Di Francesca Benelli
Dea della prima cataratta: da Elefantina al Louvre Questa graziosa testina di terracotta blu, sebbene assomigli fortemente a una rappresentazione di Hathor, è in realtà nell’immagine della Dea Anouket (Anoukis).
Anouket è: “una delle divinità della regione Elefantina, dell’Isola di Sehel in particolare”, ci dice Isabelle Franco. Quanto a Jean-Pierre Corteggiani, ricorda che uno dei suoi titoli è: “Padrona della Nubia”; a volte viene chiamata la Nubiana, anche se nulla prova che sia veramente originaria di questa regione, una delle sue funzioni è quella di sorvegliare il confine meridionale dell’Egitto “.

Ma il suo ruolo più importante resta quello legato alle piene del Nilo, o forse più precisamente al ritiro delle acque che devono seguirlo: “spetta a lei ridurre la portata e consentire così, dopo il ritiro delle piene, i semi a germogliare e la vegetazione a crescere sui terreni liberati dall’acqua “. Un ruolo capitale dunque, da cui dipende il cibo e la sussistenza di un intero popolo, ciò forse spiega perché il suo culto si sia diffuso più a nord: troviamo, infatti, in particolare rappresentazioni della dea a Deir el-Medineh ma è anche possibile che sia stato introdotto lì “dagli operai che lavoravano nelle cave di granito di Assuan”.
Associato a Khnum e Satis, Anouket è la terza divinità della triade della Prima Cataratta. Viene generalmente presentata come “la figlia della coppia divina” o, talvolta, “la moglie del dio”.
Sull’isola Elefantina fu eretto un tempio per adorare la triade divina. Poi, il sito fu dimenticato, sepolto sotto il sebbakh. Fu riscoperto e studiato alla fine del 1906 dall’IFAO. Fu Charles Simon Clermont-Ganneau, orientalista, diplomatico e professore al Collège de France che intraprese i primi scavi lì. “Jean Clédat, uno dei suoi ex studenti si è unito a lui e grazie alla generosità del barone Edmond de Rothschild gli sono arrivati nuovi sussidi”. La missione svoltasi l’anno successivo diede luogo ad un bellissimo ritrovamento: “Presso le fondamenta di un tempio adiacente alla necropoli, un ‘nascondiglio’ conteneva oggetti di ogni genere e di varie epoche, attestanti l’età del santuario: frammenti di stele e statue, oggetti di terracotta e legno sono stati offerti per la condivisione al Museo del Louvre “.

foto © Musée du Louvre / C. Decamps
È così che questo affascinante manufatto è entrato nelle collezioni del museo parigino dove è stato registrato con la referenza E 12696. Alta 18 cm, la testa di fritta blu satinata è resa viva, vivace, espressiva, da tutti i dettagli dipinti in un nero profondo, che generano anche un contrasto suggestivo. Anche se il suo stato di conservazione non è ottimo, anzi incompleto, addirittura incollato, ci affascina letteralmente con il suo aspetto! Il viso è mostrato di fronte, è di forma leggermente triangolare ma le guance sono piene. Gli occhi sono grandi, delineati di nero, le sopracciglia inarcate. Il naso è leggermente allungato. La parrucca, opulenta e dritta, è ben realizzata. Gli stoppini sono materializzati da linee nere ed è ornato da nastri orizzontali con motivi circolari. In “A Century of French Excavations in Egypt 1880 1980” possiamo leggere questa descrizione molto interessante: “L’emblema della dea Anouket evoca la forma di un sistro (strumento musicale) con un viso umano triangolare piatto, dotato di orecchie di bovide, incorniciato da una grande parrucca e dal collo ornato dalla collana ousekh, qui frammentaria. Il modius dà origine a cinque alte piume del copricapo della dea, al posto del ‘naos’ secondo la tipologia del sistrum hathoric ” La corona di piume alte è infatti l’attributo, tanto riconoscibile quanto originale, della dea Anouket.
Quanto alle domande sul ruolo di questo manufatto, restano senza risposta fino ad ora: “Forse questo emblema era un oggetto liturgico, o più semplicemente un ex voto, in ogni caso è un oggetto originale per sua natura. Figurazione e tecnica ”