A cura di Ivo Prezioso
Partiamo con Abydos, che rimarrà per tutta la lunghissima storia del Paese delle Due Terre, uno dei centri di maggior prestigio. Per la descrizione dell’antichissima necropoli di Umm el Qa’ab. La fonte principale da cui ho attinto per la descrizione del sito è basata principalmente su lavoro di Günther Dreyer, illustre egittologo dell’ Istituto Tedesco di Archeologia (DAI), recentemente scomparso. Rifermenti relativi alle ricerche di altri studiosi saranno, ovviamente, menzionati all’occorrenza.
La Necropoli reale di Umm el Qa’ab, che comprende tombe che vanno dal Predinastico alle prime Dinastie, è situata a circa 2 Km da Abydos (28°11’ N 31°55’ E). Il suo nome in arabo significa letteralmente “madre dei vasi” a causa della grande quantità di frammenti ceramici rinvenuti in questa zona. Ad oriente vi è un largo wadi che termina nei pressi di un grande insediamento , conosciuto ad Abydos col nome di Kom es-Sultan, prossimo ai grandi recinti funerari della 1.a e 2.a Dinastia. La necropoli sembra essersi sviluppata da Nord a Sud ed è costituita da tre parti:1 Necropoli predinastica U a Nord2 Necropoli B con tombe reali della Dinastia 0 e inizio 1.a Dinastia, al centro3 Complessi di tombe di sei re ed una regina della 1.a Dinastia e di due re della seconda dinastia, a sud.
Le necropoli furono scavate inizialmente da Emile Amélineau nel 1895-1898. Flinders Petrie continuò lo scavo della necropoli B e dei complessi più recenti nel 1899-1900. Alcune parti furono nuovamente esplorate nel 1911-1912 da T. Eric Peet. Dal 1973, l’ Istituto Tedesco di Archeologia (DAI) ha riesaminato l’intera necropoli. Da allora sono state fatte nuove ricognizioni su sezioni delle aree U, B e dei complessi di Djet e Khaseshemwy. E’ stato, inoltre ricostruito il complesso funerario di Den.Fin dai tempi antichi, queste tombe sono state saccheggiate più volte e la maggior parte di quelle della 1.a Dinastia mostra tracce di devastanti incendi. I reperti relativi ai primi scavi furono in parte venduti da Amélineau e distribuiti in varie collezioni. I più importanti si trovano a Berlino, Bruxelles, Il Cairo, Chateadun, Chicago (Oriental Institute), Londra (University College e British Museum), New York (Metropolitan Museum), Oxford, Parigi (Louvre). I manufatti rinvenuti dalla missione tedesca sono, invece, custoditi ad Abydos.

Nella foto: Immagine del sito ripresa dal satellite
la Necrupoli U
La necropoli U ricopre un’area di circa 100×200 m. su un plateau leggermente elevato, tra la necropoli B e la collina “heqa reshu” (dove F. Petrie trovò “shwabitis” del Nuovo Regno, incisi con questo nome). Amélineau riferisce di aver scavato 150-160 tombe di diverso tipo (in quattro giorni!); 32 piccole tombe furono scavate da Peet nel 1911. Entrambi pubblicarono solo qualche dettaglio senza una pianta generale. Nel corso dello sgombro dalla sabbia del deserto operato dal DAI, furono mappati circa 400 pozzi sepolcrali e centinaia di piccoli pozzi per le offerte vuoti (risalenti al Nuovo Regno e oltre). Dal 1993 sono state scavate circa 120 tombe, in massima parte nella zona centrale e meridionale, ma in piccola misura anche verso il bordo nord-occidentale. Le ceramiche rinvenute sono quelle della cultura predinastica (Naqada) dell’Alto Egitto, che furono per la prima volta descritte da Petrie e più tardi revisionate in sottoperiodo della cultura Naqada da Werner Kaiser.
Nel periodo Naqada I-IIa, la necropoli U sembra essere stata completamente indifferenziata, anche se c’è un piccolo numero di tombe alquanto ricche. Il sottoperiodo Naqada IIb-c è poco rappresentato, mancando quasi del tutto il vasellame caratteristico. Durante il Naqada IId2 si ebbe, evidentemente, uno sviluppo grazie ad un’ èlite scelta con ampie tombe che, verosimilmente, dovevano essere appartenute a personaggi da identificare come capi e loro congiunti o discendenti.
Di particolare importanza è l’ampia tomba U-J, scoperta nel 1988. In accordo con i campioni misurati al radiocarbonio, essa risale a circa 150 anni prima del re Aha (probabile capostipite della 1.a Dinastia). La tomba è suddivisa in dodici camere e misura 9,1×7,3 m. Sebbene depredata, e forse parzialmente scavata fin dai tempi più antichi, la Tomba U-j ha restituito ancora molto arredo funebre consistente in parecchi manufatti in avorio e osso, circa 150 piccole tavolette con brevi iscrizioni, un gran numero di differenti tipi di ceramica egizia e più di 200 giare per il vino probabilmente importato dalla Palestina. Nella camera sepolcrale fu trovato un completo scettro a forma di pastorale a dimostrazione che il proprietario fosse senza dubbio un sovrano.
Le piccole tavolette, incise ognuna con segni geroglifici, in numero variabile da uno a quattro, indicano come la scrittura fosse già ad un certo livello di sviluppo. Con tutta probabilità i numeri indicano le dimensioni di pezzi di stoffa e i segni, presumibilmente, specificano la provenienza di beni di varia natura. Almeno alcune delle iscrizioni sono leggibili (con valore fonetico) e menzionano istituzioni amministrative, proprietà (agricole) reali, oppure località come Buto e Bubastis nel Delta. Anche molte ceramiche sono iscritte con uno o due ampi segni tracciati con inchiostro nero. Il segno più ricorrente è uno scorpione qualche volta rappresentato insieme ad una pianta, il che ci conduce alla seguente ipotesi di lettura: “Proprietà (agricola) di Scorpione”. Considerato l’alto numero di ceramiche con questo toponimo è verosimile concludere che un re di nome “Scorpione” fu sepolto nella tomba.


