Mai cosa simile fu fatta, Statue, Tutankhamon, XVIII Dinastia

TESTA DI TUTANKHAMON COME AMON

RIVENDICATA DALL’EGITTO E VENDUTA DA CHRISTIE’S

Di Luisa Bovitutti

La testa di Christie’s

Questa testa di quarzite scura alta circa 29 centimetri raffigurante Tutankhamon come Amon è stata venduta all’asta il 4 luglio 2019 da Christie’s nonostante le proteste dell’Egitto che ne chiedeva a gran voce la restituzione.

Il dott. Zahi Hawass, infatti, sosteneva che essa fosse stata trafugata negli anni Settanta dal Tempio di Karnak, ed il dott. Mustafa Waziri, Segretario Generale del Supreme Counseil of Antiquities, l’ente governativo responsabile della conservazione e della valorizzazione dei reperti e degli scavi archeologici in Egitto si era battuto per fermare la vendita fino a che non fosse stata controllata l’origine legittima della statua.

La Casa d’aste londinese evidentemente l’ha dimostrata.

Essa in origine era stata eretta in un non meglio identificato complesso templare dedicato ad Amon ed al momento della vendita apparteneva alla Resandro Collection, una delle collezioni private di arte egizia più famose al mondo; fu acquistata nel 1985 da Heinz Herzer, un antiquario di Monaco di Baviera, ed in precedenza apparteneva a Joseph Messina, un gallerista austriaco che l’aveva comprata nel 1974 dal principe Wilhelm von Thurn und Taxis che la custodiva nella sua collezione dal 1960.

I tratti del viso della scultura sono quelli tipici di Tutankhamon e della tarda arte amarniana: il viso tondo e preadolescenziale, gli occhi a mandorla, la depressione ricurva della cresta sopracciliare arrotondata, le labbra carnose e delicatamente scolpite.

Essi sono analoghi a quelli rappresentati nelle statue del giovane faraone che furono scolpite per il tempio di Karnak, probabilmente per ricordare la restaurazione degli antichi culti dopo la riforma di Akhenaton.

La statua di Karnak prima e dopo il restauro del CFEETK (Foto ©CFEETK/E. Saubestre). Essa è scolpita in arenaria rossastra e sorge all’altezza del sesto pilone, nella Sala degli Annali di Tuthmosis III e nei pressi dei due pilastri araldici di granito che un tempo sostenevano il tetto. Accanto ad essa sorge un’altra statua della dea Amaunet, commissionata da Tutankhamon, il cui nome fu poi scalpellato e sostituito da quello del suo successore Horemheb.

Si vedano a questo proposito la testa di Tutankhamon come Amon oggi custodita al MET di New York e le due statue del giovane sovrano come Amon: una di esse si trova ancora oggi al tempio di Karnak ed è stata restaurata nel 2021 dal Centre Franco – Egiptien d’Etude des Temples de Karnak (CFEETK), l’altra, scoperta nella cachette del tempio di Karnak nel 1904, è esposta al museo di Luxor.

La testa del MET di New York, in granodiorite
La statua in calcare del Museo di Luxor

FONTI del testo e delle immagini:

https://www.ilmattino.it/…/tukankhamon_asta_statua…

https://news.sky.com/…/tutankhamun-sculpture-sold-for-4…

https://www.metmuseum.org/art/collection/search/544691

https://www.ancient-egypt.co.uk/…/tutankhamun%20as…

https://www.thenotsoinnocentsabroad.com/blog/tag/seti+i

http://www.cfeetk.cnrs.fr/…/restauration-statue-amon…/ee

Tutankhamon

IL BALDACCHINO PARASOLE DI TUTANKHAMON

Di Patrizia Burlini

Tra gli oltre 5000 oggetti trovati nel corredo di Tutankhamon, ce n’è uno che merita particolare attenzione.

Si tratta di quello che per molto tempo è stato considerato un parasole da fissare ad una base.

Il baldacchino parasole nei laboratori di restauro del GEM e nel vecchio allestimento al Museo Egizio di Tahrir Square

In occasione dello spostamento al GEM, molti oggetti del tesoro sono stati restaurati e studiati.

