Di Andrea Petta e Franca Napoli
Come già per i capelli, anche in questo caso la medicina si mescola con l’estetica, con importanti eccezioni.
Da un lato abbiamo infatti le prescrizioni per “evitare gli odori in estate”, veri e propri deodoranti a base di franchincenso, bacche di ginepro e mirra, oppure frutti di carruba – l’ennesima dimostrazione dell’importanza dell’igiene nell’Antico Egitto.
Non mancano poi le prescrizioni per ottenere una pelle morbida a base soprattutto di miele, natron, sale e polvere di alabastro. Livio Secco ci ha illustrato alcune delle pratiche cosmetiche (su cui ha anche pubblicato un volume) QUI.

D’altra parte, invece, appaiono le prime terapie dermatologiche vere e proprie. Le evidenze paleopatologiche ci mostrano solo sospetti: la cute delle mummie è disidrata e molto scura, difficilmente si può distinguere una patologia con certezza. Si sospettano su alcune mummie casi di tumori cutanei, in particolare dovuti alla sindrome di Gorlin-Goltz (carcinomi delle cellule basali e cheratocisti che causano malformazioni del derma e scheletriche, tra cui un tipico accorciamento dell’osso metacarpale dell’anulare) e si stanno cercando i marcatori genetici di questa patologia, finora senza successo.


Abbiamo visto i casi di vaiolo (Ramses V) e le cisti cutanee, trattate chirurgicamente; sui papiri medici troviamo invece le indicazioni volte ad alleviare i sintomi di rossori cutanei (rash), eczemi, ulcere ed in generale “irregolarità della cute”. Dal momento che la medicina egizia faceva riferimento sempre ai metu, ai vasi interni del corpo, anche nel caso delle patologie della pelle bisognava liberare i metu, soprattutto dell’addome, facendo ricorso sovente a lassativi.

Di particolare importanza erano le ustioni, che evidentemente accadevano di frequente se vengono riportati ben 27 rimedi per curarle.
Da quanto leggiamo nel Papiro Ebers, la terapia più gettonata vedeva un cambio di terapia ogni giorno, per cinque giorni; rispettivamente:
- Il primo giorno: fango nero
- Il secondo giorno: escrementi di bestiame di piccola taglia (vitello, pecora, capra)
- Il terzo giorno: resina di acacia, impasto d’orzo, carrube e olio
- Il quarto giorno: cera, olio, papiro macerato nell’acqua (specificato: “non scritto”!) e un legume wah, non identificato
- Il quinto giorno: ocra rossa, foglie di un albero non identificato, scaglie di rame
Agli occhi della medicina moderna non c’è nessuna logica in questa sequenza, anzi: gli escrementi del secondo giorno comportano un grosso rischio di infezione e gli olii, noti lenitivi, non compaiono prima del terzo giorno. Un grande mistero, legato probabilmente alla necessità di scacciare i “demoni” collegati all’ustione.
Gli altri rimedi per le ustioni comprendono spesso dell’olio, il miele (battericida), le scaglie di rame o di malachite (battericidi). Evidentemente anche i medici egizi non avevano soverchia fiducia in questi rimedi, perché, stranamente, questa parte del Papiro Ebers contiene ben due incantesimi da affiancare ai rimedi proposti, un fatto inusuale nei papiri medici.
Come in altri casi, anche qui purtroppo ci colpisce di più quello che manca, rispetto a quello che troviamo nei papiri medici. In un Paese in larga parte desertico, le malattie della pelle avrebbero dovuto essere estremamente diffuse, mentre non sono assolutamente trattate.
Con una singola, straordinaria eccezione che vedremo nella prossima puntata