Foto in alto a sinistra: Tomba U-j, si tratta di una tomba principesca in cui alla camera funeraria (quella orizzontale, in alto a destra)erano collegate nove stanze che fungevano da magazzini; esse erano connesse alla camera funeraria grazie a fenditure nelle porte simboliche. Le due sale lunghe sulla sinistra sono magazzini aggiunti in epoca successiva. Fonte: Maurizio Damiano, Antico Egitto. Nella tomba sono stati rinvenuti centinaia di vasi; un’analisi petrografica suggerisce che molti di essi furono prodotti nell’area palestinese e probabilmente devono aver contenuto vino. Fonte: Toby A.H. Wilkinson, Early Dynastic Egypt.
Foto in alto a destra: Targhette in osso provenienti dalla tomba U-j di Abydos. Databili all’incirca al 3200 a.C. costituiscono il più antico gruppo iscritto di tali artefatti. E‘ opinione diffusa, da parte di molti studiosi, che i pittogrammi incisi fossero i precursori del sistema di scrittura geroglifica
Foto in basso a sinistra: la targhetta presenta segni con significato simbolico. La possibile interpretazione è: un offerta proveniente dal dominio (l’albero) di un Re (Cane?)
Foto in basso al centro e a destra: La targhette presentano segni con probabile valore fonetico: la prima un uccello (Ba) ed un sedile (st), probabile riferimento alla città di Bubasti nel Delta, mentre la seconda un elefante (ab) e montagne stilizzate (dju) probabile riferimento ad Abydos
LA TOMBA DI RE SCORPIONE U-J
Tra i più importanti risultati recenti, nella nostra conoscenza della “storia” del primo periodo Naqada III (“Dinastia 00”), ci sono gli scavi di Dreyer e la pubblicazione della tomba del re Scorpione I (tomba U-J), ad Abydos, e la scoperta da parte di John e Deborah Darnell di alcuni graffiti del Gebel Tjauty, nel deserto a ovest di Tebe. L’impressionante quantità di beni funerari raccolti nella tomba della necropoli di Umm el Qa’ab, tra cui quasi settecento vasi importati dalla Palestina, più qualche migliaio di giare di vino e birra (molte, dal manico ondulato, sono inscritte con segni dipinti), uno scettro Heka (rinvenuto nell’angolo N della camera funeraria), alcuni pregevoli manufatti (una ciotola di ossidiana, mobili, frammenti d’avorio con rilievi di animali) e le stesse dimensioni della tomba, hanno fatto sì che alcuni studiosi abbiano avanzato l’ipotesi che l’Egitto sia stato unificato politicamente dopo Naqada IIIa2. Ovviamente, bisogna accogliere con cautela queste affermazioni, perché spesso accade che il carattere sorprendente dei nuovi ritrovamenti possa portare a sottovalutare altre eventualità.
Nel caso in esame, non ci sono ulteriori prove di un cimitero reale del primo periodo Naqada III, se non a Hierakonpolis; quindi la possibilità che il proprietario della tomba Uj, Scorpione I, potesse già regnare su un Egitto unito manca della forza di attestazioni simili da altri siti. Nonostante l’uniformità culturale che avvolgeva l’intero paese già alla fine di Naqada II, e la convinzione, condivisa, del precoce inizio di un lungo processo di unificazione politica, i dati attuali suggeriscono che la trasformazione finale della Valle del Nilo, da una terra con diversi governi regionali in uno stato governato dallo stesso sovrano, fu realizzato solo alla fine del Naqada IIIB; da Narmer o, più probabilmente, da uno dei suoi predecessori più prossimi (Ka, Iry Hor) appartenenti alla stessa linea dominante sepolta nel cimitero B di Abydos; questa necropoli è, in pratica, la continuazione di quella denominata U.
Una caratteristica importante della tomba U-j è che la sottostruttura riproduce chiaramente un modello di palazzo: alcune feritoie forniscono l’accesso alle varie stanze della tomba, imitando sicuramente le vere porte del palazzo reale (e, forse, anticipando le false porte delle tombe successive); vicino alla sommità di ciascuna fessura due fori sostenevano un bastone di legno su cui era avvolta una stuoia arrotolata; almeno altre sei tombe in mattoni di fango nel cimitero U avevano le loro stanze collegate in questo modo.
Recentemente, Stan Hendrickx ha proposto una possibile spiegazione per la marcata differenza delle dimensioni della tomba U-j rispetto a quasi tutte le altre presenti nel cimitero: si potrebbe pensare che subito dopo il regno di Scorpione I, si sia cominciato a separare la tomba dal suo recinto funerario; un’area per le offerte, infatti, si trova appena a sud della tombe U-j e U-k (in essa furono ritrovati vasi databili da Naqada III all’inizio della I dinastia); d’altra parte i primi recinti funerari (circa 1,5 Km a nord di Umm el Qaab) sono conosciuti solo dal tempo di Djer (o Aha); ma questi erano costruite in mattoni di fango, mentre si può supporre che le più antiche fossero semplici palizzate realizzate con materiali deperibili come aste di legno, che sarebbero scomparse con il passare del tempo. A Hierakonpolis anche la tomba 11 più o meno contemporanea (élite o reale) era dotata di una recinzione (come la tomba 1 della fine della dinastia 0, che Hoffmann ha provvisoriamente attribuito a Scorpione II).Certamente si può supporre che Scorpione I abbia avuto un regno prospero; la tomba U-j (datata appena più tardi della U-k e immediatamente prima della U-i) ebbe la sua sottostruttura realizzata in due fasi: alla prima appartengono la camera sepolcrale W (U-j 1) e i nove magazzini E (U-j 2-10); in un periodo successivo furono aggiunte le due camere S (U-j 11-12); tuttavia nessun grande lasso di tempo deve aver separato le due fasi costruttive (lo dimostrerebbe la dimensione dei mattoni utilizzati che è la stessa).La vastità, la quantità e il tipo di cimeli indica che il proprietario di questa sepoltura, Scorpione I, doveva necessariamente essere una personalità rilevantissima di quel tempo.
Fonte: Francesco Raffaele,Late Predinastyc and Early Dynastic Egypt (sito web)



