C'era una volta l'Egitto, III Periodo Intermedio, XXV Dinastia

I FARAONI NERI – TAHARQA

Di Piero Cargnino

Non voglio indugiare oltre per scoprire se fu Shabaka o Shebitqo a regnare per ultimo ma proseguirò seguendo le linee accademiche in generale. Diciamo quindi che a Shebitqo successe il cugino Taharqa che per sua fortuna si trovò la strada spianata dalle campagne di successo di Pianki e Shabaka avviandosi a governare un prospero regno.

Per quanto riguarda la durata del regno di Taharqa la si evince dalla “Stele del Serapeum” (cat. 192) dove viene registrato che un toro Apis nato il “quarto mese della stagione di Akhet, giorno  9”, nell’anno 26 di Taharqa morì nel Anno 20 di Psammetico, “quarto mese di Shemu, giorno 20 dopo aver vissuto 21 anni”. Da ciò si deduce che Taharqa regnò almeno 26 anni.

Abbiamo già incontrato Taharqa quando, durante il regno del suo predecessore, guidò l’esercito egizio inviato a supporto della  coalizione anti-assira formata dal regno di Israele, da quello di Giuda e dalle città di Ascalon e Sidone, dove la coalizione fu sconfitta ad Ashod.

Rientrato in Egitto salì al trono dopo la morte di Shabaka o Shebitqo e lo descrive lui stesso esplicitamente nella stele di Kawa, riga 15:

Stranamente nella stele Taharqa non accenna mai chi fosse il Falco Reale. Pertanto rimane l’incertezza su chi dei due suoi predecessori abbia regnato per ultimo.

Affidò subito l’amministrazione dell’Alto Egitto al Quarto Profeta di Amon presso Karnak, Montuemhat, al quale concesse i titoli di “Governatore di Tebe” e “Sovraintendente ai Distretti Meridionali”. Stabilì la sede della sua corte nel Basso Egitto in modo tale da avere l’opportunità di  seguire meglio le complesse vicende palestinesi, nel contempo sottomise i piccoli dinasti locali, di origine libica, che spadroneggiavano ancora in alcune zone del Delta del Nilo.

Intanto il re assiro Sennacherib venne assassinato in seguito ad un complotto, lo racconta Erodoto ed anche la Bibbia:

Non è detto che nell’uccisione di  Sennacherib Taharqa sia stato del tutto estraneo tanto che iniziò a coltivare alleanze con elementi in Fenicia disposti a rendersi più indipendenti dal potere assiro. Intraprese alcune campagne militari con successo ed invase la Palestina meridionale, come attestato dalla “lista dei principati asiatici conquistati” nel tempio Mut a Karnak e “popoli e paesi conquistati (libici, nomadi Shasu, fenici e Khor in Palestina) nel tempio di Sanam”.

Ma Taharqa aveva fatto male i conti, Esarhaddon succeduto a Sennacherib intraprese una campagna militare contro Khor (avamposto egiziano situato nel sud della Siria), distrusse Sidone e sottomise Tiro. si rivolse quindi all’Egitto, Taharqa fu sconfitto nel 677 a.C.; fuggì prima a Tebe poi, quando il governatore Montuemhat fu costretto a fare atto di sottomissione consegnando tutta la regione a Esarhaddon, dovette ritirarsi a Napata.  Esarhaddon invase e trasformò il Basso Egitto in una provincia assira, proseguì quindi, attraversando il deserto, fino a Menfi, che conquistò catturando la famiglia del faraone, le mogli reali ed il principe Nes-Anhuret che inviò in Assiria come ostaggi, impose tributi e poi si ritirò. Per la prima volta da secoli l’Egitto dovette subire un’invasione straniera.

Ma Taharqa tornò  portando truppe di riserva da Kush, come menzionato nelle iscrizioni rupestri e sconfisse gli Assiri nel 674 a.C., secondo i documenti babilonesi rioccupando Menfi ed il Delta. Secondo alcuni studiosi pare che questa sia stata forse una delle peggiori sconfitte dell’Assiria.

