Cose meravigliose, Tanis

IL PENDENTE DI ISIDE DI WENDJEBAUENDJED 

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo JE87716, Montet 726 – Oro, altezza 11 cm

Tra gli amuleti appesi al collo della mummia di Wendjebauendjedspicca per la sua raffinatezza questa effige della dea Iside ricavata in oro massiccio.

La dea è mostrata in piedi, con la figura modellata da un abito che ne svela comunque le forme dettagliate con grande precisione, dal seno all’ombelico alle gambe. Nonostante le piccole dimensioni, l’artista è riuscito a cesellare i ricami del vestito sul petto e sulla parte inferiore della gonna. Sono anche raffigurati i gioielli della dea, un collare a più fili ed i bracciali.

I particolari finemente cesellati della figura della dea. Da notare la modernità della collana a catena

Iside indossa qui una parrucca tripartita che lascia visibili le orecchie; la fronte è ornata da un ureo regale. La corona con le corna di vacca che racchiudono il disco solare è quella tipica di Hathor.

I piedi sono nudi, appoggiati su un piccolo piedistallo anch’esso in oro sotto al quale si legge l’iscrizione “Iside, la grande, madre del dio”

L’espressione è serena, il sorriso della dea è garanzia della protezione a Wendjebauendjed

Il pendente era agganciato tramite un anello fissato dietro al disco solare ad una collana, anch’essa d’oro, lunga 80 cm e di fattura straordinariamente moderna

Non provate a cercarlo nel sito del Museo Egizio del Cairo perché, tanto per cambiare, non c’è…

La foto originale di Montet

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • Foto: Pierre Montet, Getty Images
Cose meravigliose, Tanis

LA PATERA D’ARGENTO DI WENDJEBAUENDJED 

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo JE87743, Montet 773 – Argento e oro, diametro 16,5 cm; altezza 3,5 cm

Questa spettacolare patera in argento fu ritrovata insieme ad altre due “sorelle” sul sarcofago di Wendjebauendjed. È resa ancora più straordinaria dal fatto che il Faraone Psusennes avesse nel suo corredo funebre una seconda patera molto simile, certamente proveniente dalle mani dello stesso artista.

Il fondo è stato finemente cesellato in tre zone, divise da due cerchi concentrici.

La foto ufficiale di Montet

Intorno al rivetto in oro al centro, che rappresenta il pistillo del fiore, una rosetta con 18 foglie incise è circondata da 14 fiori di loto a tre petali ciascuno, aperti.

Nella parte più esterna 38 linee spezzate a zig-zag ricordano il segno geroglifico “n” (acqua).

Un manico in argento per appendere la patera è fissato al bordo, tramite una barretta ornata da due palme, con quattro rivetti d’oro.

Il disegno di Montet della cesellatura della patera e del gancio laterale

All’esterno del bordo un’iscrizione recita:

Il Re dell’Alto e Basso Egitto, il Signore delle Due Terre Akheperre, Figlio di Ra, Psusennes Meriamon. Donato come segno del favore del Re all’Amministratore di Khonsu a Tebe, possa riposare in pace, il Sacerdote di Khonsu, capo degli arcieri del Faraone, Sovrintendente dei Profeti di tutti gli dei, Wendjebauendjed, l’Osiride, giustificato” 

Come confronto, una delle patere appartenenti al corredo funebre di Psusennes (Museo Egizio del Cairo, JE 85904)

Un oggetto con un enorme valore materiale (ricordiamoci sempre che l’argento aveva un valore superiore all’oro in Egitto, non avendone miniere nel proprio territorio), un valore artistico ancora maggiore ed un valore simbolico immenso per questo fedele servitore del suo Faraone.

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • Foto: Pierre Montet, Getty Images
Cose meravigliose, Tanis

LA PATERA DELLE NUOTATRICI  

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo JE87742, Montet 772 – Argento e oro, diametro 18 cm; altezza 3,5 cm

Concludiamo questa sorta di rassegna dei tesori dimenticati di Tanis con un reperto assolutamente favoloso: la Patera delle Nuotatrici, un vero capolavoro dell’arte orafa egizia.

