Qualche tempo fa un mio amico, professore universitario, mi domandò se esistevano già nell’antico Egitto delle attività documentate di intelligence.
Ovviamente gli risposi velocemente di no, ma poi, riflettendoci bene, alcune situazioni storiche che avevo studiato per realizzare i Laboratori di Filologia Egizia mi suggerirono che qualcosa si poteva derivare.
Così ho realizzato l’articolo che vi propongo auto pubblicato qualche tempo fa.
Anche se questa volta non contiene delle iscrizioni geroglifiche spero ugualmente che questo mio lavoro sia di vostro interesse.
1954, Editions d’Art Albert Skira, Genève, Paris, New York
É la prima e preziosa edizione rilegata di un’opera che illustra magnificamente la pittura egiziana dal regno di Thutmose III all’epoca ramesside.
Il libro presenta 95 riproduzioni a colori, in carta lucida, applicate come delle cartoline sulle pagine.
La qualità della carta é magnifica ma ciò che colpisce é la descrizione minuziosa dei dipinti nel loro contesto storico, il racconto dei sentimenti e dello spirito di un popolo unico visto attraverso gli occhi delle rappresentazioni pittoriche.
Una lettura davvero piacevole e entusiasmante.
Il libro é ovviamente fuori produzione ma si trova ancora nel mercato dell’usato a prezzi davvero interessanti per la qualità dell’opera.
Il tempio di Hathor a Dendera è famoso per I bellissimi colori, ancora più evidenti dopo il restauro – e per il soffitto astronomico.
Nella sala ipostila esterna è rappresentato il viaggio diurno di Ra durante le ore del giorno.
Nell’immagine qui sotto, è presente il dettaglio della IV ora.
A destra, la dea della IV ora indossa il disco solare, sulla prua della barca sacra di Ra si notano un uccello Ba, dalla testa umana, e il dio Montu (testa di falco, poeta il disco solare con due piume) che arpiona Apophis – di cui ha diffusamente parlato Luisa Bovitutti- che in questo caso, anziché essere rappresentato come un serpente, ha le sembianze umane di un nemico asiatico.
Il segno dell’Ariete dal soffitto astronomico della grande sala ipostila. I segni zodiacali avevano origine babilonese-greca e non si trovano in Egitto prima della conquista di Alessandro Magno, avvenuta nel 332 a. C. Foto: Mick Palarczyck
Il segno del Toro –– Foto: Mick Palarczyck
Il segno dei Gemelli, rappresentato dai gemelli divini Shu, a sinistra, e Tefnut, a destra. Shu era il simbolo dell’aria e Tefnut quello dell’umidità. Con i figli Nut (cielo) e Geb (terra), rappresentavano i quattro elementi primordiali. Foto: Mick Palarczyck
I segni di Vergine e Bilancia – Foto: Mick Palarczyck
La morte del sovrano nella I Dinastia era un momento di grande dolore e sconvolgimento: sembra accertato infatti che il sovrano fosse accompagnato nel suo ultimo viaggio da decine se non centinaia di familiari e cortigiani. Si trattava di un momento di grande dolore per tanti, inclusa la famiglia reale che perdeva non solo il faraone ma anche , probabilmente, molti familiari, amici , cortigiani, ancelle con cui aveva condiviso gran parte della propria vita.
Tombe nell’area sepolcrale del faraone Djer
Area sepolcrale del faraone Djer
La pratica di porre delle vittime sacrificali nella tomba del re iniziò con il faraone Aha o Menes, successore di Narmer, I Dinastia, 3100 a.C. : circa 50 persone accompagnarono il sovrano nel suo ultimo viaggio. Con loro furono sacrificati degli asini, come bestie da soma, e 7 giovani leoni maschi, simbolo della forza e coraggio del re. Flinders Petrie individuò le seguenti sepolture secondarie ad Abydo:
Aha (Menes) Nr 48
Djer (Zer): Nr 595
Djet (Zet) nr 338
Merneith nr 121
Den nr 121
Azab nr 63
Semerkhet nr 69
Qa nr 26
I corpi furono trovati sepolti in posizione fetale, come nelle sepolture predinastiche, in casse di legno. L’interno delle casse era riempito di sabbia bianca. Secondo Flinders Petrie la posizione di alcuni corpi indicava che alcuni di loro furono sepolti vivi (es. tomba 537: l’uomo ha le caviglie legate ai fianchi e si trova a faccia in giù, come se fosse stato gettato dall’alto; altri hanno le mani che coprono la bocca). Le analisi condotte sugli scheletri mostrano che la maggior parte degli occupanti delle tombe era in buona salute e di mezza età. Erano ben nutriti e furono seppelliti nello stesso momento. Non è stato provato che le vittime sacrificali fossero membri della famiglia reale, in particolare i fratelli del sovrano deceduto, ma l’evidenza data dalla buona nutrizione suggerisce che fossero dei membri dell’élite e della corte, mentre la morte di uomini giovani suggerisce che potessero essere potenziali rivali del successore del sovrano. Non sappiamo esattamente come queste povere persone morirono ma la maggior parte dei corpi non mostra alcun segno di lotta.