Nelle immagini: disegni di etichette e simbolo del Re Scorpione I, secondo Dreyer. In basso: lo scettro in avorio rinvenuto nella tomba U-j. Museo egizio del Cairo.
LA NECROPOLI B
La necropoli B è il sito di tre tombe a camera doppia risalenti alla Dinastia 0 (B1/2,B7/9, B17/18) e di due complessi degli inizi della 1.a Dinastia (B10/15/19+16, B40/50).
L’attribuzione, da parte di Petrie, di queste tombe al re Horus Ro (B1/2), Ka (B7), Narmer (?)(B10), Sma (?)(B15) e Aha (?)(B19), fu largamente accettata finché Kaiser non riesaminò le informazioni contenute nel rapporto di Petrie. Siccome un re Sma non risulta essere mai esistito, Kaiser concluse che le tre ampie camere (B10/15/19), insieme alla fila di ambienti sussidiari (B16), dovrebbero di fatto essere attribuite al re Aha, dal momento che il gruppo di doppie camere era probabilmente appartenuto ai suoi predecessori. Durante gli scavi condotti dal DAI, la nuova valutazione di Kaiser fu pienamente confermata e lo sviluppo delle tombe divenne molto più chiaro.
La sequenza relativa delle sepolture a camera doppia è chiaramente dimostrata dalle loro dimensioni e posizioni (hanno, generalmente, uno sviluppo nord-sud). Le ceramiche iscritte delle due tombe B1/2 e B7 indicano che queste appartennero ai re Irj-Hor (il Ro di Petrie) e Ka. Impronte di sigillo e diversi manufatti con iscrizioni rinvenuti intorno a B17/18, suggeriscono che questa tomba appartenne a Narmer. Questo fu l’ultimo sovrano della Dinastia 0. Il materiale iscritto trovato nelle vicinanze, così come la somiglianza di costruzione e dimensioni (circa 7,5 x 4,5 m. e 3,6 m di profondità), indicano che l’intero complesso di camere sia da attribuire ad Aha. Sembra, però, che sia stato edificato in tre periodi.
In B10/15/19 ci sono tracce di grossi altari in legno. Resti umani furono raccolti intorno alle camere sussidiarie di B16. La maggior parte delle ossa sembrò appartenere a giovani maschi di circa vent’anni, probabilmente sacrificati quando il re fu sepolto. Inoltre, nelle vicinanze della più orientale delle camere furono ritrovate le ossa di almeno sette giovani leoni.B40, un largo fossato, simile per dimensioni a B10/15/19, ma senza rivestimento in mattoni crudi, fu scoperta nel 1985. Sebbene qui ci fossero resti di una copertura in legno, la tomba fu trovata vuota e senza alcuna traccia di utilizzo. Simile per dimensioni e posizione ai complessi di Aha e Djer può, forse, essere attribuita a Athotis (ttj, Teti I), l’effimero successore di Aha.
Il piccolo complesso di quattro camere (B50) a sud di B40 fu forse destinato per sepolture sussidiarie. Probabilmente B40 fu considerata non idonea ed il re (e sua moglie?) furono sepolti nella camera meridionale di B50 in cui furono rinvenute tracce di sarcofagi in legno.
.Nella foto in alto: la grande frattura nella falesia sopra Abydos, dove gli antichi egizi ponevano l’ingresso dell’Aldilà. (Foto Paolo Renier)
Nell’immagine in basso: mappa della necropoli B. (G. Dreyer)
IL PROPRIETARIO DELLA TOMBA B1/2.
Vasi completi, o loro frammenti, provenienti dalla tomba B1/2 e dall’adiacente pozzo B0, ad Abydos, sono incisi con una coppia di simboli consistenti in un falco appollaiato sul segno di una bocca. Questa combinazione è stata letta come il nome di un re, presunto proprietario della tomba, Iry-Hor (Kaiser e Dreyer, 1982).
Ci sono problemi riguardo a questa interpretazione in quanto il nome non è inserito in un “serekh”, sebbene questo elemento distintivo fosse già in uso, per i nomi reali, già da un‘ epoca antecedente alla costruzione della tomba in oggetto. Ciò nonostante, l’esistenza di un re Iri-Hor ha trovato largo consenso. Sebbene sia possibile che la tomba appartenga ad un contemporaneo di Narmer, il recente (ri)scavo delle camere B1/2 e la scoperta di una fossa per le offerte, B0, (Dreyer e altri, 1996) immediatamente a sud di B2, rendono più probabile che l’intero complesso appartenga alla sequenza di sepolture reali che vanno cronologicamente a ritroso dalla tomba di Narmer (B10) fino ai precursori predinastici dell’adiacente necropoli U. Inoltre, le camere gemelle ricordano molto da vicino le tombe dei re Ka e Narmer e la posizione di B0/1/2 – se non i reperti ceramici – suggerisce che il proprietario deve essere collocato immediatamente prima di Ka nell’ordine di successione. E’ pertanto da considerare il re più antico della necropoli B. Il suo nome venne letto Ro da Petriee nel 1963 Kaplony lo considerò come appartenente ad un privato di rango, Wr-Ro, interpretando il volatile non come falco, bensì come rondine.