È interamente in argento, ma la parte centrale è ricoperta con una foglia d’oro creando un contrasto spettacolare. Il fondo è piatto, con un bordo quasi verticale di tre centimetri

La decorazione si sviluppa su tre parti:

  • Un piccolo rosone centrale costituito da dodici petali intorno ad un pistillo in oro. Lavorato a cloisonnè, il rosone ha perso nel tempo alcune delle parti, inizialmente in cornalina, turchese e lapislazzuli. Il rosone è in rilievo e sporge dal fondo della patera per quasi un centimetro. Introno ad esso, tre cerchi concentrici ravvicinati, di cui uno a perline cesellate, porta alla seconda decorazione.
Nella foto originale di Montet si vede bene come il rosone centrale sia in rilievo rispetto al fondo della patera
  • Nella foglia d’oro spiccano le figure di quattro nuotatrici (che danno il nome alla patera) che giocano in uno specchio d’acqua tra fiori di loto e pesci, rincorrendo le anatre in una scena piena di vitalità. Nella descrizione originale di Montet: “la nuotatrice più agile afferra la sua preda con entrambe le mani, per il collo e per le zampe. La sua compagna, arrivata troppo tardi, invano allunga le mani senza prendere nulla. Dalla parte opposta, una nuotatrice, dopo aver afferrato l’uccello per il collo con una mano, spinge da parte la rivale con l’altra. Le quattro nuotatrici indossano una collana a più fili, dei bracciali, una cintura sottile posta appena sopra il pube e due collane di grandi perle che si incrociano sotto il seno. Una delle nuotatrici ha i capelli a caschetto, mentre le altre tre hanno i capelli tagliati più corti, tanta da non toccare le spalle e sono tenuti da un pettine”. Cinque pesci, di cui tre tilapie nilotiche, accompagnano le ragazze.
Il meraviglioso decoro delle nuotatrici
  • La parte più esterna è quella in argento “nudo”, su cui corre un’iscrizione che recita: “Il Re dell’Alto e Basso Egitto Aakheperre, amato da Amon, figlio di Ra, Psusennes I, offre al Sacerdote di Khonsu a Tebe, Neferhotep, il profeta di Khonsu, il generale degli eserciti, comandante degli arcieri del Faraone, il capo dei profeti di tutti gli dèi, il profeta Oundjebaounded, della casa di Osiride, signore di Mendes, giusto di voce”.
Il disegno delle decorazioni di Montet

Nuovamente l’onore del Generale Wendjebauendjed nel ricevere – e portare con sé nell’Aldilà – un oggetto di straordinaria bellezza e valore dal suo Faraone, a cui è rimasto vicino anche nel sonno eterno.

Le tre patere di Wendjebauendjed riunite, probabilmente il corredo funerario più ricco rinvenuto finora per un personaggio non di stirpe regale

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • Foto: Pierre Montet, Getty Images
Cose meravigliose, Tanis

LA PATERA FLOREALE DI WENDJEBAUENDJED 

Di Luisa Bovitutti

Foto: Merja Attia

Sul sarcofago in pietra di Wendjebauendjed furono trovate tre patere preziose; quella nell’immagine è in oro, ha un diametro di 15,5 cm, ed un’altezza di 4.6 cm; assomiglia ad un fiore con numerosi petali che circondano un centro lavorato a cloisonné, con intarsi di pasta colorata blu, bianca, nera e rossa che rappresentano quattro ombrelli di papiro e quattro fiori di loto (piante araldiche del Basso e dell’Alto Egitto) uniti da linee alternate convesse e concave.


Essa ha anche un anello per appenderla, fissato con una placchetta e quattro rivetti d’oro, e reca un’iscrizione con il nome del proprietario: ‘L’intendente di Khonsu, profeta di Khonsu, Wendjebauendjed, giustificato’.

La tre patere di Wendjebauendjed al Museo del Cairo
Cose meravigliose, Tanis

LA COPPA LOBATA DI WENDJEBAUENDJED 

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo JE87740 – Oro ed elettro, diametro 13,3 cm, altezza 5,5 cm

Il generale Wendjebauendjed aveva una ricca collezione di coppe e patere nella sua tomba. Questa, una delle più spettacolari, è una coppa lobata realizzata in oro ed elettro.