Tomba del faraone Aha Menes
Possibile ricostruzione della tomba della regina Merneith, probabile prima donna faraone
Matthew Adams , direttore del Albright Institute of Archaeological Research a Jerusalem e presidente dell’American Archaeology Abroad, ha avanzato l’ipotesi che queste persone si siano suicidate con il cianuro. Le donne erano sepolte nelle immediate vicinanze della tomba, mentre gli uomini lungo il perimetro del recinto sepolcrale. I loro nomi erano scritti su delle piccole stele poste nella tomba o in colore rosso nei i muri interni della tomba. Benché sacrificate, queste persone furono seppellite con tutti gli onori, in tombe ricche di suppellettili e dei segni di potere che li avevano contraddistinti in vita: sigilli, armi, utensili, ornamenti.
Nel caso di Djer almeno l’85% dei defunti era composto da donne. Due di loro erano sicuramente delle personalità importanti, forse delle regine. Furono trovati sepolti anche due nani, probabilmente favoriti a corte. Una carneficina agghiacciante: uomini, donne e bambini la cui vita terminò tragicamente assieme al loro sovrano e a cui fortunatamente si mise fine con la II Dinastia.
Pianta della tomba del faraone Djet . Si notano nel perimetro le sepolture secondarie
Scavi di Flinders Petrie, tomba 357
Fonti:
Kara Cooney, When Women ruled The world, Washington, National Geograohic, 2018W.M.
Flinders Petrie, tombs of the Courtiers and Oxyrhynkhlos, London, British School of Archaeology in Egypt, 1925
John Galvin, “New Evidence Shows That Human Sacrifice Helped Populate the Royal Ciry of the Dead”, National Geographic, April 2006
Questa antichissima opera rappresenta il punto d’incontro ideale fra l’arte protodinastica, di cui ricorda le opere di terracotta o avorio, e quella dinastia, di quest’ultima infatti contiene già la caratteristica costruzione su due assi: quello verticale è dato da elementi come il braccio destro disteso, quello orizzontale da elementi quali il braccio sinistro piegato. La statua rappresenta probabilmente una dea. Quest’opera è una delle prime statue litiche di figure umane erette che ci siano pervenute.
Da Abydos, fine Predinastico, I dinastia.
Calcare, altezza 34,7 cm. Monaco, Staatliche Sammlung, Agyptischer Kunst.
Fonte: Antico Egitto di Maurizio Damiano.
FIGURA IN AVORIO
A cura di Sandro Barucci
Espressiva figura di avorio (ippopotamo) dal Metropolitan Museum of Art di NY, datata tardo Naqada I – primo Naqada II.
CIOTOLA CON PIEDINI UMANI
A cura di Patrizia Burlini
Ciotola con piedini umani. Realizzata in argilla del Nilo, la superficie è così liscia e levigata da apparire lucida .La forma la rende simile al geroglifico egizio che significa “portare” : in(i). Non è chiaro il suo utilizzo: forse ciotole del genere facevano parte del corredo funerario, come ciotole per le offerte di cibo dai vivi ai defunti (forse con i piedi la ciotola poteva raggiungere più speditamente il defunto ?).
Periodo predinastico, tardo Naqada I- Naqada II, conservata al MET di New York.
Data ca. 3900–3650 a.C.
Dimensioni: diam. 13.2 x L 13.7 x P 9.8 cm
TAVOLOZZA IN GROVACCA
A cura di Francesco Alba
Tavolozza in grovacca a forma di pesce, per macinare il belletto.
Risale al Naqada II-III. Ignoto il luogo di origine, faceva parte della collezione di W. M. Flinders Petrie.
Attualmente in mostra presso il Cleveland Museum of Art (USA).
PETTINE IN AVORIO
A cura di Luisa Bovitutti
Pettine in avorio decorato con una giraffa risalente al periodo Naqada II, oggi custodito al Metropolitan di New York.