Vaso con inciso il nome di Iry-Hor. Londra, Petrie Museum
Dalla pubblicazione della seconda campagna di scavi del DAI a Umm el Qaab, il suo status e la sua attribuzione come Iry Hor sono stati quasi universalmente accettati. Lo scavo dell’equipe tedesca di B2 (m. 4,3 x 2,45) ha prodotto un altro frammento di vaso inciso più otto iscrizioni a inchiostro e un’impronta di sigillo, frammenti di vasi con il nome di Narmer e Ka e parti di un letto, in particolare un bel frammento di piede in avorio a forma di zampa di toro. Sono note due impronte di sigillo con i simboli di Iry Hor: una proveniente da Abydos, (B1) e un’altra dai detriti delle tombe Z86-89 a Zawiyet el Aryan; quest’ultima è l’unico segnale della presenza di questo sovrano al di fuori della necropoli di Abydos, se escludiamo un’ulteriore incisione incerta proveniente da Hierakonpolis.
Fonti: Toby A.H. Wilkinson, Early Dynastic Egypt.Francesco Raffaele. Late predynastic and early Dynastic
Egypt
LA NECROPOLI B: TOMBA DI KA
La stratigrafia orizzontale delle sepolture reali di Abydos, e le evidenze suggerite dai tipi di ceramica associata ai primi nomi reali, costituiscono una prova ragionevolmente attendibile che Narmer fu immediatamente preceduto (come re di This e, forse, di tutto l’Egitto) da un sovrano il cui nome di Horus mostra un paio di braccia, il geroglifico che più tardi sarà letto come “K3”.
Ka, come è generalmente noto, fu sepolto nella tomba doppia B7/9, situata tra quelle del Cimitero U, dei suoi antenati predinastici, e quelle dei suoi successori, appartenenti ai re della 1.a Dinastia. La teoria avanzata da Baumgartel, 1975, e O’Brien, 1966, che sostenevano che il “serek” di Ka, nella tomba B7/9, sarebbe da interpretare come “sepoltura del Ka di Narmer “, sembra essere sconfessata dal ritrovamento dello stesso “serekh” presso siti diversi da Abydos. I sigilli in argilla provenienti da B7/9 confermano l’attribuzione a questo re.
Ka è il sovrano meglio attestato prima di Narmer ed il suo nome è stato ritrovato in diversi siti: da Tell Ibrahim Awad, nel Delta, ad Abydos nell’Alto Egitto. Due giare incise con il “serek” di “Ka” furono rinvenute in tombe presso Helwan, la necropoli di Menfi, il che lascia supporre che la città esistesse già prima del regno di “Narmer”. Ciò contraddice la più tarda tradizione che vede in “Menes” il fondatore della nuova capitale all’inizio della 1.a Dinastia. Il “serek” di “Ka” ricorre anche su un vaso cilindrico proveniente da Tarkhan (Petrie, 1913). Qui, e nelle numerose iscrizioni provenienti dalla tomba del re ad Abydos, i segni si riferiscono alle entrate ricevute dal tesoro reale. Esse indicano che un’economia centralizzata era già perfettamente funzionante prima degli inizi del Dinastico. Confermano, inoltre, che già esisteva un sistema di riscossione delle tasse diversificato per l’Alto ed il Basso Egitto. Il nome Ka, compare, inoltre, in due forme di scrittura diverse: vale a dire con il classico simbolo delle braccia sollevate, oppure rovesciato. Poiché in questa forma il geroglifico può avere un significato diverso, corrispondente al verbo “abbracciare”, nel 1958, l’egittologo ungherese P. Kaplony, propose di leggere il nome come “Sekhen”

