Tutankhamon

LA MALEDIZIONE DI TUTANKHAMON

A cura di Giuseppe Esposito

“Cose meravigliose”

Lo strano rumore si ripeté e, nel buio totale, strane forme sembrarono muoversi!

Poi, per un lungo periodo, regnò solo il silenzio… graffiante si rifece vivo il rumore… Questa volta si ripeté, un tamburellare sordo, solo a tratti interrotto per intervalli che si facevano via via più brevi…

Lo sciacallo restò nella sua immobile posizione, le orecchie ben tese ad individuarne la provenienza e, soprattutto, il motivo… poco distante, i cobra ergevano il capo ornato del temibile cappuccio, pronti a scattare contro l’intruso…

Strani suoni si susseguirono e, nel buio, sembrarono amplificarsi… alcuni sembravano voci, ma erano incomprensibili e giungevano da distanze infinite… poi un nuovo rumore raschiante, quindi un fruscio, il rumore di un essere strisciante che si insinua negli anfratti, uno scalpiccio confuso, voci che sembrano allarmate, eccitate… urla incomprensibili.

I guardiani, immobili nella loro posizione protocollare, non sembrarono dar segni di allarme, ed anzi continuarono, imperterriti, a presidiare il loro obbiettivo guardandosi l’un l’altro per quanto lo permetteva il buio. Poco discosti, l’ippopotamo, il leopardo e la leonessa annusarono l’aria che portava l’odore, mai dimenticato, dell’uomo.

…poi accadde… nel buio sembrò avanzare un sottile punto di luce e si scatenò il vento che fece danzare una sciarpa di lino ed alzò nell’aria una polvere sottile che riempiva i polmoni… il puntino di luce, pian piano, si ingrandì, come un lume che, nella notte, ti viene incontro, e i rumori si fecero più chiari anche se, in ogni caso, le voci continuavano pur sempre ad essere incomprensibili!

La luce si era, intanto, fatta ancor più vivida anche se il raggio era offuscato proprio dalla polvere poco prima sollevata dall’improvvisa folata di vento.

Qualcuno si stagliò contro il vivido chiarore per un attimo, qualcosa brillò in una mano lanciando una fredda lama di luce là dove la luce non poteva arrivare…

Brusio, voci nel buio, la cadenza di una interrogazione: “…cose meravigliose” fu la semplice risposta.

L’avventura più famosa dell’archeologia stava per cominciare[1]!


LA MALEDIZIONE

Eppure…: “La morte verrà su agili ali per chi profanerà il sonno del faraone” …una frase che di certo mette i brividi e che avrebbe ben dovuto mettere in guardia gli archeologi e chiunque fosse coinvolto nella scoperta del secolo. Ma per fortuna il suono di un violino, nel silenzio della Valle dei Re, ci fornisce un importante indizio sul chi potrebbe risolvere quest’appassionante giallo egittologico; da qualche parte, ne sono certo, avvolto in una nuvola di fumo della sua immancabile pipa e calzando il suo famoso “deerstalker” c’è Sherlock Holmes e vedrete che in poco tempo scoprirà chi ha scritto quella frase, sottolineando tutto con il suo…“Elementare Watson”.

Già! Due frasi ormai famose, la prima, vi diranno con inequivocabile certezza, era scritta su un muro della tomba del faraone fanciullo, Tutankhamon, mentre la seconda, con altrettanta inequivocabile certezza, è forse la più famosa della giallistica mondiale.

Eppure queste due frasi hanno decisamente una sola cosa in comune: NON sono mai esistite!

Se è vero, infatti, che in nessuno degli oltre cinquanta racconti di Sherlock Holmes questi pronunci la frase per cui è invece famoso, è altrettanto vero che la frase relativa alla maledizione di Tutankhamon non è mai stata scritta, né tantomeno letta o (per gli amanti dei complotti a tutti i costi) cancellata. Come vedremo più avanti, anche qualcos’altro legherà il “padre” dell’investigatore per eccellenza, alla tomba del bambino che, salito al trono all’età di forse nove anni con il nome di Tutankhaton, morirà a diciotto con quello di Tutankhamon[2].