VASO ZOOMORFO
A cura di Grazie Musso
Questo vaso votivo del Predinastico (per defunti o divinità) fu realizzato con una tecnica particolare : modellato inizialmente a forma di uovo, è stato poi scolpito ulteriormente fino a ricordare un ibis che è qui realizzato facendo coincidere il becco con il collo e piegandoli entrambi all’indietro. Il vaso è scavato all’interno sino ad ottenere pareti sottilissime
Naqada II, Lunghezza 18 cm. Berlino, Agyptisches Museum.
Fonte: Antico Egitto di Maurizio Damiano.
Collana in corniola e faience
A cura di Ivo Prezioso
Lunga collana costituita da piccole perline tubolari di corniola e faience. Nella parte centrale sono inserite alcune perline sfaccettate di corniola.
Provenienza: Badari Tomba 23.
Predinastico. Lunghezza cm.80. Londra, Petrie Museum
Collana in corniola e faience CON PERLE D’ORO
A cura di Ivo Prezioso
Collana proveniente da Abydos, Tomba 787. Lunghezza cm. 24.
Londra, Petrie Museum.
Collana costituita da perle cilindriche e tubolari di faience e corniola e da due perle sferiche in oro
BRACCIALE IN faience
A cura di Ivo Prezioso
Bracciale proveniente da Giza, Mastaba V. Lunghezza cm. 20, altezza cm. 2,2.
Londra, Petrie Museum.
Il bracciale è costituito da tredici elementi di faience che raffigurano il nome di Horus del sovrano: il falco appollaiato sul “serekh”. Sette elementi sono rivolti a destra e sei a sinistra: è quindi probabile che uno sia mancante. Ciascun elemento è separato dal successivo da due piccole perline tubolari. Alle estremità sono presenti due terminali forati. Questo bracciale mostra una somiglianza evidente con quello molto più prezioso, in oro e turchese, rinvenuto nella tomba di Djer.
QUATTRO BRACCIALETTI DALLA TOMBA DEL RE DJER
A cura di Luisa Bovitutti
Rinvenuti al Abydos nella tomba del re Djer della 1′ dinastia (ca. 3150-2890 a.C.), ora al Museo Egizio, al Cairo. JE 35054 Essi si trovavano sull’avambraccio avvolto in bende di lino appartenuto ad una donna, forse la moglie del re o un membro della famiglia reale. I singoli componenti erano stati tenuti in posizione dalle bende, per cui è stato possibile ricostruire i bracciali nel loro aspetto originario; tre di essi sono realizzati con perle d’oro, turchese, lapislazzuli e ametista.
Il quarto è costituito da 27 targhe che rappresentano la facciata del palazzo sormontata dal dio falco Horus.
Vasi di tipo Naqada II
A cura di Grazia Musso
Epoca Predinastica, Naqada II., seconda metà del IV Millennio a. C. Argilla dipinta. Scavi a Hammamija e acquisiti di E. Schiapparelli. Museo Egizio di Torino.
Il cosiddetto periodo Predinastico della storia dell’Egitto fu caratterizzato dalla fioritura di alcune culture locali convenzionalmente designate con i nomi delle località incui sono state trovate le loro testimonianze archeologiche. Tale è il caso di Naqada, un sito a circa 30 chilometri a nord di Luxor, sulla riva occidentale del Nilo. La zona, scavata alla fine dell’Ottocento, ha restituito un’enorme quantità di reperti, soprattutto ceramica, pettini in avorio, tavolozza per il belletto e coltelli in selce che testimoniano l’esistenza, tra il V e il IV millennio a. C, di una civiltà omogenea, caratterizzata da un alto livello di sviluppo produttivo. I vasi di Naqada rappresentano un gruppo piuttosto omogeneo, che si può suddividere in due categorie cronotipologiche, identificate come Naqada I e Naqada II. Questi vasi appartenuti, appartenuti alla seconda serie, sono realizzati in Argilla chiara con motivi geometrici, spirali e archetti, e immagini di imbarcazioni dipinte di rosso.Le barche, certamente connesse allo sviluppo della navigazione fluviale dell’epoca, oltre alle figure di animali e piante dell’ambiente nilotico sono i tipici temi raffigurati i della produzione vascolare di ‘Naqada II”, che trasse spunto dall’ ambiente naturale circostante per queste prime e antichissime espressioni artistiche.
Fonte: I grandi musei – Torino Museo Egizio – Electra.