LA NECROPOLI B: TOMBA DI NARMER
Nonostante la possibilità che i successivi cronisti egizi possano averlo considerato come il fondatore del regno egizio, Narmer fu sepolto in una tomba abbastanza modesta.
Fu scoperta per la prima volta nel 1890 durante il rilevamento di Amélineau nel cimitero B di Umm el-Qa’ab. Consiste di 2 fosse rettangolari, numerate B17 e B18. La più grande, la B17, misura circa 3 metri per 4,1, mentre la meno conservata, B18, misura circa 3 metri per 3. Le pareti erano rivestite con mattoni di fango e ci sono anche tracce di pannelli di legno. Due fori profondi 0,65 metri nei pressi di B17 potrebbero essere stati usati per posizionare i pali che sostenevano il tetto della tomba. Nel 1986 la spedizione tedesca che operò un nuovo scavo a Umm-el Qa’ab, trovò un’ importante impronta di sigillo con i nomi Horus di Narmer, Aha, Djet, Den e della madre di quest’ultimo Merneith. Alcuni anni dopo fu rinvenuto un nuovo sigillo:, conteneva tutti i nomi della I Dinastia fino a Qa’a (ad eccezione della regina Merneith). In entrambi i casi il primo re ad aprire la lista era Narmer, il che è una chiara dimostrazione del prestigio che godeva come iniziatore di un epoca. Ammesso che lo si possa identificare come il mitico Menes, unificatore dell’Egitto, questi non potrebbe essere Aha, come sostenuto da alcuni (che vedono in Narmer e Aha la stessa persona). Sarebbe ben strano che in una lista, sia stato preceduto dal nome di un altro re. E’ vero che i monumenti del regno di Aha a Saqqara, Abydos e Naqada sono molto più impressionanti di quelli attribuibili a Narmer, ma è probabile che ciò sia, più semplicemente, dovuto al fatto che sotto il regno di quest’ultimo (suo padre?), si sia resa disponibile una grossa disponibilità di risorse da utilizzare da parte del successore. Il nome di Narmer ricorre spesso nella forma abbreviata Nar espressa da un segno, un pesce gatto, il cui valore fonetico venne in seguito fissato in “n’r ” (nar), ma è ragionevole supporre che difficilmente all’epoca venisse pronunciato così. Tuttavia questo nome è universalmente utilizzato e rimarrà tale sino a quando non verrà proposta una lettura alternativa accettabile. La presenza di tombe della Prima e inizi della Seconda Dinastia, sembra confermare la cronologia di Manetone, con Abydos principale necropoli della regione Tinita. Indipendentemente dal fatto che Narmer avesse o meno una residenza regale a This, doveva evidentemente sentire legami così forti con la regione e i suoi antenati predinastici da mantenere la tradizione di essere sepolto nell’antico cimitero ancestrale.