Estremamente moderna e raffinata con la sua alternanza di colori tra l’oro giallo e l’elettro color argento, evoca la corolla di un fiore di cui i due metalli formano i sei petali. Non sarà l’ultima volta che incontreremo un’alternanza di metalli nello stesso oggetto, con un effetto sorprendente.

Il piede svasato è formato dagli stessi metalli, alternati però a quelli della corolla con mirabile simmetria.

La modernità di un oggetto che ha tremila anni

I petali sono saldati con estrema precisione. Uno dei petali in oro è inciso con un’iscrizione che recita:

“Il Re dell’Alto e Basso Egitto, padrone delle Due Terre, Aakheperre Setepenamun. Il figlio di Ra Psusennes Maeriamon, signore delle corone. La moglie reale, signora delle Due Terre, Mutnodjmet”. 

Tre segni criptici, non appartenenti al repertorio geroglifico classico (una scimmia con la mano sulla bocca, un mazzo di fiori ed una testa di leone – o di pantera secondo Montet), sono incisi al di sotto dell’iscrizione e sono stati interpretati come: “vita, forza, salute” per assonanza di fonemi.

La foto originale di Montet. Si intravedono la scimmia a sinistra e la testa di leone a destra, sotto l’iscrizione
Il disegno di Montet dell’iscrizione, con i tre simboli criptici in basso

L’iscrizione è l’ennesima testimonianza dell’importanza del generale Wendjebauendjed e dei suoi rapporti con la famiglia reale.

La coppa vista dal basso, con l’iscrizione in primo piano

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • Foto: Pierre Montet, Getty Images
Cose meravigliose, Tanis

LA MASCHERA D’ORO DI WENDJEBAUENDJED 

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 87753. Oro massiccio.

Una maschera da mummia, realizzata in resistente lamina d’oro, copriva il volto del defunto. A differenza delle maschere Psusennes e Amenemopes, raggiungeva solo l’attaccatura dei capelli e copriva solo il viso, le orecchie e la parte anteriore del collo. Sulla maschera sono ben visibili i segni del martello del lavoro di martellamento; ai suoi bordi era inchiodato al legno della bara con sei coppiglie. Gli occhi sono intarsiati con pasta vitrea colorata, nera per le pupille, bianca per i bulbi oculari. Anche i contorni degli occhi e delle sopracciglia sono in pasta di vetro (vedi: Tanis/Stierlin e Ziegler)

La maschera è un ritratto idealizzato di Wendjebauendjed da giovane con un’espressione serena e tranquilla alleggerita da un sorriso appena accennato.

Qui si vedono bene i fori per l’aggancio della maschera

Gli occhi della maschera, miracolosamente integri, sono fatti di pasta vitrea di diversi colori inserita in cavità del metallo: bianco per i bulbi oculari e nero per le pupille. Le sopracciglia e i contorni degli occhi sono resi con la stessa tecnica. Il naso è praticamente perfetto nella forma. Le labbra sono sottili e carnose. Le orecchie non sono simmetriche in quanto quella di sinistra sporge oltre la destra.

Wendjebauendjed nel suo eterno sorriso

La mummia di Wendjebauendjed indossava copridita d’oro e il suo volto era coperto da questa preziosa maschera funeraria ricavata da una spessa lamina d’oro decorata con intarsi di pasta vitrea colorata. La maschera copriva il viso, il collo e le orecchie della mummia terminando sulla fronte dove sei piccole linguette traforate permettevano di fissarla alla testa della mummia.

La foto originale di Montet

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • Foto: Pierre Montet, Getty Images, Museo del Cairo
Cose meravigliose, Tanis

WENDJEBAUENDJED 

IL GENERALE DI PSUSENNES

Di Andrea Petta

Foto: Merja Attia

Non sappiamo molto della vita e delle imprese di Wendjebauendjed, ma deve aver vissuto una vita straordinaria per essere entrato nelle grazie di Psusennes I tanto da permettergli di avere la sua tomba nella necropoli reale di Tanis.