TELO DIPINTO
A cura di Grazia Musso
Metà del IV Millennio a. C. Misure originarie: 390×95 cm Museo Egizio di Torino.
Il clima caldo e secco dell’Egitto ha contribuito in maniera determinante alla conservazione di antichi manufatti altrimenti facilmente deperibili, come quelli realizzati in legno, stoffa, pellame e fibre vegetali. Il telo di lino dipinto rinvenuto a Gebelein nel 1930 da Giulio Farina, collaboratore di Schiapparelli e poi suo successore alla guida del Museo Egizio, è uno dei più antichi reperti di questo genere proveniente dal mondo antico. La stoffa , rinvenuta nella fossa in cui era stato sepolta una persona in posizione rannicchiata, è decorata con scene policrome dipinte di nero, rosso e bianco che raffigurano imbarcazioni a remi, un uomo vicino a rivoli d’acqua, un episodio di caccia all’ippopotamo e una danza rituale, probabilmente connessa con i riti funebri celebrati in favore del defunto. I disegni, pur nella loro semplicità, sono estremamente realistici e costituiscono quindi un documento prezioso per conoscere quale fosse la tecnica di navigazione fluviale praticata in Egitto in quelle epoche remote. Il telo testimonia inoltre l’alto livello raggiunto più di cinquemila anni fa dall’industria tessile locale, basata già allora sulla coltura specializzata del lino che sarebbe rimasta anche in seguito una delle voci più importanti dell’economia egizia.
Fonte: I grandi musei – Museo Egizio di Torino – Electra.
Arte naturalistica in epoca predinastica
A cura di Luisa Bovitutti
Capolavori predinastici ispirati alla fauna locale: statuine raffiguranti uno sciacallo, un elefantino ed una rana, ed un vaso decorato con giraffe e, sembra, uno scorpione.
A sinistra due ippopotami, a destra un’anatra accovacciata, un pesce ed un ibis.
Tavolozza a forma di pesce
A cura di Grazia Musso
Epoca Predinastica Ardesia, altezza 4,8 cm., lunghezza 14,4 cm. Museo Egizio di Torino
Alla cultura di Naqada ( I e II) risalgono le tavolozze in ardesia usate per macinare i pigmenti di origine minerale ( malachite e galena) con cui si produceva il belletto per truccare gli occhi. Si tratta di sottili lastre di pietra scura il cui contorno riproduce, in linee semplici ed essenziali, l’aspetto di vari animali tipici della Valle del Nilo, quali pesci, tartarughe e uccelli. La finalità di queste tavolozze è desunta, dalla presenza, su alcuni esemplari, di tracce di pigmento colorato con cui sia gli uomini che le donne usavano contornate gli occhi. Dopo essere state usate in vita, le tavolozze entravano a far parte del corredo funerario del loro proprietario, chiuse all’interno di tombe che le hanno conservate intatte per millenni sino alla loro riscoperta .È tuttavia probabile che a partire dal tardo periodo Predinastico almeno gli esemplari più elaborati avessero perso il loro significato pratico originario e fossero invece destinati ai templi, dove venivano deposti come ex-voto dai fedeli. Comunque, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso, questi antichi oggetti con le loro forme stilizzate sono una chiara dimostrazione della grande capacità di astrattismo elaborata dagli artigiani di quell’epoca, autori di oggetti di uso quotidiano realizzati come opere d’arte.
Fonte : I Grandi Musei: il Museo Egizio di Torino. – Electra.
COLTELLO CERIMONIALE PREDINASTICO
A cura di Luisa Bovitutti
Questo coltello con lama in selce a coda di pesce risale al periodo Naqada II (3800- 3200 a. C.), fu rinvenuto a El Gebelein ed è ora custodito al museo del Cairo. Il manico è in legno, rivestito in foglia d’oro e decorato con lo stile tipico dei vasi di quel periodo: tre figure femminili, probabilmente ballerine, stanno in fila tenendosi per mano; l’ultima tiene un ventaglio. Sul lato opposto al ventaglio ci sono quattro linee ondulate che probabilmente rappresentano le acque del Nilo.
Esso non era destinato all’uso nella vita quotidiana: la forma a coda di pesce della lama ricorda uno strumento usato nella cerimonia di “Apertura della Bocca” chiamato pseshef e menzionato nei testi delle Piramidi dove viene spiegato che veniva usato per toccare la mascella del defunto nel corso di incantesimi appropriati per permettergli di muoverla e di parlare.
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