Confrontato ai suoi predecessori noti, Narmer è molto più attestato nel contesto archeologico. Il suo nome è stato identificato su frammenti in regioni lontane tra di loro come Tel Erani, Tell Arad e Nahal Tillah presso il Negev settentrionale in Israele. Analoghi reperti sono stati rinvenuti nel Delta nord-orientale del Nilo, il che suggerisce un intenso scambio commerciale tra l’Egitto e la Palestina meridionale durante il suo regno. Un’altra convincente evidenza di questi traffici proviene proprio dalla tomba B17 di Umm el-Qa’ab. Si tratta di un frammento d’avorio iscritto che mostra un uomo barbuto, di apparente origine asiatica, ritratto in postura curvata, forse nell’atto di rendere omaggio al re d’Egitto. (Petrie, 1901). Nel Delta, in una tomba di Minshat Abu Omar fu rinvenuto un vaso completo recante il serekh di Narmer (Kroeper, 1988) ed un frammento, recante un serekh danneggiato contenente forse il suo nome, fu scavato a Buto (von der Way, 1989). Altri oggetti con il nome di Narmer sono stati riportati alla luce a Zawiyet el-Aryan (Kaplony, 1963 e Dunham, 1978), Tura e Elwann nella regione menfita; Tarkhan, nei pressi del Fayum; Abydos, Naqada e Hierakonpolis nell’Alto Egitto. Infine c’è un’iscrizione incisa nella roccia che contiene il serekh di Narmer ed un altro serekh vuoto nel Wadi Qash a metà strada tra la Valle del Nilo e la costa del Mar Rosso. L’attività nelle regioni desertiche di confine dell’Egitto è attestata fin dai tempi predinastici e l’attrattiva esercitata dal Deserto Orientale (principalmente per le sue risorse minerali) incoraggiò spedizioni promosse a livello statale sin dagli albori della Prima Dinastia


Statua di scimmia, alabastro. altezza cm. 52, provenienza ignota, acquisita nel 1927. Berlino Agyptisches Museum.
Questa statua di babbuino a grandezza naturale è uno dei più pregevoli capolavori della scultura dell’Egitto protodinastico.
Un’iscrizione incisa nella base permette di datarla all’epoca dell’ Horus Narmer. Lo spazio immaginario, che si sviluppa intorno alla figura grazie allo zoccolo, conferisce alla scimmia grande monumentalità, marcata stabilità e una rigorosa frontalità.
La vitalità dell’espressione era sottolineata dagli occhi incastonati, oggi perduti. Il formato e la qualità della scultura indicano chiaramente che la statua rappresenta una divinità. Il dio Thot, raffigurato in epoca storica sotto forma di babbuino (oltre che di ibis), compare molto di rado in quella protostorica. Non è raro invece, nei testi e nelle raffigurazioni arcaiche, il riferimento ad un’altra divinità protostorica in forma di scimmia: si tratta della “Grande Bianca”, che rappresenta gli antenati divini del re e, in quanto tale, prende parte al Giubileo Reale (Heb-Sed).
In epoca storica si perdono le tracce di questa divinità.
I COMPLESSI TOMBALI DELLA I e II Dinastia
Completiamo l’esplorazione della necropoli di Umm el Qa’ab, con una sintesi , dei complessi tombali relativi alla Prima e Seconda Dinastia. Anche se non strettamente inerenti al tema “predinastico”, ho ritenuto opportuno inserirli in quanto ne costituiscono la naturale evoluzione.
I sette complessi funerari dei re Djer, Djet, Den, Adjib, Smerkhet, Qa’a e della regina Meret-Neith della Prima Dinastia hanno generalmente la stessa pianta. Questa consiste in un‘ampia camera sepolcrale circondata da vani adibiti a magazzino e molti ambienti di sepoltura sussidiari destinate a servi (uomini, donne, nani) e cani. Le camere destinate ai sovrani contenevano tutte un grande santuario in legno. Il più remoto uso di pietra su larga scala, di cui si abbia conoscenza, lo si è trovato nella tomba di Den, nella quale il pavimento era originariamente rivestito con lastre di granito rosso e nero. Dal tempo di Den, esiste in questa camera, una scala principale che fu bloccata dopo la sepoltura. Nelle tombe più antiche, le camere-deposito si trovavano all’interno di quella sepolcrale (Djer e Djet); nelle tombe successive esse erano unite ai muri verso l’esterno o, di fatto, isolate da essa (Den). Da Djer a Den, i vani sepolcrali sussidiari erano disposti in file separate intorno alla camera funebre reale; soltanto nei complessi di Smerkhet e Qa’a erano unite ad essa.
Il più grande di questi complessi, appartenuto a Djer, contiene oltre 200 di queste camere sussidiarie.

