Di Andrea Petta

Abbiamo già incontrato più volte la figura di Bernardino Drovetti, console francese in Egitto. Il “rivale” di Salt, quasi un supercattivo della storia di Belzoni. Ma non è proprio così. Lo approfondiremo più avanti, perché anche Drovetti avrà un enorme impatto sulla nostra comune passione.
Inizialmente Drovetti vede in Belzoni un alleato: viene dall’Italia anche lui, seppur molto inglesizzato ormai; non è un superstizioso mistico come Caviglia; riesce ad arrivare dove Drovetti non può e non riesce.
Drovetti gira in divisa, Belzoni in abiti arabi. Uniti dall’ammirazione per la cultura egizia, divisi dalla provenienza, dall’estrazione sociale e dal carattere.
Sono anche quasi amici: Drovetti, infatti, subito dopo il recupero del “Giovane Memnone” offre a Belzoni il coperchio di “un sarcofago stupendo”, basta che riesca a tirarlo fuori dalla tomba in cui giace. L’amicizia con il viceré d’Egitto permette a Drovetti di gestire molti reperti come se fossero cosa sua; oggi potrebbe sembrare incredibile se non fosse che, come abbiamo visto, personaggi come Zahi Hawass si prestano a visite private in siti non aperti al pubblico, tanto per fare un esempio…
Belzoni ovviamente accetta la sfida. La tomba è la cosiddetta “Tomba di Bruce”, quella che abbiamo visto descritta per la prima volta con le immagini degli arpisti quasi 50 anni prima (https://laciviltaegizia.org/2024/04/23/james-bruce/). Quello che Belzoni non sa è che Drovetti in quella tomba ci è già entrato, ma è stato nuovamente ingannato dai locali che lo hanno fatto entrare da un passaggio da loro stessi scavato e che non consentirebbe di estrarre il sarcofago o il suo coperchio.
Il nostro eroe entra quindi in una delle tombe più lunghe della Valle (125 metri in totale) attraverso lo stesso passaggio percorso da Drovetti, tanto da descrivere “lo non potei comprendere come un sarcofago siccome mi era stato descritto avesse potuto essere introdotto in quella cavità che l’arabo mostrava a dito”.
L’impresa pare impossibile, ma visto che la fortuna aiuta gli audaci, Belzoni vede una delle sue guide precipitare in uno dei pozzi e ferirsi gravemente. Recuperando il malcapitato, scopre il corridoio principale e l’ingresso “vero” della tomba. Diventa quindi possibile estrarre il coperchio (in fondo pesa “solo” 7 tonnellate…) ma immediatamente viene accusato di furto da un solerte funzionario locale. Interverrà personalmente Drovetti per confermare il “regalo” del coperchio e prendere possesso del sarcofago.
E così il coperchio dello splendido sarcofago di Ramses III (perché sua era la tomba, la KV11) finirà al Fitzwilliam Museum di Cambridge, donato da Belzoni in persona, e il sarcofago al Louvre, donato da Drovetti.
Il coperchio è di una bellezza stordente (la descrizione è sotto la sua foto), probabilmente i due pezzi meriterebbero di essere riuniti.
Ma poco dopo l’amicizia di Belzoni con Drovetti svanirà dietro ad un obelisco conteso. Anzi, affonderà, letteralmente.
NOTA: esistono dei dubbi se effettivamente il coperchio del sarcofago di Ramses III sia quello “donato” da Drovetti o se sia stato recuperato da Belzoni in un secondo tempo. Secondo alcuni Autori, tra cui Bickerstaffe (Bickerstaffe, D. 2006. “Strong Man—Wrong Tomb: The Problem of Belzoni’s Sarcophagi”) la tomba da cui venne estratto il regalo di Drovetti sarebbe la TT289 del viceré della Nubia Setau. Salt donò (o millantò il dono) a sua volta a Belzoni il coperchio di un sarcofago (“the cover of a Sarcophagus found by him in one of the end-tombs of the Kings at Thebes”) ma, mannaggia a lui, non specifica QUALE tomba. Inoltre, non ci sono evidenze che Belzoni abbia portato via DUE coperchi di sua “proprietà” come sarebbe successo secondo la ricostruzione di Bickerstaffe, ed il coperchio proveniente dalla TT289 è stato venduto al British Museum da Salt e non da Belzoni… Sappiamo invece tutto dei due reperti dopo il loro arrivo in Inghilterra. Champollion in persona consigliò l’acquisto della vasca del sarcofago al Louvre (effettuato nel 1826), mentre Belzoni donò il coperchio al Fitzwilliam Museum probabilmente per ringraziare della raccolta fondi per la sua ultima spedizione in Africa di cui parleremo più avanti
Riferimenti:
- Webster D, Giovanni Belzoni: Strongman Archaeologist, 1990
- Belzoni GB, Narrative of the recent discoveries in Egypt and Nubia, 1835
- De Andrade-Eggers, Discovering Ancient Egypt In Modernity: The Contribution Of An Antiquarian, Giovanni Belzoni. Herodoto, 2016
- Zatterin M. Il gigante del Nilo, 2002
- Sevadio G, L’italiano più famoso del mondo, Bompiani 2018
- Dodson, Aidan. Rameses III, king of Egypt: his life and afterlife. American University in Cairo Press, 2019

Il coperchio del sarcofago di Ramses III (XX Dinastia, regno 1183-1152 a.C.). Fitzwilliam Museum – Cambridge
In granito rosso, dal peso di circa sette tonnellate e scolpito a forma di cartiglio, fu danneggiato nell’antichità dai tombaroli.
Il Faraone indossa la corona Atef ed è affiancato da Nephtis a sinistra e da Iside a destra, oltre che da due figure con corpo di serpente e testa di donna rappresentanti Nekhbet e Wadjet, protettrici dell’Alto e del Basso Egitto.

Il particolare della figura di Ramses III divinizzato. Fitzwilliam Museum – Cambridge
Ramses III fu vittima della cosiddetta “Congiura dell’harem” e fu assassinato tagliandogli la gola.
La sua mummia fu ritrovata nella DB320 a Deir El Bahari

Il sarcofago di Ramses III al Louvre.
Riporta capitoli del Libro dell’Amduat e del Libro delle Porte ma, benché attentamente scolpito, i testi non sono corretti – come se fossero stati copiati malamente da un artigiano non in grado di comprenderli.


1 pensiero su “IL REGALO DI DROVETTI”