(KHNEMIBRE AHMOSE)
Di Piero Cargnino

Noto come Amasis a causa della traduzione greca del suo vero nome che era Ahmose; infatti nella letteratura viene chiamato Ahmose II per distinguerlo dal più noto Ahmose fondatore della XVIII dinastia che regnò almeno mille anni prima.
Del suo lungo regno (42 anni secondo Erodoto ed Eusebio di Cesarea, 44 secondo Sesto Africano), quello che conosciamo lo dobbiamo a fonti greche, soprattutto ad Erodoto. Le eventuali fonti archeologiche, che sicuramente esistevano, vennero fatte scalpellare dal re persiano Cambise quando conquistò l’Egitto.

Come abbiamo descritto parlando del faraone Aprie, la sua ascesa al trono è dovuta all’acclamazione come re da parte dell’esercito composto in prevalenza da soldati di origine libica che si erano ammutinati quando vennero inviati da Aprie contro la città greca di Cirene.
Amasis era un uomo del popolo, un generale al quale l’assegnazione della corona delle Due Terre gli capitò come per caso. Aprie, che non gradì di certo la cosa mosse contro Amasis con il suo esercito composto in massima parte da greci ma venne sconfitto e catturato, lasciato libero fece un secondo tentativo ma fu nuovamente sconfitto e ucciso. Il conflitto durò non più di qualche mese e non si estese oltre il Delta nordoccidentale.

Erodoto racconta che la battaglia decisiva fu combattuta a Momemfi, mentre su una grande stele di granito rosso è scritto che essa sarebbe avvenuta a Sekhetmafka presso Terana, sul ramo canopico del Nilo.
Ormai in Egitto sono finiti i tempi in cui un faraone doveva possedere i diritti per accedere al trono, quando un esercito acclama il suo generale non c’è nulla che tenga anche perché chi si sarebbe potuto opporre alla sua ascesa? Ma Amasis non fu un despota, il suo regno fu un periodo di pace e di sviluppo economico per l’Egitto.

Dal punto di vista del commercio, l’influenza dei greci pesò in modo notevole sull’economia egizia incoraggiata e favorita dal faraone. Amasis fu soprannominato il “Filelleno” ma i mercanti indigeni ed il popolo non gradivano affatto questo stato di cose tanto che il sovrano si vide costretto a concentrare tutte le attività mercantili controllate dai greci nella grande città di Naucratis, non molto lontana da Sais. Egizi e Greci rimasero entrambi soddisfatti, Naucratis possedeva templi costruiti dalle varie comunità di coloni, prefigurava quella che sarà poi Alessandria avendo acquisito, per quei tempi, un’importanza di poco inferiore.

Questo di Amasis fu un capolavoro di diplomazia; d’altronde persino Erodoto racconta che il re era cordiale ed indulgente, doti che gli permisero di regnare per circa quarantaquattro anni.
Amasis sposò una donna di Cirene, Laodice, ed a conferma della sua propensione per i greci fece ricostruire il tempio distrutto di Delfi oltre ad elargire doni ad altri templi greci. Ahimè fu però lui l’inventore della “Dichiarazione annuale dei redditi” sia di tipo fondiario che commerciale.

Sul piano militare la situazione internazionale era tale per cui era meglio andarci cauti, Amasis non poteva permettersi di assumere iniziative bellicose piuttosto era tempo di procedere in modo molto diplomatico onde evitare ritorsioni da parte babilonese e dal crescente espansionismo persiano. Infatti da poco salito al trono dovette contrastare un tentativo di invasione babilonese nel quale le sue truppe vennero sconfitte. Il fato volle che Nabucodonosor dovette tornare in patria a causa di problemi interni che gli impedirono di invadere la valle del Nilo.

Amasis ritenne che fosse necessario un maggior controllo delle vie commerciali del Mediterraneo orientale per cui conquistò e rese tributarie alcune città dell’isola di Cipro.
Ma la pace, quella vera, era lontana. In Persia, gli Achemenidi iniziarono la loro politica espansionistica minacciando il regno di Lidia; il re Creso ottenne la protezione di una coalizione formata dall’Egitto, Sparta e Babilonia, inutilmente in quanto nel 546 a.C. Ciro II di Persia conquistò ed occupò Sardi, capitale della Lidia.

Non passarono che cinque anni ed anche Babilonia cadde sotto il dominio persiano. L’Egitto riuscì ancora a contenere gli attacchi persiani, che iniziarono nel 529 a.C., mantenendo la sua indipendenza, ma nel 526 a.C., dopo aver conquistato le città fenice per utilizzarle come basi navali, Cambise II, succeduto a Ciro II, scagliò l’attacco finale. Amasis morì poco prima dell’epilogo dello scontro e toccò a suo figlio e successore, Psammetico III subire la sconfitta.

Fonti e bibliografia:
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano , 2003
- Salima Ikram, “Antico Egitto” , Ananke, 2013
- Toby Wilkinson, “L’antico Egitto. Storia di un impero millenario”, Einaudi, Torino, 2012
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
- Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
- Franco Mazzini, “I mattoni e le pietre”, Urbino, Argalia, 2000
- Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997
- Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996