Nel frattempo l’improvvisa morte del re Esarhaddon fermò l’avanzata dell’esercito assiro, anche perché Ashshurbanipal, succeduto al padre, dovette accorrere in patria per risolvere una crisi politica scoppiata nel suo turbolento impero. Ne approfittò subito Taharqa che, tornato a Tebe riuscì in breve a formare una nuova alleanza con dinastie locali che avevano fatto atto di sottomissione all’occupante; alla coalizione aderì anche Necho, principe di Sais che fonderà la XXVI dinastia.

Ashshurbanipal, risolta la crisi interna, rientrò appena possibile in Egitto, sconfisse nuovamente Taharqa e avanzò fino a Tebe, ma non stabilì un controllo assiro diretto, nominò suo vassallo sovrano in Egitto Necho I e tornò in patria. Pochi anni dopo i sovrani di Sais, Mendes e Pelusium tornarono a complottare contro gli assiri cercando di attirare con loro Taharqa che si trovava a Kush. Assurbanipal scoprì quello che si tramava ai suoi danni, scese nuovamente col suo esercito e sconfisse i ribelli giustiziandone molti e deportando Necho I a Ninive. Ancora una volta Taharqa si rifugiò nella sua terra d’origine dove di li a poco morì.

Va riconosciuto a questo faraone che, nonostante un regno in continuo conflitto con la potenza assira, fu anche in grado di garantire un prospero periodo di rinascita sia in Egitto che nel suo paese Kush. Favorito da una eccezionale inondazione del Nilo, che permise un raccolto molto abbondante a tutto vantaggio della popolazione, il governo centrale fu particolarmente efficiente da sostenere molte  risorse intellettuali e materiali, la religione, le arti e l’architettura furono riportate alle loro gloriose forme dell’Antico, Medio e Nuovo Regno.

Taharqa e la XXV dinastia fecero rivivere la cultura egiziana, dalle numerose iscrizioni si riscontra che il sovrano fece grandi donazioni d’oro sia al tempio di Amon di Karnak che a quello di Kawa. Sotto Taharqa, l’integrazione culturale dell’Egitto e di Kush raggiunse un punto tale da non poter essere annullata, nemmeno dopo la conquista assira. L’impero della Valle del Nilo tornò grande come lo era stato nel Nuovo Regno.

Taharqa fu anche un grande costruttore, restaurò templi e ne costruì di nuovi, fece delle enormi aggiunte ai templi di Karnak e di Kawa oltre che al tempio di Jebel Barkal, la cui somiglianza con quello di Karnak costituì un punto centrale per i suoi costruttori.

Taharqa costruì anche insediamenti militari presso i forti di Semna e Buhen e il sito fortificato di Qasr Ibrim. All’ingresso del palazzo di Ninive furono trovate tre statue colossali di Taharqa,  probabilmente portate come trofei di guerra da Esarhaddon con altro bottino.

Taharqa morì a Tebe ma a differenza dei suoi predecessori non fu seppellito a el-Khurru ma nella sua piramide a Nuri, (piramide NU 1) anche se è nota una seconda piramide di dimensioni modeste, a lui dedicata e situata a Sedeinga. La piramide NU 1 di Taharqa è la più grande e meglio conservata, misura circa 52 metri per lato ed è alta 67 metri con un’inclinazione di 69 gradi, è la più elaborata tomba rupestre kushita.

La camera funeraria è una replica dell’Osireion di Seti I ad Abydos, ha sei colonne che sostengono un tetto a volta. Nella sua tomba furono deposti oltre 1070 ushabti di varie dimensioni fatti di granito, ankerite verde e alabastro.

Fonti e bibliografia:

  • Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bologna, Bompiani, 2003
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, Torino, Einaudi, 1997
  • R. William Gallagher, “Sennacherab’s campaign to Juda”, Boston, Brill Press, 1999
  • Marco Joshua J., “Esathaddon”, Enciclopedia della storia mondiale, (estratto), 2019
  • Radner Karen, “Antica Assiria: una brevissima introduzione”, Università di Oxford, 2015
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, 9ª ed., Roma-Bari, Biblioteca Storica Laterza, 2011
  • A. Kirk Grayson, Sennacherib in Anchor Bible Dictionary, New York, 1992

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