L’ultima tomba intatta scoperta da Montet fu infatti quella del generale di Psusennes, aperta dopo la Seconda Guerra Mondiale nel febbraio del 1946.

All’’interno un sarcofago antropoide in granito della XIX Dinastia, appartenuto originariamente ad un Terzo Sacerdote di Amon chiamato Amenhotep, conteneva una prima bara lignea dorata ed una seconda bara, nuovamente in argento, entrambe mal conservate e di cui non ci sono praticamente foto.

Il sarcofago esterno di Wendjebauendjed, riutilizzato
Il coperchio del sarcofago esterno di Wendjebauendjed
La testa del coperchio raffigurante Amenhotep (foto Montet)

Wendjebauendjed ebbe una lunghissima lista di titoli: Confidente del Re, portatore del sigillo del Re del Basso Egitto, Padre del Dio, generale e capo dell’esercito, alto amministratore (poi Sommo Sacerdote) di Khonsu a Tebe, Sacerdote di “Osiride signore di Mendes”, Sovrintendente dei Profeti di tutti gli dei e Sommo Sacerdote di Amon a Tanis. Non era di origine reale, anche se il titolo onorifico di “Padre del Re” ha suscitato diverse discussioni tra gli studiosi; probabilmente (dai suoi resti) era di origine nubiana. Da uno dei suoi titoli potrebbe essere stato originario di Mendes (Djedet), la capitale del XVI Nomo del Basso Egitto, nel Delta del Nilo.

Uno dei disegni di ciò che rimane della decorazione della bara in legno (foto originale di Montet)
Le barbe cerimoniali in bronzo ed i simboli djed e tyet delle bare di Wendjebauendjed (foto Montet). Quella a destra in basso è quella del sarcofago, mentre quella a sinistra è quella della bara in legno dorato che si è disintegrata con l’umidità. Sono dette “cerimoniali” perché in vita – ed erano essenzialmente dritte, simbolo del potere faraonico – erano indossate solo in occasione di cerimonie o riti sacerdotali, mentre quelle incurvate – come queste – sono riservate alle raffigurazioni funebri e sono un un richiamo ad Osiride.

Curiosamente, uno dei suoi ushabti ha un valore storico notevole perché è l’oggetto egizio più antico realizzato in ottone, anche se con una percentuale di zinco ancora molto bassa, circa il 7%.

FONTI:

  • Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):
  • Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)
  • Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987
  • Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti
  • Foto: Pierre Montet, Getty Images, Merja Attia, Museo del Cairo
Cose meravigliose, Tanis

IL PETTORALE DI RIGENERAZIONE DI AMENEMOPE

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 86037; Montet 645 – Oro, terracotta e lapislazzuli

Questo pettorale, appoggiato sul petto della mummia di Amenemope, è in oro con inserti in lapislazzuli e terracotta. È quasi quadrato, alto 9,8 cm e largo 10,6 cm, e sulla parte superiore sono presenti due anelli che permettevano di far passare una catena (che però non venne trovata sul corpo del Faraone). 

La forma è quella di una cappella ornata da un disco solare alato e foglie di palma, all’interno della quale Iside e Nefti proteggono uno scarabeo “kheper” (rinascita) che spinge il disco solare davanti a sé, mentre trascina con le zampe posteriore il cartiglio con il nomen del Faraone.


Entrambe le dee indossano un vestito lungo, realizzato in terracotta chiara. Indossano inoltre dei collari multicolori e dei bracciali intagliati nell’oro delle braccia. Le parrucche sono invece in lapislazzuli. I loro nomi sono indicati nelle piccole placche d’oro davanti a loro.

Anche il corpo dello scarabeo è realizzato in lapislazzuli, una tonalità abbastanza scura a ricordare il cielo stellato.

La striscia in oro sotto le due dee fa riferimento a “il dio perfetto (“netjer nefer”) Amenemope (amato da) Amon, amato da Osiride, Signore di Abydos”

La foto originale di Montet ci mostra anche il retro del pettorale

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987

Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti

Foto: Pierre Montet, Getty Images, Museo del Cairo

Cose meravigliose, Tanis

IL COLLARE DEL FALCO DI AMENEMOPE

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 86036; Montet 642 – Oro e pasta di vetro

Forse a causa della traslazione dalla tomba NRT-IV in cui fu sepolto originariamente, Amenemope aveva un corredo funerario più povero rispetto al padre.

