E' un male contro cui lotterò

LE CONOSCENZE ANATOMICHE

Di Andrea Petta e Franca Napoli

Abbiamo visto come la formazione dei medici avvenisse sia con la comunicazione diretta docente/discepolo (spesso genitore/figlio) sia presso le Per-Ankh, le Case della Vita. Non abbiamo certezze sul fatto che si praticasse anche la dissezione dei cadaveri, ma alcune descrizioni di traumi e delle loro conseguenze del papiro Edwin Smith suggeriscono che, almeno nei casi eccezionali, fosse effettuata. È molto probabile che i medici, soprattutto durante la loro formazione, assistessero ai rituali di imbalsamazione per la mummificazione per studiare gli organi interni. D’altra parte gli imbalsamatori riuscivano ad estrarre gli organi interni da un’incisione relativamente piccola ed estraevano il cervello attraverso l’osso etmoide, di soli 2 cm di diametro, rivelando un’abilità notevole.

Le incisioni praticate nel Nuovo Regno per l’asportazione degli organi interni. Da notare che la lunghezza del taglio era generalmente inferiore ai 15 cm (da “Tutankhamen il Faraone dimenticato” di Philipp Vanderberg).
Set di uncini per l’asportazione del cervello

Le opere di Erofilo di Calcedonia, un medico greco che studiò ad Alessandria nel periodo tolemaico, andate perse ma citate da Celso e Galeno, dimostrerebbero la dissezione fosse praticata in quel periodo (forse anche su condannati a morte ancora in vita…).

Erofilo di Calcedonia: da quanto riportato da Celso e Galeno in epoca tolemaica si praticava la dissezione anche sui prigionieri condannati a morte

Il corpo era diviso in 36 parti principali, ognuna con una sua divinità protettrice come descritto nel Libro dei Morti. Abbiamo già incrociato le divinità associate agli organi interni, protetti dopo la morte dai figli di Horus:

  • Iside per il fegato (protetto da Imsety, a testa umana, dopo la morte)
  • Nephti per i polmoni (protetti da Hapi, a testa di babbuino)
  • Neith per lo stomaco (protetto da Duamutef, a testa di sciacallo)
  • Selket per l’intestino (protetto da Qebehsenuef, a testa di falco)

Ma abbiamo anche Hathor a proteggere gli occhi, Anubi per le labbra e così via.

Neith sovrintende anche la crescita dei capelli (io devo averla fatta arrabbiare tempo fa…), mentre Ra è legato al viso ed ai lineamenti.

Tutti erano comunque “coordinati” da Thot, che era il nume tutelare dell’individuo.

Vaso canopico destinato a contenere il fegato del defunto con la testa di Imsety e l’invocazione ad Iside, ad esso correlata (Metropolitan Museum di New York, Collezione Davis)

Erano però parte del corpo anche il “ka”, che essendo l’essenza vitale dell’individuo governava la percezione ed il piacere, il “ba”, che possiamo semplificare come la personalità dell’individuo – o meglio la personificazione della sua forza vitale – e l’”ib”, che controllava la volontà ed era identificato come il cuore spirituale.

In generale nel pensiero egizio ogni persona era un microcosmo in cui si specchiavano e coesistevano gli elementi: il “corpo solido” (la terra), il “corpo liquido” (il Nilo), il “calore” (Ra, il sole) ed il respiro (il vento)

In totale esistono più di 100 termini egizi legati all’anatomia (molti legati alla testa ed al cranio). Da notare che i geroglifici per definire le parti esterne del corpo sono derivati per lo più dall’anatomia umana, mentre per gli organi interni si utilizzavano spesso simboli legati agli animali, evidenziando una conoscenza dell’anatomia comparata. Tipico esempio è il simbolo per “cuore”, che è un cuore di bue.

Un’idea della vastità della conoscenza anatomica egizia: le parti del cranio (da “Il tempio dell’uomo” di De Lubicz)

I “METU”

Nonostante questa conoscenza già avanzata per quei tempi, ci sono “scivoloni” grossolani inattesi. I più evidenti sono riferiti al cervello (la cui funzione rimase sconosciuta agli Egizi nonostante gli interventi di chirurgia cranica effettuati) ed ai vasi.

Infatti un solo termine, “metu”, descriveva nervi, tendini, arterie e vene, che sono quindi considerati come appartenenti allo stesso sistema (curiosamente, questa abitudine si è tramandata fino ai giorni nostri con il termine arabo “irk”).

Il numero totale dei “metu” principali era 22 (Papiro di Berlino 163b); quando il termine veniva applicato alle arterie la precisione è sorprendente (la circolazione degli arti inferiori è descritta in maniera paragonabile a quella moderna) ma…nelle credenze egizie TUTTI i liquidi corporei si muovevano nei “metu”. Quindi sangue, urina, feci, muco e liquido seminale, nonché l’aria respirata, si muovevano dal cuore, arrivavano all’ano e di lì venivano ridistribuiti dopo aver espulso le sostanze nocive per il corpo. Nella persona sana questi “succhi” si muovevano in armonia; quando questa armonia veniva meno insorgevano le malattie.

Rimane controverso se gli Egizi avessero compreso appieno la circolazione sanguigna; se da una parte nel Papiro Ebers compare il concetto che il cuore parli alle altre parti del corpo attraverso i “metu” (854a), dall’altra si ribadisce che le arterie contengano aria (855e). Bisogna comunque tenere conto nuovamente che la traduzione dei termini è spesso molto difficile.

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