Il team di Nozomi Kawai, professore di egittologia presso l’Università di Kanazawa (Giappone), si sta occupando, assieme agli esperti egiziani, dello studio e restauro di questo oggetto e ha potuto notare che il baldacchino si adatta perfettamente al secondo “carro di stato” di Tutankhamon (vedi anche: I CARRI DA PARATA DI TUTANKHAMON).

Il secondo carro era probabilmente utilizzato per parate regali a passo moderato.

Riporta i nomi di Tutankhamon e della sua sposa Ankhesenamon ed era probabilmente destinato a portare la coppia reale.

Una vecchia ricostruzione del baldacchino inteso come parasole da viaggio

Il baldacchino consiste in una struttura in legno dorata, trapezoidale in pianta, con 28 costole. Carter descrisse l’oggetto come un “baldacchino da viaggio” o un “padiglione portatile”, mancante della base, ipotizzando che probabilmente fosse allestito quando il faraone desiderava ricevere all’aperto o semplicemente voleva sedere all’ombra.

I recenti studi mostrano tuttavia con certezza, come già ipotizzato da alcuni studiosi in precedenza, come i pali del baldacchino mostrino segni di usura alla base, così come la base del carro, dove compaiono dei fori realizzati in posizione corrispondente alla distanza tra i pali del baldacchino (37 cm), tanto da poter confermare che quest’ultimo fosse fissato al carro (vedere foto allegate).

La superficie esterna del corpo del secondo carro di stato, in cui sono evidenti le posizioni di fissaggio dei 4 pali del baldacchino
Una ricostruzione del baldacchino con il secondo carro di stato

Al GEM il carro e il parasole saranno esposti vicini, essendo troppo fragili per essere assemblati assieme.

Un esempio di parasole su un carro, proveniente dal tempio di Luxor, periodo Ramses II battaglia di Kadesh

Fonti e link:

Cose meravigliose, Tutankhamon

I CARRI DA PARATA DI TUTANKHAMON

Di Andrea Petta

Carter 120 e 122. Legno dorato con inserti in pietre semipreziose e pasta di vetro. Dimensioni totali (Carro 120): 250x180x118 cm. Qui: Riproduzione del carro 120 in mostra a New York
I quattro carri dell’Anticamera, tra cui i due da parata, accatastati a sinistra dell’ingresso sulla parete est

Nella tomba di Tutankhamon sono stati ritrovati ben 6 carri; di questi, due erano riccamente decorati e probabilmente usati solo in occasione di celebrazioni o parate. Nell’Anticamera insieme a questi carri da parata (chiamati “Carri di Stato” o “da cerimonia” da Carter) ne sono stati trovati altri due, di struttura più pesante e costruzione e decorazioni più semplici. Altri due carri furono trovati infine nella Camera del Tesoro; leggermente più piccoli e leggeri, questi ultimi erano in condizioni pessime e con diversi pezzi mancanti.

Mace e Lucas al lavoro sul cassone del carro 120
Una ruota appena estratta dalla tomba viene trasportata al laboratorio di Callender

I pianali dei due carri da parata sono racchiusi da sottili assi di legno interamente ricoperti di gesso e oro e ulteriormente decorati con vetri intarsiati e avorio. I pianali dei due carri della Stanza del tesoro erano invece in parte di cuoio (marcito nel tempo) originariamente decorato con rivestimento in oro.

Tutankhamon in forma di sfinge antropocefala schiaccia i nemici dell’Egitto sul pannello laterale del carro 120
Il dio Bes riprodotto all’esterno del pianale del carro 120

Carter odiò i carri con tutto il cuore. I quattro nell’Anticamera erano accatastati uno sull’altro, gli assali segati per farli entrare nella tomba, con ulteriore scompiglio portato dai predoni nell’antichità e i finimenti in cuoio erano marciti. Estrarli, stabilizzarli e ricomporli fu un incubo. Solo il carro 122 era diviso in un centinaio di pezzi da riassemblare senza rovinare i decori…

Il meraviglioso pannello centrale del carro 120 nella foto originale di Burton
L’interno del pannello centrale del carro 120
Particolare dell’interno del pannello centrale del carro 120, con i tradizionali nemici dell’Egitto vinti e prigionieri

Prima della scoperta della tomba di Tutankhamon, solo altri due carri erano venuti alla luce (insieme al cassone di un carro di Tuthmosis IV praticamente distrutto): uno (ora esposto a Firenze) appartenuto a Kenamun, fratello di Amenhotep II, e l’altro trovato nella tomba di Tuya e Yuya da Davis, ma entrambi ben lontani dalla magnificenza dei carri di Tutankhamon.