Del resto, a costo di diventare antipatico a chi ama Sherlock Holmes, occorre sfatare anche un altro mito: non ha mai indossato un deerstalker, il famoso cappello a doppia falda tipico dei cacciatori di cervi inglesi. Può essere triste scoprire che, già allora, la pubblicità occulta era l’anima del commercio, ma fu una scelta del disegnatore che illustrava le storie del detective per lo “Strand Magazine” per… pubblicizzare il negozio di cappelli di un amico.

Ma torniamo a quel 4 novembre 1922 in cui l’archeologo Howard Carter, sovvenzionato dal Quinto Conte di Carnarvon, Lord George Edward Stanhope Molyneux Herbert, scopre quello che si rivelò essere il primo dei sedici gradini che lo avrebbero condotto alla più grande scoperta egittologica di sempre: la tomba KV62 del faraone Tutankhamon[3]. E anche in questo caso, siamo costretti a tornare sull’importanza della pubblicità come anima del commercio giacché, per quella scoperta eccezionale, il nobile sponsor britannico, anche per rifarsi, almeno in parte, delle spese sostenute in oltre sette anni di scavi, pensò bene di dare l’esclusiva di tutto quanto riguardava i lavori di scavo e recupero a un unico giornale, “The Times” di Londra, per la cifra, astronomica per l’epoca, di 5.000 sterline oltre il 75% di ogni introito derivante dalla vendita di notizie ad altri giornali.

E quando si dice “esclusiva”, visto peraltro il giro di danaro conseguente, s’intende proprio che nessuno, nemmeno il Governo egiziano, padrone di casa, poteva avere notizia alcuna se non… comprando proprio quel giornale[4]! Cosa che, come s’intuisce, in un’epoca in cui tutto dipendeva dalla carta stampata, creava da un lato suspense, ma dall’altro suscitò astio e gelosia nei confronti degli artefici della scoperta e dell’unico giornale in grado di aumentare le proprie tirature all’inverosimile. Si tenga presente, che i lavori di svuotamento della KV62, la tomba di Tutankhamon, durarono ben otto anni, fino al novembre 1930, e si avrà una buona idea di quale “guerra” si sviluppò attorno alla scoperta del secolo.

A farne le spese, più di tutti, erano proprio i cronisti che i giornali di tutto il mondo, sostenendo ingenti spese, avevano inviato sul posto per informare i propri lettori e che dovevano accontentarsi di poche briciole, assolutamente insufficienti a garantire loro non solo la permanenza sul posto, ma anche lo stesso posto di lavoro. Fiorì così una congerie di false notizie tra cui, appunto, la frase con cui abbiamo iniziato questo articolo che, in qualche modo, vide coinvolto proprio Sir Arthur Conan Doyle, medico, scrittore, ma anche famoso e convinto spiritista e occultista che, nel 1892, aveva scritto un romanzo breve dal titolo “Lot 249”, poi ribattezzato, proprio in concomitanza della scoperta, con il più attraente titolo di “Mummy number 249” in cui una mummia egizia, risvegliata magicamente dal suo sonno presso l’Università di Oxford, semina il terrore nella cittadina.

Per avere idea di quanto Conan Doyle fosse permeato di occultismo e spiritismo, si consideri che, in principio grande amico del “mago” ed escapologo Harry Houdini, giunse poi ad accusarlo di voler nascondere al mondo i suoi veri poteri sovrannaturali, giacché le sue strabilianti performance artistiche non potevano in assoluto essere solo frutto di trucchi di scena.

