C'era una volta l'Egitto, Età Tarda

IL “FARAONE” CAMBISE II

Di Piero Cargnino

PRIMA SATRAPIA D’EGITTO

La XXVI dinastia egizia finisce così, miseramente con Psammetico III, con lui se ne vanno per sempre i faraoni egizi. Manetone prosegue chiamandole “dinastie” anche se a tutti gli effetti nulla hanno a che vedere con le vere dinastie egizie.

Ad inaugurare la XXVII dinastia fu Cambise II, che successe al padre Ciro il grande nel 529 a.C.. Fu re di Persia, della dinastia Achemenide, e fin da subito continuò l’opera del padre di consolidare l’impero conquistando l’Egitto.

Narra una leggenda che Cambise venne a sapere dai suoi oracoli che gli egiziani adoravano i gatti al punto da divinizzarli. Il re persiano ordinò quindi a seicento dei suoi guerrieri di legare gatti vivi ai loro scudi e li mandò davanti agli altri guerrieri. A questo punto gli egiziani smisero di attaccare i soldati per paura di uccidere i loro animali di culto venendo così travolti. Quando decise di scendere in Egitto per conquistarlo, nel timore di essere defraudato del regno durante la sua assenza, fece uccidere di nascosto il fratello Bardija (in greco Smerdi).

Con la XXVII dinastia l’Egitto diventa in realtà una satrapia dell’impero Achmenide dove Cambise II, re di Persia, dopo aver sconfitto e conquistato l’Egitto si fece incoronare faraone assumendo il nome egizio di Mesutira Kamebet e adottando la completa titolatura reale.

In realtà Cambise II non esercitò mai il potere di faraone in quanto egli considerava l’Egitto una satrapia persiana, infatti affidò il governo al satrapo Aryandes. Le mire di Cambise erano ben altre che limitarsi a governare l’Egitto, egli mirava alla conquista della Nubia, occupare le oasi occidentali fino a Siwa e conquistare Cartagine.

La spedizione in Nubia fallì a causa della malaria e della dissenteria che l’esercito contrasse tra Napata e Meroe e che decimò quasi completamente la sua armata mentre quella verso Siwa si risolse nella disastrosa scomparsa dell’armata (che descriveremo in seguito). La conquista di Cartagine invece non ebbe mai inizio poiché la flotta persiana, composta in massima parte da marinai fenici, si rifiutò di attaccare una città di origine fenicia.

Nonostante avesse fatto uccidere suo fratello Bardija, durante la sua assenza, in patria un sacerdote di nome Gaumata, grazie a una certa somiglianza con il fratello del re, favorito dall’impopolarità del dispotico Cambise, oltre alla sua lunga assenza de re dalla Persia, dovuta alla campagna di conquista dell’Egitto, ebbe relativa facilità ad assumere il potere. Non ebbe però modo di governare più di sette mesi quando, Dario, succeduto a Cambise lo mise a morte. Racconta Erodoto che, non essendo riuscito a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato, a fronte di tutte queste sciagure Cambise II impazzì, commettendo atti disdicevoli e feroci, distrusse dei templi egizi, arrivando, in un momento di pazzia a commettere  la sacrilega uccisione del toro sacro Api, per gli egizi l’incarnazione del dio Ptah.

Su di un testo ebraico, risalente al 407 a.C., è riportato che Cambise avrebbe ordinato “la distruzione di tutti i templi degli Egizi”. Gli studiosi sono scettici circa la veridicità del racconto che probabilmente risente dell’avversione dello storico greco nei confronti dei persiani come d’altra parte lo sarà sicuramente la fonte ebraica. Una smentita potrebbe derivare dal fatto che nel Serapeo di Saqqara si trova uno splendido sarcofago fatto costruire da Cambise per un toro Api morto durante il suo regno.

Nel 552 a.C. Cambise lasciò l’Egitto per correre a Susa dove il sacerdote Gaumata gli aveva usurpato il trono. Durante il viaggio però morì in circostanze misteriose.

Con la precedente XXVI dinastia l’Egitto era tornato un paese prospero al punto che, dopo la conquista persiana, sarebbe potuta diventare una “perla dell’Impero”, ma tra gli egizi autoctoni e gli occupanti persiani non corse mai buon sangue nonostante da parte persiana si cercò di stabilire una collaborazione pacifica che trovò però uno scarso entusiasmo da parte egizia.

Nonostante tutto vigeva una politica di distensione che si protrasse fino alla fine del regno di Dario I, ma si deteriorò in modo molto sentito quando i loro successori ed i satrapi iniziarono ad adottare misure odiose per gli egiziani. Tra le peggiori che vennero prese ci fu l’abolizione dello status regale per le “Divine Spose di Amon” e l’imposizione di tasse assai pesanti sulle rendite dei templi allo scopo di finanziare le guerre persiane. Iniziò quindi, fomentato dai collegi sacerdotali, un “nazionalismo egiziano esasperato e insofferente” che culminerà poi nel 404 a.C. con la cacciata dall’Egitto degli Achemenidi.         

Fonti e bibliografia:

  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano , 2003
  • Salima Ikram, “Antico Egitto” , Ananke, 2013
  • Edda Bresciani, “L’Antico Egitto”, De Agostini, Novara 2000
  • Toby Wilkinson, “L’antico Egitto. Storia di un impero millenario”, Einaudi, Torino, 2012
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Giuseppe Zaccarino, “Le lacrime del faraone”, rebstein.wordpress.com, 2021
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • Pierre Briant, “Storia dell’impero Persiano da Ciro ad Alessandro”, Fayard, Parigi, 1996
  • Franco Mazzini, “I mattoni e le pietre”, Urbino, Argalia, 2000
  • Jurgen von Beckerath, “Chronologie des Pharaonischen Agypten”, Ed. Zabern, 1997 Kenneth Kitchen, “Il terzo periodo intermedio in Egitto (1100–650 a.C.)” 3a ed, (Warminster: 1996

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