“COSE (ANCORA PIÙ) MERAVIGLIOSE”, Sarcofagi, XVIII Dinastia

LA BARA INTERNA DI MERIT

Museo Egizio di Torino, cat. Suppl. 8470

Come abbiamo visto, Merit morì prematuramente e fu necessario adattare una delle bare predisposte per Kha per accogliere la sua salma.

A questo punto però si poneva un problema: mancava una bara del “set” usuale per l’epoca, che rappresentava il viaggio del defunto verso la rinascita – dal nero del sarcofago esterno all’oro della bara interna (che abbiamo visto per Kha).

Il sarcofago è finora unico nel suo genere, perché fonde in sé i due diversi modelli decorativi osservabili. rispettivamente, sul sarcofago mediano e quello interno di Kha: la cassa è coperta infatti da resina nera con figure ed iscrizioni in foglia d’oro, mentre il coperchio è completamente dorato. È stato ipotizzato che ciò abbia forse permesso di integrare in un solo sarcofago antropoide la funzione simbolica dei due normalmente previsti all’epoca. Il fatto però che i testi funerari siano a nome di Kha rende dubbia questa ipotesi, in quanto non sarebbe stato concepito per questa funzione

Secondo l’ipotesi più accreditata, gli artigiani dell’epoca ebbero però un’idea geniale, rimasta unica nell’arte egizia: “fusero” le due bare interne (o meglio, le loro “funzioni” simboliche) in una sola.

La cassa della bara interna di Merit, infatti, ricorda la seconda bara di Kha, con il fondo nero ma con le scritte e le immagini dorate, mentre il coperchio è interamente dorato.

Da notare però che le iscrizioni funerarie sono rimaste a nome di Kha, e che quindi sarebbe stato già inizialmente concepito con questa doppia funzione.

Difficile dire se il volto della bara interna sia quello di Kha o se sia stato “adattato” a quello di Merit

Al momento della scoperta, il sarcofago interno di Merit era avvolto in un telo e racchiudeva, proteggendole, la mummia della donna e la preziosa maschera funeraria posta sul capo.

Si notano bene nelle fotografie originali le lenzuola usate come imbottitura per riempire lo spazio derivante dalla “taglia” sbagliata e la maschera funeraria

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