Il carro 122, il secondo carro da parata, e la sua estrazione dalla tomba

La struttura ricorda quella dei carri Hittiti, senza sedile e con un cassone aperto dietro per permettere di salire e scendere in velocità, ma più leggera (portava al massimo due persone contro i tre del carro hittita) e raffinata, con un pianale in strisce di cuoio intrecciate (originariamente ricoperte con peli di animali o tessuto spesso di lino) che forniva un discreto molleggio e ruote a sei raggi leggere e robuste formate da 6 sezioni a V unite insieme ed al mozzo con strisce di pelle con battistrada in cuoio.

I particolari del carro 122 e del suo splendido decoro

Nel particolare si vede come il disco solare abbia inscritto il prenomen di Tutankhamon (Nebkheperure, Signore del Divenire come Ra) con lo scarabeo alato (Kheper = trasformazione, divenire) sopra i tre trattini del plurale ed il simbolo Neb (il cesto di vimini = padrone, signore) e con il simbolo del disco solare di Ra tra le ali

Sappiamo dalle raffigurazioni dell’epoca che le redini erano lunghe abbastanza per legarle dietro la schiena dell’auriga, spesso il Faraone in persona. Caratteristica dei carri da parata anche un falco solare in oro fissato sulla stanga come emblema del sovrano.

I paraocchi dorati trovati insieme al carro 122, foto di Sandro Vannini (in alto) e foto originale di Burton (in basso)

L’interno del carro 122, decorato più semplicemente con disegni di piume, spirali ed occhi di bue

Secondo una delle tante ipotesi, la caduta da uno dei carri da caccia sarebbe stata la causa della morte del Faraone, ipotesi ancora da comprovare.

I carri da cerimonia sono interamente placcati in oro. Il cassone del carro più decorato, il 120, presenta una lavorazione a sbalzo con motivi a spirale; il pannello centrale mostra i cartigli del Faraone con ai lati due urei e le piante araldiche di Alto e Basso Egitto. Le aperture sulle fiancate sono decorate con motivi floreali in pietre semipreziose, vetro e ceramica. Sul giogo di uno di questi carri sono rappresentate le sagome di due prigionieri, uno asiatico ed uno nubiano. Il carro 122, invece, ha una decorazione in stile “rishi” (le piume dell’uccello Ba o le ali di Iside). Al carro 122 appartiene anche una decorazione in forma di falco solare tra i più belli di questo tipo.

Questo baldacchino potrebbe essere stato montato sul carro 122 secondo le ultime ricostruzioni (vedi anche: IL BALDACCHINO PARASOLE DI TUTANKHAMON)
Nei punti indicati sarebbe stato inserito il baldacchino con un meccanismo ad incastro
Ricostruzione del carro 122 con il baldacchino montato
Raffigurazione di un carro del Faraone con il baldacchino montato – Ramses II a Qadesh

Guardando questi due carri da parata possiamo visualizzare quanto riportato in una tavoletta di Amarna, riferita ad Akhenaton che stabilisce i confini della sua nuova capitale:

Sua Maestà salì su un grande cocchio d’oro e d’argento, come Aton quando sale all’orizzonte e riempie la terra del suo amore

Come confronto, uno dei carri da caccia di Tutankhamon esposto al museo militare del Cairo dove è rimasto fino al trasferimento al GEM di Giza. Secondo l’ipotesi dell’incidente, il Faraone sarebbe caduto e sarebbe stato travolto da un carro come questo, anche se è tutto da dimostrare
Il carro di Kenamun esposto al Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Per approfondire: https://museoarcheologiconazionaledifirenze.wordpress.com…

La ricostruzione moderna di una ruota da carro egizio, con evidenziata la struttura composita a “V” dei raggi. Joukowsky Institute for Archaeology & the Ancient World, Brown University, Richmond (Virginia)

