Luce tra le ombre

SFINGE E PIRAMIDI – LE EVIDENZE STORICHE ED ARCHEOLOGICHE

A cura di Ivo Prezioso

introduzione

Dopo aver esaminato a grandi linee le ipotesi più o meno credibili, più o meno fantasiose, ma che tanto affascinano il lettore medio, passiamo a dare uno sguardo a quello che ci narrano le tracce archeologiche e la documentazione disponibile che non è così inesistente, come spesso si pretende di sostenere.

Innanzitutto partirei con un accenno al coro di “non potevano,” scatenato dai numeri della Grande Piramide: mi riferisco in particolare ai famosi 2.300.000 blocchi cavati, sistemati con precisione straordinaria (cosa non del tutto vera, tra l’altro) con la frequenza di qualche minuto, per un periodo di circa venti anni e forse più.** **Il fatto è che l’idea dei “duemilionitrecentomila” blocchi è un po’ datata (risale alla spedizione di Napoleone in Egitto) e basata su un calcolo che presupporrebbe che la piramide sia formata interamente da questi blocchi. In realtà le cose non stanno esattamente così: gli Antichi Egizi non erano poi così stupidi da spianare un intero basamento sbancando un nucleo di preziosa roccia che costituiva un solido elemento riempitivo su cui costruire “intorno” il monumento. Ovviamente si interveniva laddove il progetto richiedeva la creazione di vani, corridoi, condotti, ma si cercava di conservare quanto più materiale originario possibile. Ecco che allora, questo calcolo potrebbe risultare piuttosto fuorviante. Non mi dilungo oltre, ma chi volesse approfondire il discorso può consultare l’eccellente e chiara disamina del prof. Maurizio Damiano pubblicata anche sul nostro sito web al seguente indirizzo: https://laciviltaegizia.org/…/riflessioni-sulla…/.

Vorrei, ora puntare l’attenzione su una scoperta, relativamente recente, che aggiunge interessantissimi elementi, oltre che fornire oggettive conferme, da mettere in relazione con la costruzione della Grande Piramide:

IL SITO DI WADI EL-JARF E IL PAPIRO DI MERER

In alto: Foto satellitare da Google Earth ed in basso dettaglio dell’area archeologica di Wadi el-Jarf

Di recente, nell’area di Wadi el-Jarf , una località circa 120 km. a sud di Suez, sono stati ritrovati degli importantissimi reperti. Non indugio, per il momento, sulla descrizione del sito: basti sapere che è stato indagato nel 2011 dal team del prof. Pierre Tallet dell’ Università della Sorbona e che si è rivelato essere il più antico porto conosciuto d’Egitto.

Ciò su cui desidero fornire qualche anticipazione e focalizzare l’attenzione è sui reperti che ci ha restituito; in particolare, sul ritrovamento, avvenuto nel 2013, di una serie di frammenti di papiro. Si tratta per lo più di documenti contabili che, analizzati, hanno mostrato di essere i più antichi finora rinvenuti. Risalgono esattamente all’anno successivo al 13° censimento del bestiame avvenuto sotto il regno di Khufu (26°/27° anno, dal momento che il censimento avveniva con cadenza biennale). Riguarda in particolare l’organizzazione delle squadre di lavoro, il trasporto delle derrate alimentari per i lavoratori che provenivano direttamente dai depositi reali, l’elenco dei viveri e le quantità. Oltre a questi papiri contabili ne è stato rinvenuto un altro che possiamo considerare un vero e proprio diario. Si tratta di una specie di libro giornale di bordo scritto dall’ispettore Merer che redige un resoconto del lavoro dei marinai al suo comando. Vengono descritte le missioni eseguite per conto dell’amministrazione centrale e, tra queste, figurano i ripetuti spostamenti per il trasporto a Giza dei blocchi di calcare provenienti dalle cave di Tura. Il documento presenta molte volte il nome di queste cave “Re-aw”, spesso in associazione col nome “Akhet Khufu” (“Orizzonte di Khufu”, il nome egizio della piramide di Cheope). L’epoca cui fa riferimento il papiro si riferisce all’ultima parte del regno finora attribuito dagli studiosi al faraone ed è perfettamente coerente con l’ipotesi che ci si trova nella fase di completamento del colossale monumento,** **precisamente quella di rifinitura, con la posa del rivestimento esterno.

Quello di Wadi el-Jarf non era un porto costantemente attivo, ma lavorava secondo le esigenze dell’imponente macchina organizzativa egizia. Da lì salpavano le navi dirette verso le cave del Sinai meridionale per prelevare rame e turchese e tornavano indietro con il loro prezioso carico attraccando alle banchine i cui i resti, ben preservati, sono ancora visibili.