Le sepolture secondarie, eccetto il caso di un alto ufficiale (del re Qa’a), sembrano essere quelle di individui di più basso rango, probabilmente sacrificati per continuare a servire il sovrano nella sua vita ultraterrena. Questa triste usanza terminò alla fine della Prima Dinastia (forse con una non provata, sporadica, eccezione durante la Seconda Dinastia). Le due tombe della Seconda Dinastia presenti a Umm el Qa’ab, non contengono, infatti sepolture sussidiarie.
Nessun resto di sovrastrutture è giunto sino a noi, ma è probabile che le camere sepolcrali fossero ricoperte da un tumulo di sabbia. Per ogni complesso c’erano due larghe steli con il nome del proprietario . La più famosa di queste, la stele di Djet, fu ritrovata da Amélineau e si trova adesso al Museo del Louvre. C’erano anche piccole steli per gli occupanti delle camere sussidiarie, comprese quelle per i cani (Den), ma nessuna di queste fu, però, ritrovata in situ.

A parte un braccio adorno di bracciali, che fu risparmiato perché nascosto dai razziatori dietro la scala nella tomba di Djer, e due scheletri frammentati nella tomba di Khasekhemui, nessun altro resto di inumazione reale è stato scoperto. Alcune sepolture sussidiarie e camere-magazzino, furono, però, rinvenute più o meno inviolate.
L’ampia tomba di Khasekhemui, presenta la novità di una camera sepolcrale rivestita in calcare. Ha un forma completamente diversa dalle altre sepolture reali di questo sito ed è simile alle tombe della Seconda Dinastia di Saqqara che presentano un numero accresciuto di camere-deposito.
Nella tomba di Qa’a, sono state trovate importanti tracce di scrittura. Impronte di sigillo di Hotepsekhemwy, (il primo re della Seconda Dinastia), indicano che egli completò il complesso di Qa’a e che non ci fu frattura tra le due Dinastie. Impronte di un altro sigillo, probabilmente utilizzato dall’amministrazione della necropoli, elenca il nome di tutti i re sepolti a Umm el Qa’ab, da Narmer sino a Qa’a. Nelle vicinanze di questa tomba furono anche rinvenute circa trenta tavolette d’avorio che si riferiscono a consegne di olio.
Fonti:
- Toby A.H. Wilkinson, Early Dynastic Egypt;
- Francesco Raffaele. Late predynastic and early Dynastic Egypt
UN BIRRIFICIO DI 5000 ANNI FA
All’interno della necropoli di Abydos, in Egitto, è stato scoperto un impianto per la produzione di birra antico di 5000 anni. L’egittologa Patrizia Piacentini ad Archeologia Viva: «È il più antico birrificio reale mai rinvenuto».

Nel 2018, la missione americana diretta da Matthew Adams dell’Institute of Fine Arts − New York University e Deborah Vischak dell’Università di Princeton, che scava ad Abydos, a 450 chilometri dal Cairo, riprese le indagini archeologiche all’estremità settentrionale dell’antico sito, ove erano già note tombe e altre strutture, comprese fornaci, risalenti al Periodo Tardo Predinastico e agli inizi dell’Antico Regno (3100-2700 a.C. circa). Già nel 1912, l’archeologo T. Eric Peet, che lavorava per la Egypt Exploration Society, aveva scavato in quest’area, da lui denominata “cimitero D”: sotto alcune tombe trovò otto strutture disposte in file ordinate, che chiamò “forni per il grano”, ma la cui esatta funzione non era chiara.

Negli anni seguenti, strutture analoghe, scoperte in altri siti predinastici quali Hierakonpolis o Tell el-Farkha, hanno permesso di capire che questi particolari forni erano utilizzati per la produzione di birra. Quindi, quello che Peet aveva scoperto era un antico birrificio, ma la sua posizione esatta ad Abydos era andata perduta sotto le sabbie.
Durante gli scavi del 2018, Adams e Vischak hanno ritrovato la posizione del birrificio nella zona settentrionale di Abydos.Ma è di pochi mesi fa la scoperta sensazionale: studi dettagliati sui campioni che erano stati prelevati e analisi scientifiche dei resti organici, hanno permesso di stabilire l’estensione impressionante della struttura e capire chi produceva la birra ad Abydos, qual era la sua ricetta e perché veniva prodotta su così vasta scala.
Quando l’impianto era in uso, intorno al 3000 a.C., poteva produrre più di 22.000 litri di birra!