Il “padre” di Sherlock Holmes, peraltro, non era nuovo alla creazione di vere e proprie fake-news egittologiche: nel 1907, ad esempio, alla morte –per peritonite- dell’amico giornalista, del “Daily Express”, Bertram Fletcher Robinson, che stava svolgendo un’inchiesta sul coperchio di un sarcofago egizio ospitato dal British Museum di Londra (noto come “Unlucky Man” e inventariato con il n.ro EA22542), ne attribuì la causa a uno spirito elementare… intrappolato nel coperchio stesso. Per comprendere quale presa ebbe questa notizia sul mondo di allora, si consideri che nel 1912, dopo l’affondamento del Titanic, si sparse la voce che a bordo si trovasse proprio “Unlucky Man”. Il reperto si sarebbe salvato dal naufragio perché, caricato in una scialuppa di salvataggio la tragica notte dell’affondamento, sarebbe stato restituito alla Gran Bretagna non prima, s’intende, di aver contribuito all’affondamento di un’altra nave, la “Empress of Ireland” che lo stava riportando in patria.

Proprio rifacendosi alla morte di Robinson, e allo “spirito elementare”intrappolato nel coperchio di “Unlucky Man”,Conan Doyle nel corso in un’intervista, unendo la sua alla voce di molti esoteristi e spiritisti, parlò espressamente di una maledizione che di certo esisteva per chi avesse profanato la tomba del faraone Tutankhamon. Fu così che, anche per le scarsissime notizie derivanti dalla scoperta, per i motivi sopra visti, proliferarono sulle prime pagine titoli cubitali sensazionalistici, su quattro colonne, sulla maledizione del faraone e nacque la frase con cui abbiamo iniziato questo articolo e che rimbalzò di colonna in colonna: “la morte verrà su agili ali per chi profanerà il sonno del faraone”.

Nacquero e proliferarono, di conseguenza, le notizie più tragiche sulla sorte stessa di coloro che avevano preso parte alla scoperta egittologica: morti misteriose, malattie incurabili, suicidi ed altre amenità simili che, per i corrispondenti “a secco” di notizie autentiche, facevano lievitare le vendite dei giornali per cui lavoravano e consentivano loro di salvare il proprio posto di lavoro.

Se si esclude Lord Carnarvon, il finanziatore della missione egittologica, morto (nel 1923) circa un anno dopo per un’infezione causata dall’aver infettato con il rasoio, radendosi, la puntura di un insetto (rammento che la penicillina sarà scoperta solo sei anni dopo, nel 1929), si può rapidamente escludere ogni magica maledizione millenaria considerando che delle ventisei persone presenti all’apertura della tomba KV62, solo sei morirono nei dieci anni successivi e che, mediamente, tutte vissero almeno 25 anni dopo la scoperta. Carter, quello che sarebbe dovuto essere il principale “colpevole” di aver violato il sonno del faraone, morì nel 1939 (17 anni dopo la scoperta), all’età di 65 anni, e il Dr. Douglas Derry, colui che più di tutti “profanò” il corpo di Tutankhamon, avendone fatto l’autopsia nel 1925, morirà alla veneranda età di 87 anni, nel 1969. A settantanove anni, invece, nel 1980, morirà Lady Evelyn figlia del Conte di Carnarvon che non solo fu presente alle operazioni di apertura della tomba, ma fu forse, in assoluto, la prima persona a essere entrata nella tomba ancora chiusa. Eh già… secondo alcune notizie diaristiche, infatti, pare che gli scopritori fossero così eccitati all’idea di entrare fisicamente prima dell’apertura ufficiale, da praticare un foro in basso su una parete attraverso cui poteva accedere solo un corpo molto minuto come, appunto, quello della giovanissima Lady Evelyn che, all’epoca, aveva 21 anni (il foro sarebbe poi stato mascherato con una larga cesta che si nota in tutte le foto d’epoca).

Sono sicuro che qualcuno sarà rimasto deluso da questo articolo, forse sperando in una maledizione più “classica”; con mummie sonnambolicamente aggirantesi per la città e fanciulle o, perché no, l’intero mondo in pericolo.

Si consolino, tuttavia, la storia dell’Antico Egitto è così vasta e misteriosa di per se, anche senza scomodare ufo e omini verdi, che ci sarà sempre un mito in cui credere… almeno fino a che non comparirà un guastafeste a dimostrare che si tratta solo di una delle tante fake-news.