L’imballo del carro 122 per il trasferimento al nuovo GEM a Giza

Fonti:

  • Museo Egizio del Cairo
  • Grand Egyptian Museum, Giza
  • Howard Carter, Tutankhamon, 1984
  • Henry James, Tutankhamon – Edizioni White Star
  • Nicholas Reeves, The Complete Tutankhamun, 1998
  • The Griffith Institute, Tutankhamun: Anatomy of an Excavation. The Howard Carter Archives
  • Kawai N et al. The ceremnial canopied chariot of Tutankhamun (JE61990 and JE60705): a tentative virtual reconstruction. CIPEG Journal 4 (2020)

Foto: Museo Egizio del Cairo, kairoinfo4u on flickr, Robert Harding, Sandro Vannini, JICA (Japan International Cooperation Agency), The Griffith Institute

Arte militare, Tutankhamon

GLI ARCHI DI TUTANKHAMMON

Di Luisa Bovitutti

All’interno della tomba di Tutankhamon sono stati trovati moltissimi archi di due differenti tipologie, ora esposti al museo del Cairo.

Alcuni archi di Tut

Il primo modello è l’arco di legno cosiddetto “semplice”, ottenuto con un’asta priva di giunte e dotato di un’unica curva realizzata con una tecnica di piegatura a caldo, che diventava ancora più accentuata quando veniva teso; l’impugnatura e l’estremità dei flettenti era decorata con lamine d’oro.

Il secondo è l’arco composito “angolare” (cosiddetto per la sua forma), anch’esso in legno di acacia ma dalle migliori prestazioni; esso infatti, pur essendo di dimensioni ridotte ed adatto ad essere utilizzato su di un carro in corsa, aveva grande flessibilità, potenza e precisione.

Archi e frecce di Tutankhamon

Gli archi compositi venivano realizzati secondo una tecnica sviluppata in Mesopotamia ed introdotta in Egitto attorno al XVII secolo a. C., che prevedeva che l’asta di legno venisse rinforzata all’interno con corno per resistere alla compressione ed all’esterno con tendine per sopportare la trazione; le estremità dei flettenti avevano sedi su cui infilare i cappi terminali di una corda fatta con strisce di budello o di lino attorcigliate.

La corda e modalità di ancoraggio all’arco

La forma era simile a quella dei moderni archi ricurvi, ma la venatura del legno e le tracce della corda testimoniano che essi erano concepiti per essere incordati dalla parte opposta, ottenendo un profilo che ricorda la lettera beta.

Ramses III raffigurato a Medinet Habu con l’arco senza corda

L’uso di questo tipo di arco è documentato dai rilievi e dalle pitture egizie dei secoli successivi, in particolare nelle raffigurazioni di Ramses III che combatte i popoli del mare, nel tempio di Medinet Habu.

Ramses II raffigurato ad Abu Simbel, mentre sta scoccando una freccia nel corso della battaglia di Kadesh

LA FARETRA E L’ARCO COMPOSITO “LIMITED EDITION”

Gli egizi usavano l’arco per la caccia e la guerra e a far tempo dalla XVIII dinastia lo trasportavano insieme alle frecce in faretre di legno che potevano essere appese ai carri.

Questa magnifica faretra in legno placcato in oro e l’arco composito raffigurati nelle fotografie provengono dalla tomba di Tutankhamon; la faretra è decorata con scene che lo raffigurano in forma di sfinge ed a caccia con il carro; anche l’arco è finemente decorato e reca i suoi cartigli e il disegno di un piccolo cavallo.

Mai cosa simile fu fatta, Tutankhamon

PETTORALE CON UCCELLO BA

Di Franca Loi

Oro, lapislazzuli, vetro, turchese e corniola.
Nuovo Regno, XVIII dinastia, regno di Tutankhamon
Valle dei Re, tomba di Tutankhamon KV62
Carter 253

Secondo il credo degli antichi egizi ogni essere umano era costituito da cinque elementi: il cuore, il corpo e l’ombra, il nome della persona, il Ka e il Ba. Per vivere e poter proseguire l’esistenza anche nell’aldilà, l’individuo aveva bisogno di tutti questi elementi.

Tra gli ornamenti esterni della mummia di Tutankhamon fu trovato un prezioso pettorale con uccello Ba posizionato sotto le mani che impugnavano Il pastorale e Il flagello.