Un collare shebyu, molto simile a quello di Psusennes, pesava “solo” 6 kg contro gli 8 di quello del padre.

Questo pettorale, largo 37.5 cm ed alto 10, rappresenta invece un falco che “trascina” in volo i cartigli del Faraone.

La testa e le zampe sono in oro massiccio, mentre il copro e le ali sono in oro lavorato a cloisonné egiziano. Le ali si sviluppano in larghezza con due file di penne; la pasta vitrea che le compone ha toni che vanno dal blu al verde scuro, dal rosso al giallo-arancio in un’alternanza pregevolmente eseguita a richiamare la brillantezza del piumaggio del rapace.

La foto ufficiale del Museo Egizio del Cairo

L’occhio si allunga tradizionalmente a ricordare il simbolo “udjat” ed è delineato come il becco e la nuca del falco in pasta vitrea nera, mentre le zampe artigliano due simboli “shen” (potere, eternità) agganciati ai cartigli di Amenemope, i cui simboli sono realizzati in pasta vitrea colorata..

Il cartiglio sinistro riporta il nome di nascita del Faraone: “Amonemopet Meriamon” insieme al titolo “Amato da Osiride, signore di Abydos”, mentre quello di destra riporta il nome di intronizzazione “Usermaatra Setepenamon” con il titolo “Amato da Osiride e Ro-Setau” (uno dei sinonimi del Duat, originariamente il nome della necropoli menfita)

La foto originale di Montet

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cai

Cose meravigliose, Tanis

LA MASCHERA FUNEBRE DI AMENEMOPE

Di Andrea Petta

Museo Egizio del Cairo, JE 86063 – Montet 641. Oro e pasta vitrea

È questa la “vera” maschera funeraria di Amenemope. Era quella posta sulla mummia del Faraone a rappresentarne il volto per l’eternità.

Era anch’essa pesantemente danneggiata quando fu trovata da Montet; la lamina d’oro che la compone è infatti molto sottile, ed essendo fissata ad una “base” in lino simile ad un cartonnage, era piegata ed accartocciata al momento del ritrovamento. Copre inoltre solo la parte frontale della testa.

La maschera prima del restauro

La maschera è di fattura notevolmente inferiore rispetto alla testa della bara che abbiamo visto; i lineamenti poco espressivi, la bocca esageratamente larga a conferire un aspetto quasi buffo del volto.

Il Faraone indossa anche in questo caso un nemes, cesellato così come la decorazione del pettorale, composta da nove file di perline e tre file di decorazioni floreali.

La foto di Montet dopo il restauro

Sulla fronte spicca un ureo molto piccolo e sottile. Questa sorta di parsimonia nei materiali (la bara in legno e non in argento, la maschera molto sottile, un corredo funerario inferiore rispetto a quello del padre) ha fatto ipotizzare che il regno di Amenemope sia coinciso con una regressione economica rispetto ai suoi predecessori.

Il contorno degli occhi e le sopracciglia sono evidenziate ma con intarsi in pasta vitrea e non in bronzo; manca completamente la barba cerimoniale né sono presenti i supporti per legarla al volto del re.

Ovviamente, a confermare la “maledizione di Tanis”, sul sito del Museo Egizio del Cairo questa machera…non c’è. Forse per questo la maschera emana una certa tristezza, con quella bocca che non è illuminata da alcun sorriso.

Ditemi voi se questo era un modo di esporre questi oggetti…Per fortuna sono in fase di ricollocazione nel vecchio Museo Egizio

FONTI:

Pierre Montet, La nécropole royale de Tanis (Parigi, 1951):

Pierre Montet, Les constructions et le tombeau de Psousennes à Tanis (1951)

Tanis: tesori dei faraoni, Henri Stierlin e Christiane Ziegler , Seuil, 1987

Tesori d’Egitto – Le meraviglie del Museo Egizio del Cairo, Francesco Tiradritti

Foto: Pierre Montet, Merja Attia, Marie Grillot, Artists in Antiquities