La parte della banchina che insiste sul terreno era completamente ricoperta dalla sabbia portata dal forte vento del nord ed è stata recentemente ripulita dall’equipe di Tallet. La struttura è ancora molto compatta e resistente grazie all’ottima tecnica costruttiva che le ha permesso di resistere all’azione erosiva dell’acqua e delle correnti fino ai nostri giorni. Foto P. Tallet

Dal diario apprendiamo, inoltre che l’area era posta sotto l’autorità del principe Amkhaf, fratellastro di Khufu, visir e direttore di tutti i lavori. I dati contenuti in questi importantissimi reperti avvalorano quanto già gli archeologi avevano acquisito come ci illustra, ad esempio, il lavoro di Mark Lehner nell’area adibita per l’alloggio degli operai scoperta presso le piramidi, che conferma il numero di 40 unità per ciascun phylé (1) (ogni edificio poteva infatti ospitare lo stesso numero di persone). Oltre a rappresentare i più antichi documenti su papiro finora rinvenuti, i reperti ci illustrano e confermano un sistema amministrativo efficientissimo capace di organizzare imprese straordinarie.

Alcuni dei papiri trovati tra i blocchi di chiusura della galleria G1 a Wadi el-Jarf (Foto. P. Tallet)

Il porto di Wadi el-Jarf non solo si rivela essere il più antico finora conosciuto, ma anche un’essenziale parte integrante di una rete gigantesca creata in funzione della costruzione della Grande Piramide. Un progetto immenso che prevedeva l’approvvigionamento delle materie prime dai luoghi più disparati: granito da Elefantina, alabastro dal Medio Egitto, basalto dal Fayum, pigmenti dal Deserto Occidentale, calcare da Tura.

Il geroglifico “ZA”(cappio usato come pastoia per il bestiame) indica la parola tradotta nel greco phylè
Nomi di phylai dell’Antico Regno pervenutici attraverso i papiri di Abusir e varianti da altre documentazioni.

(1) Una parola del linguaggio faraonico, pronunciata “ZA”, era verosimilmente usata per designare i gruppi più importanti di persone all’interno di un’amministrazione. La testimonianza più antica di questo geroglifico proviene da iscrizioni su vasi di pietra reali risalenti alla I Dinastia, mentre una delle più tarde è presente in un decreto bilingue del re Tolomeo III, dove “ZA” è stato tradotto con la parola greca phylé. Il fatto che le phylai siano state menzionate regolarmente attraverso tre millenni di storia dell’Antico Egitto, mostrano chiaramente che rappresentassero l’ossatura dell’amministrazione. Un’ipotesi generalmente accettata è che l’amministrazione di una piramide fosse condotta da grandi squadre che incorporavano cinque pyilai e le loro divisioni. Il sistema delle phylai non fu esattamente lo stesso durante tutta l’epoca delle piramidi. Durante l’Antico Regno, secondo i papiri di Abusir ne esistevano cinque definite da aggettivi come: “grande”, “verde”, “piccola”. Inoltre, grandi squadre designate dal geroglifico “aper” venivano arruolate quando necessario, specialmente allorché si iniziava la costruzione della piramide.

I nomi delle squadre “aper”, noti dalle iscrizioni dei costruttori della piramide. Di alcuni di essi abbiamo traccia e includevano spesso il nome del faraone. Dall’interno della Grande Piramide di Giza abbiamo evidenza di alcune di tali denominazioni: “Purificatori delle Due-Terre dell’Horo Medjedu”, “Purificatori dell’Horo Medjedu”, “Amici di Khufu (Cheope)”, “Seguaci della corona bianca di Khufu” Notare che nei cartigli a sinistra è reso il nome completo di Cheope “Khnum Khufu (Knhum mi protegge)”. Medjedu è il nome di Horo del faraone.

Sembra che non fossero permanentemente presenti come le phylai. I nomi delle squadre “aper”, noti dalle iscrizioni dei costruttori della piramide, includevano molto spesso uno dei nomi del faraone. Dall’interno della Grande Piramide abbiamo evidenza di alcune di tali denominazioni, come ad esempio: ”Purificatori delle Due Terre dell’Horus Medjedu (Cheope)” (nome della squadra A), “Purificatori dell’Horus Medjedu (squadra b), Amici di Cheope (squadra C), “Seguaci della potente Corona Bianca di Cheope” (squadra D).**

Fonti:

  • Bullettin de la Société Française d’Egyptologie, N. 188 Febbraio 2014.
  • Wadi el-Jarf: il porto, i papiri e la costruzione della Grande Piramide, sito web Mediterraneo Antico.
  • Vassil Dobrev, L’Amministrazione della Piramide, da I Tesori delle Piramidi a cura di Zahi Hawass, cap.II

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