essere accusato di negligenza. La cosa fu così chiara che, per non cadere vittima delle sue stesse accuse, Pesiur sparì.

  

Anche come costruttore, Ramses IX non brillò più di tanto nonostante i suoi 18 anni di regno, la maggior parte dei suoi interventi più significativi si concentrarono nel tempio del sole a Heliopolis oltre all’aver fatto decorare  il muro a nord del settimo pilone nel tempio di Amon-Ra a Karnak. A suggerire una flebile influenza residua egizia in Asia il suo nome è stato rinvenuto a Gezer in Canaan. Grande Sposa Reale di Ramesse IX fu Baketwernel dalla quale ebbe due figli, uno dei quali Nebmaatre, fu Sommo Sacerdote a Heliopolis dove il suo nome compare insieme a quello del re, l’altro figlio, Montuherkhopshef, che era forse l’erede designato a succedergli, premorì a suo padre e venne sepolto nella tomba KV19 in un primo tempo destinata a Sethirkhepsef.

Scoperta e scavata da Giovanni Battista Belzoni nel 1817, la tomba KV19 possiede delle decorazioni che si possono definire le migliori della Valle, così le descrive Belzoni:

La tomba però non conteneva la mummia del principe che non è mai stata trovata ne identificata tra quelle senza nome. All’interno della KV19 era presente un numero imprecisato di sepolture intrusive probabilmente della XXII dinastia.

  
  

Alla sua morte Ramses IX fu sepolto nella tomba KV6 e la sua mummia fu spostata più volte prima di essere nascosta, come molte altre, nella cachette DB320 a Deir el-Bahari dove venne trovata nel 1881. Si trovava all’interno di una delle due bare di Neskhons. moglie del Sommo Sacerdote Tebano Pinedjen II.

  

E’ curioso il fatto che la mummia di Ramses IX presenti gli arti spezzati, il collo rotto e sia priva del naso. La sua tomba, a causa dell’incuria, si trova oggi in stato di degrado e l’esistenza stessa dei suoi rilievi è in forte pericolo.

Fonti e bibliografia:

  • Alessandro Roccati, “L’area tebana”, Quaderni di Egittologia, n. 1, Roma, Aracne, 2005
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Alan Gardiner e  R.O. Faulkner,”The Wilbour Papyrus”, Oxford, 1941-1952
  • Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”,  Verona, Mondadori, 1980
  • Nichelas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
  • Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
  • Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
  • Alberto Siliotti, “La Valle dei Re”, Vercelli, White Star, 2004
  • Erik Hormung, “La Valle dei Re”, trad. di Umberto Gandini, ET Saggi, Torino, Einaudi, 2004
  • Cyril Aldred, “Una statua del re Neferkarē’ Ramesse IX”, JEA 41, 1955

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