Di Piero Cargnino

Incontriamo per la prima volta questo sovrano citato in una iscrizione rinvenuta ad Abydos che egli stesso fece iscrivere quando era ancora “gran capo dei Meshwesh, principe dei principi”. Come abbiamo descritto in precedenza, Sheshonq proveniva da una famiglia di libici che si era stabilita nella regione di Heracleopolis ormai da tempo, tanto che lo stesso Sheshonq aveva servito i faraoni come capo militare e successivamente come sacerdote.
Alla morte di suo padre Nemrod (o Nimlot), figlio di una donna di nome Mehetemwaskhe, Sheshonq chiese al faraone in carica, Psusennes II, il permesso per instaurare un culto funebre, ad Abydos, in onore di suo padre; sia il re che il “grande dio” (senza dubbio Amon) avevano dato risposta favorevole. Fu così che in tale occasione ottenne anche l’ereditarietà dei titoli paterni.

La sua ascesa al potere avvenne in modo del tutto pacifico senza azioni di forza nei confronti del suo predecessore della XXI dinastia, Psusennes II del quale, anzi, ne onorò la memoria.
Di Sheshonq I possediamo la già citata “Stele di Dakhla”, scritta in geroglifico nel suo V anno di regno, dove viene citato che i pozzi dell’oasi, unitamente ai terreni, furono regolarmente accatastati dal sovrano Psusennes II. Va detto comunque che l’ascesa al potere di Sheshonq fu in gran parte dovuta all’appoggio del clero di Tanis, dell’esercito e dei principati libici.

Sheshonq I eresse la sua capitale, che continuerà ad esserlo per tutta la XXII dinastia a Bubastis. Sicuramente una certa opposizione alla sua ascesa al trono si sarà fatta sentire dal potente clero tebano di Amon che tendeva a difendere la sua quasi totale autonomia del governo dell’Alto Egitto, opposizione repressa grazie all’uso dell’esercito.
A sua tutela Sheshonq I pose subito il proprio figlio, Iuput sul seggio di “Primo Profeta di Amon”, in tal modo il governo dell’Egitto era di fatto riunificato. Ad un altro figlio, Nimlot, venne assegnato il comando militare di Heracleopolis dove si costituì, in pratica, un principato quasi del tutto autonomo. Sheshonq I ebbe numerosi figli ed a ciascuno di loro affidò i più importanti incarichi atti a permettergli la continuità del suo regime. Al suo futuro erede Osorkon I fece sposare la figlia di Psusennes II, Maatkara.

Dalla stele di Harpson si apprende che Sheshonq I prese in moglie la principessa Karomama che però, ricopriva il ruolo di “Divina Sposa di Amon”; la cosa appare molto strana perché tale titolo, fino a quel momento era stato assegnato solo a principesse reali prive di vincoli coniugali.

Con Sheshonq I l’Egitto tornò ad interessarsi dei suoi confini e per tutelarli si rivolse nuovamente all’area palestinese, ripristinò rapporti commerciali con Biblo contrapponendosi, nel contempo, al Regno di Giuda sul cui trono sedeva il re Salomone.
Secondo alcuni studiosi Sheshonq I sarebbe il faraone Sisak che viene citato nella Bibbia (I Re; 11:40),
<<……..e Salomone cercava di mettere a morte Geroboamo. Geroboamo dunque si levò e fuggì in Egitto da Sisak re d’Egitto, e restò in Egitto fino alla morte di Salomone……..>>.
Sheshonq I (o Sisak) appoggiò dunque Geroboamo che, dopo la morte di Salomone ritornò in Palestina dove riuscì a sconfiggere il successore di Salomone, Roboamo ed a fondare il Regno di Israele. (I Re; 14:25)
<<…….. e il quinto anno del re Roboamo, avvenne che Sisak, re d’Egitto, salì contro Gerusalemme…….>>.
Roboamo, sconfitto, tornò a Gerusalemme dove, con le uniche due tribù che gli erano rimaste fedeli, Giuda e Beniamino, fondò il Regno di Giuda. Altri studiosi contestano questa ipotesi ritenendo che Sheshonq I sarebbe vissuto circa un secolo dopo, senza alcun riscontro la questione rimane aperta; noi consideriamo che l’ipotesi sia valida.

A questo punto Sheshonq I si sentiva tranquillo, con la divisione in due regni la potenza ebraica non creava più preoccupazioni. Col pretesto che alcune tribù di beduini avevano fatto delle incursioni nel Sinai, decise di intervenire militarmente anche in Palestina e, probabilmente, visto che era già li attaccò anche Israele e Giuda sconfiggendo entrambi i regni ebraici e conquistando Gerusalemme, da qui arrivò fino a Megiddo dove fece erigere una stele celebrativa. I regni di Israele e Giuda divennero così tributari dell’Egitto. Le vittorie militari di Sheshonq I furono celebrate con un lungo testo inciso sul muro meridionale del tempio di Karnak dove era riportato il nome di 150 città conquistate, oggi ne rimangono leggibili solo più una settantina, non tutte identificate.


A Sheshonq I, con il figlio Iuput, si deve anche la costruzione del “Vestibolo di Bubasti” che conduceva entro il recinto del tempio principale di Karnak. Il Vestibolo era inserito fra il Secondo Pilone e un piccolo tempio di Ramses III. Le pietre necessarie alla costruzione del cortile progettato e per il Pilone vennero prelevate da una nuova cava di arenaria aperta appositamente da Sheshonq I a Silsila dove compare la data del suo ventunesimo anno di regno, l’ultimo secondo Manetone.

Alcune statue di Sheshonq I e del suo successore Osorkon II sono state rinvenute a Biblo, probabilmente un dono dei faraoni per confermare la secolare amicizia dell’Egitto con i principi di quella città. Non si sa dove Sheshonq I abbia fatto costruire la sua tomba e non è mai stata rinvenuta la sua mummia.
Fonti e bibliografia:
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
- Alan Gardiner e R.O. Faulkner,”The Wilbour Papyrus”, Oxford, 1941-1952
- Alfred Heuss ed alt, “I Propilei”, Verona, Mondadori, 1980
- Rupert L. Chapman III, “Putting Sheshonq I in his place”, Palestine Exploration Quarterly, 2009
- Nicholas Reeves, Richard Wilkinson, “The complete Valley of the Kings”, Thames & Hudson, 2000
- Christian Jacq, “La Valle dei Re”, traduzione di Elena Dal Pra, Milano, Mondadori, 1998
- Alberto Siliotti, “Guida alla Valle dei Re, ai templi e alle necropoli tebane”, White Star, 2010
- George Goyon, “La scoperta dei tesori di Tanis”, Pigmalione, 2004
- Helen Jacquet-Gordon, “A Statuette of Ma’et and the Identity of the Divine Adoratress Karomama”, ZAS, 1967