Sebbene non sia il più antico laboratorio di produzione di birra dell’antico Egitto, quello ritrovato nella zona settentrionale di Abydos, è stato sicuramente il più grande birrificio reale, risalente al cosiddetto periodo Naqada III, quello in cui visse il celebre re Narmer.
Fonte: Patrizia Piacentini, Archeologia Viva
LA RINASCITA COME CENTRO DI CULTO
A partire dal Medio Regno, il sito acquistò una nuova importanza in quanto fu associato al culto di Osiride, che si riteneva vi fosse stato sepolto. Esso divenne così il luogo più sacro d’Egitto e, durante il Nuovo Regno e nel Periodo Tardo, migliaia di pellegrini lasciarono una gran quantità di vasi d’offerta, in massima parte piccole ciotole chiamate qa’ab in arabo (donde il nome moderno del sito). Amélineau calcolò un totale di circa otto milioni di vasi. Ci sono prove che le tombe furono già scavate durante la 12.a Dinastia, probabilmente con lo scopo di identificare il luogo di sepoltura di Osiride. Nella tomba di Qa’a furono trovati, sul pavimento della camera sepolcrale, alcuni vasi del Medio Regno ed i resti di una scala costruita sulle parti inferiori. Nella tomba di Den l’ingresso alla camera sepolcrale fu parzialmente restaurato con grossi mattoni crudi e tutto lo scalone mostra tracce di una nuova imbiancatura. La trasformazione della tomba di Djer in un cenotafio di Osiride può aver avuto luogo nello stesso periodo. Un feretro per Osiride, con un’iscrizione illeggibile, fu rinvenuto in questa tomba da Amélineau.
Fonte: Gunter Dreyfuss

Proveniente da Abydos, fine predinastico – I Dinastia, quest’opera è una delle prime statue litiche di figure umane erette, e rappresenta l’incontro ideale fra l’arte protodinastica, per la somiglianza con i reperti in terracotta o avorio, e l’arte dinastica.
Di quest’ultima si osserva già la caratteristica distintiva della costruzione su due assi: quello verticale, dato ad esempio dal braccio disteso e quello orizzontale evidenziato dal braccio sinistro piegato a gomito. Probabilmente si tratta della rappresentazione di una dea.
Monaco: Staatliche Museum Ägyptischer Kunst
Fonte: Maurizio Damiano, Antico Egitto, lo splendore dell’arte dei faraoni.

Quando Amélineau, scoprì le tombe dei primi re a Umm el Qa’ab, portò alla luce delle grandi stele con inciso il nome del sovrano defunto. T
ra queste spicca per raffinatezza e fattura la stele del re Serpente, Djet, che si differenzia dalle altre decisamente meno rifinite e dallo stile più rozzo.
Horus domina il serekh del sovrano che racchiude il primo dei nomi regali, quello appunto detto di Horus.
I Dinastia, calcare. Altezza cm. 143. Parigi: Museo del Louvre.
Fonte: Maurizio Damiano, Antico Egitto, lo splendore dell’arte dei faraoni.

Questo pettine d’avorio faceva probabilmente parte del corredo funerario di Djet, il cui nome è inserito nel serekh. Ai lati si vedono sue scettri “was” (simboli del potere regale) e il segno “ankh” (vita). In alto due ali distese rappresentano il cielo (si tratta di una delle più antiche raffigurazioni di questo tipo) e sopra di esse Horus (il sole) che lo attraversa sulla sua barca, del tutto simile al tipo rappresentato sui vasi Naqada II o ad esempio sulla placchetta del re Aha.
I Dinastia regno di Djet. Avorio altezza cm. 8, larghezza cm. 4,5. Il Cairo, Museo Egizio
Fonte: Maurizio Damiano, Antico Egitto, lo splendore dell’arte dei faraoni.

Questi splendidi vasi rispettivamente in pietra calcarea e corniola, con chiusure d’oro furono rinvenuti da Flinders Petrie nei magazzini della tomba del re Khasekhemwy, II Dinastia (all’incirca 2700 a.C.). ad Umm el-Qa’ab nei pressi di Abydos, verso la fine del XIX secolo. Sepolti sotto i muri crollati, migliaia di vasi in pietra e di terracotta erano sfuggiti alla razzia della tomba.
Il Cairo, Museo Egizio