(NEFERIBRA PSAMETEK)
Di Piero Cargnino

Come abbiamo detto in precedenza, Necao II non provò più ad assoggettare la Palestina, non si mosse dall’Egitto dove morì. Gli successe sul trono il figlio Psammetico II (Neferibra Psametek).
Per quanto riguarda la durata del suo regno siamo propensi a credere a quanto raccontano Erodoto e Sesto Africano che gli assegnano sei anni (dal 595 al 589 a.C.), contrariamente ad Eusebio di Cesarea il quale afferma che regnò diciassette anni.

Dopo poco più di un anno dal suo insediamento, volle subito imitare il nonno Psammetico I facendo adottare sua figlia Ankhnasneferibra dalla “Divina Adoratrice di Amon” in carica, che era Nitocris, in qualità di sua erede nel titolo. Pare che nel frattempo le sia stato assegnato anche il titolo di “Primo Profeta di Amon”, mai accordato ad una “Sposa del Dio”, ma lei non accettò quest’ultimo uffizio.

Il seppur breve regno di questo faraone ha portato spesso a sottovalutarne l’importanza nonostante i monumenti che lo riportano siano di molto più numerosi di quelli dei suoi due predecessori.
Psammetico II si trovò subito a dover affrontare i nubiani, governati dai discendenti della XXV dinastia. Armò un esercito composto prevalentemente di mercenari libici e nel 592 a.C. partì da Elefantina e, raggiunta la terza cateratta, si scontrò con l’esercito del re Anlamani (secondo alcuni era invece il fratello Aspelta) che sconfisse per poi ritirarsi nuovamente a nord della 1ª cateratta. In realtà questa spedizione è molto dibattuta e desta particolare interesse in proposito.

Dell’evento ce ne parla un’epigrafe facente parte di un gruppo d’iscrizioni greche incise su uno dei colossi di Ramses II ad Abu Simbel dove si legge:
<<……Allorché il re Psammetico venne a Elefantina, questo fu scritto da coloro che navigarono con Psammetico figlio di Theocles, e si spinsero oltre Kerkis fin dove il fiume lo permette. Coloro che parlavano lingue straniere erano guidati da Potasimto, gli Egizi da Amasis……>>.

E’ stato effettivamente riscontrato che Potasimto e Amasis ricoprirono cariche militari durante il regno di Psammetico II. Si parla di questa spedizione in Nubia anche su due stele trovate a Tanis ed a Karnak, le stele sono molto rovinate ma è possibile leggere su di una la data dell’anno 3 in cui un re indigeno fu vinto e le sue truppe massacrate, la seconda riporta che la spedizione raggiunse Pnubs.

A questo punto, se la spedizione è giunta più a sud di quanto si pensasse, è impensabile che si trattasse solo della risposta di Psammetico II ad un attacco da parte degli etiopi per riconquistare l’Egitto che avevano perso dopo la fuga di Tanutamani da Tebe. E’ invece probabile che sia stato un atto di ostilità verso l’Etiopia da parte dei Saiti, lo si deduce anche dal fatto che il nome di Taharqa e dei suoi predecessori è stato sistematicamente cancellato dai loro monumenti.

Da un papiro scritto in tardodemotico si apprende che Psammetico II intraprese una spedizione in Fenicia; questa però non sembra essere una spedizione militare ma una visita pacifica allo scopo di ampliare i commerci, tanto che vi parteciparono pure i sacerdoti di vari templi. Qualcuno avanza l’ipotesi che, più che commerciale, lo scopo principale fosse quello di tentare di recuperare parte dell’influenza perduta dopo la sconfitta del suo predecessore da parte dei Babilonesi.

Psammetico II non perse tempo, celebrò il suo giubileo dopo pochi anni di regno e per l’occasione fece erigere ad Eliopoli due obelischi di granito alti circa 30 metri dove il faraone è raffigurato in forma di sfinge con i consueti titoli onorifici.
Tra i tredici obelischi presenti a Roma, uno di questi è di Psammetico II; venne fatto trasportare a Roma dall’Imperatore Ottaviano Augusto nel 10 a.C.. Inizialmente collocato in Campo Marzio come gnomone di un orologio solare, tra il IX e l’XI secolo l’obelisco crollò, forse a causa del terremoto dell’849 o in seguito al sacco di Roma del 1084, e progressivamente, si interrò. Sul finire del ‘700 Papa Pio VI lo fece recuperare ed iniziò a farlo restaurare e ad erigerlo come orologio solare. Completamente restaurato venne eretto in Piazza Montecitorio dove si trova attualmente.

Fonti e bibliografia:
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano , 2003
- Salima Ikram, “Antico Egitto” , Ananke, 2013
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
- Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
- Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996