Dettaglio del pettorale
Disegno di Howard Carter, 1925 – Matita su carta.
Il disegno di Carter mostra la fascia dorata, le mani che impugnano Il pastorale e Il flagello, e l’uccello Ba.
Università di Oxford – Griffith Institute

Il corpo del defunto, subito dopo l’essiccazione, “veniva fasciato con bende di lino, tra le cui pieghe venivano posti degli amuleti protettivi, mentre si recitavano le formule in modo da creare un involucro fisico e magico a difesa del defunto, spesso corredato da una maschera sopra la testa”.

Dopo la morte, il ba del defunto avrebbe seguito il dio solare nel suo viaggio attraverso i cieli, ma solo se costui aveva vissuto in modo virtuoso.
Era insomma la personalità di qualcuno, ciò che lo rendeva unico, e veniva raffigurato come un uccello dotato di testa umana.
il Ba veniva spesso rappresentato come un uccello dalla testa umana e, talvolta, anche dotato di braccia.

Il Ba, l’energia personale del defunto, era praticamente assimilato alla personalità che rende unico l’individuo, era la parte spirituale in grado di effettuare il viaggio nell’aldilà: poteva uscire dalla tomba e poi farvi ritorno come in una sorta di migrazione perpetua, per questo era rappresentato col segno geroglifico di un volatile dalla testa umana.

Il Ba del defunto, Irynefer, esce dal sepolcro, nell’affresco della tomba tebana tt290
è raffigurato anche Shut, l’ombra.

FONTE:

  • TUTANKHAMON-IL VIAGGIO NELL ‘OLTRE TOMBA-TASCHEN
  • STORIE DI STORIE
  • STORICA- NATIONAL GEOGRAPHIC
  • ARDA2003
  • WIKIPEDIA
Mai cosa simile fu fatta, Tutankhamon

CASSETTIERA CON TRAFORO ORNAMENTALE

Di Grazia Musso

Legno dipinto, parzialmente stuccato e dorato, pasta colorata, rame
Altezza 70 cm, larghezza 43,5 cm, profondità 40 cm
Museo Egizio del Cairo – Carter 403

Questa cassettiera mi piace per la sua eleganza e semplicità.

Ha una forma quasi quadrata e poggia su quattro gambe lunghe e sottili.

È in legno dipinto di marrone rossastro, a simulare il costoso cedro del Libano, con una cornice che imita l’ebano, i dettagli della decorazione sono in vernice nera e lamina d’oro.

Fra le gambe si trovano delle barre di rinforzo e lo spazio fra di esse e la cassettiera vera e propria è riempito con dei pannelli traforati e decorati con ankh affiancati da scettro was e posti sopra alcune ceste, cioè il segno neb, che vuole dire “tutto”.

I registri scritti recano i nomi e gli epiteti del re.

Il coperchio si unisce alla base tramite una cerniera in rame e si apre verso l’alto.

I pomoli di chiusura sono coperti in lamina d’oro e vi sono scritti i nomi del re..

Come nel caso di molte altre cassette, un cordino doveva essere legato attorno ai pomoli e poi chiuso con un pezzo di argilla, su cui si imprimeva una sigillatura.

La cassettiera si trovava in cima ad una catasta composta da vari mobili al centro dell’annesso.

Era stata forzata dai tombaroli, che ha quando sembra l’avevano svuotata del suo contenuto originario.

All’interno Carter trovò solo quattro poggiatesta e un frammento di veste.

Fonte

Tutankhamon, i tesori della tomba – Zahi Hawass-fotografie di Sandro Vannini – Einaudi

Mai cosa simile fu fatta, Tutankhamon

AMULETO A FORMA DI CUORE

Di Franca Loi

ORO E VETRO
NUOVO REGNO – XVIII DINASTIA (REGNO DI TUTANKHAMON)
VALLE DEI RE – TOMBA DI TUTANKHAMON (KV62)
CARTER 620/67

Nella tomba di Tutankhamon Howard Carter ritrovò molti amuleti sul pavimento per cui è stato impossibile identificare la loro posizione originaria. Questo amuleto a forma di cuore fu trovato sul pavimento dell’ annesso e contiene la figura intarsiata di un airone.