Due foto di Harry Burton in cui si nota la cesta che avrebbe nascosto il foro praticato nella tamponatura della porta che, dall'”anticamera”, dava accesso alla “camera funeraria” e al resto della KV62.
Harry Burton (1879-1940) fu il fotografo che, per otto anni, seguì le operazioni di svuotamento della KV62 fotografando tutte le suppellettili e tutto quanto era contenuto nella tomba. Per la prima volta lo scavo e la repertazione avvenne con metodo scientifico: ogni oggetto, dapprima disegnato e riportato su pianta, doveva risultare in almeno due foto nella sua posizione originale. Le fotografie di Burton, ancora oggi, sono considerate tra le migliori foto archeologiche di tutti i tempi.


[1]    Volutamente non ho ritenuto opportuno “disturbare” questa introduzione con note per aumentarne l’effetto finale, mi pare doveroso, però, far ora notare che si fa riferimento ad oggetti che si trovavano all’interno della tomba KV62, della Valle dei Re, di Tutankhamon.

Così, lo sciacallo fa riferimento alla statua lignea di Anubi che, accucciato, sembrava quasi far la guardia alla tomba stessa; accanto a tale statua si trovava un tabernacolo la cui cornice superiore era costituita, appunto, da cobra con il cappuccio bene aperto ed anche il riferimento alla sciarpa di lino agitata dall’aria si richiama ad una effettiva striscia di tale tessuto che cingeva il collo dello sciacallo.

     La porta della camera sepolcrale, inoltre, era fiancheggiata da due statue, a grandezza naturale, rappresentanti il sovrano defunto che regge un alto bastone.

     Ippopotamo, leonessa e leopardo, infine, sono riferimenti ad altrettante sculture che ornavano tre letti funerari che si trovavano nell’ “Anticamera” della KV62 e che, verosimilmente, furono tra i primi oggetti che Carter scorse quando, alla luce di una debole torcia, diede la prima occhiata all’interno della tomba. In quell’occasione, era il novembre del 1922, alla domanda di Carnarvon sul cosa scorgesse, esclamò la frase passata alla storia: “Cose meravigliose”.

[2]    E’ noto che il faraone Nefer-Kheperu-Ra Amenhotep, IV di questo nome, mutato il suo nome in quello di Akhenaton, instaurò il culto di Aton in luogo di quello del dio Amon, in una sorta di monoteismo (in realtà più giusto sarebbe parlare di enoteismo). Alla sua morte salì al trono Tutankhaton il cui nome, nella parte teofora,faceva riferimento al dio prescelto da Akhenaton. Dopo qualche anno di regno, in realtà sotto la guida di un comitato di reggenza, venne restaurato il culto degli antichi dei e il faraone variò il suo nome in quello dio Tutankhamon,

[3]   attualmente la Valle dei Re ospita 65 tombe scoperte (dal 1922 e fino al 2005 la KV62 è stata l’ultima scoperta).

     La numerazione, tuttavia, non ha nulla a che vedere con la progressione sul trono dei titolari; nel 1827, infatti, l’egittologo inglese John Gardner Wilkinson numerò le tombe all’epoca già scoperte da 1 a 22 seguendo l’ordine geografico da nord a sud. Solo da tale data in poi, ovvero dalla KV23, il numero corrisponde all’ordine di scoperta.

     In alcuni casi la numerazione di alcune tombe della valle ovest è preceduta dalla sigla “WV”, ovvero West Valley, ma è bene tener presente che la numerazione fa comunque riferimento alla Valle dei Re e, a titolo di esempio, la tomba WV23 di Ay, corrisponde, di fatto, alla KV23.

[4]    Si consideri che, per violenti dissapori con il Governo locale causati proprio da tale paradossale situazione, Carter fu costretto a lasciare gli scavi per un certo periodo – aprile 1924/gennaio 1925 -.

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