L’ airone, uccello sacro, simbolo della nascita e della risurrezione, era associato al culto di Eliopoli dove veniva chiamato benu, il precursore della fenice.

Uccello Benu affresco dalla tomba di Iry-nefer a Deir el-Medina

Secondo la cosmologia eliopolitana, il benu stava in cima alla pietra Benben, che emerse a Eliopoli dalle acque primordiali in seguito alla creazione del mondo. Durante il processo di mummificazione, gli antichi egizi, per gran parte della loro storia, hanno lasciato il cuore al suo posto, poiché rappresentava l’intelligenza ed era la sede dei sentimenti del defunto. Il Libro dei Morti riferisce formule per evitare che il defunto si separi dal proprio cuore nell’aldilà.

Si suppone che il nome Benu possa derivare da wbn verbo egizio che significa “brillare”, “sorgere”: infatti, nelle raffigurazioni trovate sul Libro dei morti o in molti affreschi esso sembra sorgere dalle acque

FONTE:

  • TUTANKHAMON-IL VIAGGIO NELL ‘OLTRE TOMBA-TASCHEN
  • WIKIPEDIA
Mai cosa simile fu fatta, Tutankhamon

VASO DAL COLLO LUNGO

Di Grazia Musso

Vaso dal collo lungo, Calcite e faience
Altezza 62 cm
Tomba di Tutankhamon – Carter 344
Museo Egizio del Cairo

L’alto e sottile vaso fu rinvenuto in un cumulo di oggetti collocato nell’annesso.

Il vaso, intagliato in un unico pezzo è decorato attorno al lungo collo con tre registri di triangoli che vogliono richiamare i petali di loto, ciascuno sormontato da una banda di quadretti bianchi e neri.

Il registro superiore è quello inferiore sono intarsiati con con fiance turchese scuro,

mentre quello centrale alterna intarsi di calcite e faience verde scuro.

Fonte

Tutankhamon, i tesori della tomba – Zahi Hawass – fotografia di Sandro Vannini – Einaudi

Mai cosa simile fu fatta, Tutankhamon

COLLANA CON PETTORALE IN FORMA DI OCCHIO UDJAT

Di Grazia Musso

Oro, lapislazzuli, turchese, faience e paste vitree.
Altezza del pendente cm 5,7
Museo Egizio del Cairo – JE 61901

La collana fu trovata tra le bende che avvolge ano la Mummia di Tutankhamon e, secondo Carter, si tratta di un gioiello che il giovane sovrano avrebbe realmente indossato.

La sua decorazione ha un carattere soprattutto protettivo, in quanto vi appare l’occhio udjat al centro, considerato un amuleto di grande efficacia.

L’occhio, che aveva un forte valore apitropaico, era legato al mitico confronto che vide opporsi Horo, legittimo erede al trono del padre Osiride, e suo zio Seth, che aveva ucciso il fratello usurpandone la corona

Horo, che era nato dopo la morte del padre, attese di aver raggiunto la maggiore età per sfidare Seth, così da vendicare Osiride e reclamare il trono.

Nel corso del combattimento Seth strappo’ al giovane l’occhio sinistro.

Il dio Thot lo curò e lo restitui’ al legittimo proprietario

La tradizione attribuiva alla ferita inferta a Horus la caratteristica macchia che compare sulle guance del falco, identificata come la lacrima di dolore fuoriuscita dall’occhio quando questo era stato strappato dall’orbita.

Il termine, udjat con cui veniva designato l’occhio di Horus, significa ” sano, integro’ e fa riferimento proprio al fatto di essere stato curato e ricollocato al suo posto dopo l’offesa subita.

La collana è costituita da tripli fili di perle in oro alternate a quelle in faience rossa, verde e blu.

Alla collana è sospeso un elaborato pendente al centro del quale si trova l’occhio udjat, realizzato in lapislazzuli ( pupilla, contorno dell’occhio e sopracciglio) e turchese ( bianco dell’occhio e spazio sotto il sopracciglio) incastonati nell’oro.

Ai due lati si trovano le dee tutelari dell’Egitto: a destra la dea cobra Uadjet, padrona del Delta, che cinge la corona rossa , a sinistra, con le ali spiegate verso l’occhio udjat, si trova la dea avvoltoio Nekhbet che in qualità di protettrice dell’Alto Egitto reca sulla testa la corona bianca con due piume di struzzo ai lati.

Le sue zampe stringono il segno shen, il geroglifico con la corda che racchiude tutto ciò che è illuminato dal sole.

Il pendente è chiuso in basso da una barretta orizzontale decorata con un motivo a strisce verticali.

La pesantezza del pendente è bilanciata, all’estremità opposta della collana, da un contrappeso a forma di nodo isiaco tra due pilastri djed.

Fonte:

  • Tutankhamon, i tesori della tomba – Zahi Hawass, – Einaudi
  • Tesori egizi nella collezione del Museo Egizio del Cairo – F. Tiradritti – foto Arnaldo De Luca – Edizioni White Star
Mai cosa simile fu fatta, Tutankhamon

GLI USHABTI DI TUTANKHAMON

Di Grazia Musso

Lo scopo principale di una corretta cerimonia funebre era quello di permettere al defunto di raggiungere la Sala del Giudizio, dove avveniva la pesatura del cuore.

Se questo una volta posto sulla bilancia, pesava quanto una piuma di Maat, il defunto veniva accolto da Osiride nei Campi di Aaru, il luogo dei beati.

I Campi dei Beati erano la versione idealizzato di un regno terreno: lì il defunto avrebbe mangiato, bevuto e partecipato a molte delle attività che per gli Egizi erano importanti durante la vita.

Poiché l’agricoltura aveva in Egitto ruoli, centrale, ai defunti poteva essere richiesto di svolgere delle attività come arare, seminare o mietere.

Perciò, al fine di evitare che il morto passasse l’eternità a faticare nei campi veniva sepolto con alcune statuette chiamate Ushabt.

Esse rappresentano un’evoluzione della tradizione del tardo Antico Regno di porre nelle tombe statuette di servitori, figurine in pietra e argilla che rappresentavano uomini e donne nell’atto di svolgere lavori quotidiani.

All’inizio del Medio Regno queste figurine di servitori si trasformarono in elaborati modellini di panetteria, macellerie, laboratori, che includevano delle statuette in scala delle persone coinvolte nelle diverse attività.

I modellini, con il tempo, vennero usati sempre meno nelle tombe; nel frattempo, però, gli Ushabt avevano conosciuto uno sviluppo parallelo.

Statuette funerarie in esemplari singoli cominciarono ad apparire nel Primo Periodo Intermedio.

Erano fatte di cera e, fin da subito, ebbero prevalentemente la forma di mummia.

È chiaro che nelle loro prime incarnazioni, esse rappresentavano il proprietario della tomba.

Già all’inizio della XVIII Dinastia gli ushabti si erano moltiplicati, fino a essere anche più di quattrocento in una sola tomba.

Con Tutankhamon furono sepolti in tutto 413 ushabt: uno per ciascuno dei 365 giorni dell’anno, 36 per sovrintendere le settimane ( da 10 giorni ciascuna) e 13 supervisori per i mesi, da trenta giorni.

Le statuine sono fatte in molti materiali diversi, come Faience, legno, calcare, granito , calcite e quarzite , e hanno varie forme e dimensioni (da 10 fino a oltre 60 cm di altezza).

Sono tutte rappresentazioni del re come una mummia, con indosso copricapi reali o parrucche di varie fogge.

La maggior parte reca solo l’iscrizione con uno o due dei nomi ed epiteti di Tutankhamon è solo 29 recano l’iscrizione tratta dal sesto capitolo del Libro dei Morti.

Uno degli ushabti è stato trovato nell’anticamera, mentre gli altri erano nella camera del tesoro (176) e nell’annesso (236).

Originalmente, si trovavano in apposite casse.

Gli ushabti più belli sono fatti in legno e sono molto più grandi e di migliore qualità artistica rispetto agli altro.

Sei di essi erano stati donati come parte del corredo funerario del re da due suoi alti funzionari, il generale Nakhtmin è dal tesoriere Maya

Fonte:

Tutankhamon, i tesori della tomba – Zahi Hawass – Fotografie di Sandro Vannini – Einaudi