Di Nico Pollone
Quasi tutti gli appassionati dell’antico Egitto sanno che la scrittura era un componente base della vita dell’antico Egitto. Tre erano i tipi di scrittura che si sono sviluppati nel corso dei secoli: il Geroglifico, lo Ieratico e il Demotico.
Questo però ad alcuni scribi non bastava, perciò si sono inventati un altro tipo di scrittura detta “criptografica”. Questa non seguiva i canoni di scrittura tradizionali = mix di sistema fonetico e pittografico, ma si affidava a rappresentazioni che “enigmisticamente” dovevano essere interpretati.
Esistono diversi esempi di questa scrittura che si ritrovano in tutto il periodo della civiltà egizia.
Il più famoso (e semplice) è quello utilizzato in molte statue di Senenmut nella rappresentazione del nome di Hatshepsut.

Un primo criptogramma lo si trova nella fattura di una delle statue di Senenmut conservata al Brooklyn Museum

LUOGO RITROVAMENTO: Armant, Egitto
DATE ca. 1478-1458 a.C
PERIODO: Nuovo Regno
DIMENSIONI: 18 3/4 × 7 × 11 1/2 pollici, 67,5 libbre (47,6 × 17,8 × 29,2 cm, 30,62 kg)
Le statue inginocchiate dell’Antico e del Medio Regno mostrano generalmente un soggetto con le mani appoggiate sulle cosce o con in mano un paio di minuscoli vasi rotondi. Lo scultore di questo pezzo, tuttavia, ha raffigurato Senenmut che presenta una simbologia complessa: un cobra collocato su un paio di braccia alzate, coronato con corna di vacca con un disco solare al centro. Gli egittologi interpretano questa immagine come un crittogramma del nome del trono di Hatshepsut ( Maat-ka-ra ).
Seconda scrittura crittografica di Hatshepsut nelle statue di Senenmut.
Questo testo criptografico è presente, se non vado errato, in tre statue cubo di Senenmut.
Questo modo di criptare il testo non è parte integrante della raffigurazione della statua (come è nella precedente statua col serpente) ma è inciso al pari del testo geroglifico.
Questo si trova nella parte superiore piana di ogni statua, a sinistra l’avvoltoio a destra una figura umana.
I segni si possono così interpretare.
L’avvoltoio – dea Mut, qui sta per Maat, infatti Mut è associata a Maat e a Sekmet.
L’occhio Udjat, che dell’avvoltoio ne forma il corpo, si legge Ra. Infatti l’Udjat è anche l’occhio di Ra.
Sotto le zampe dell’avvoltoio c’è il segno delle due braccia unite a “u”.
Il tutto si legge Maat-Ka-Ra.
La figura è in posizione di cammino, impugna uno scettro Was e non ha testa umana. Al posto di questa si ha un segno Ankh incorporato al segno Was.
La testa perduta raffigura simbolicamente che è mancante, ovvero “nascosta”.
Questa parola si traduce HAt (HAwt) parte iniziale del nome di nascita Hatshepsut
Il seguito è un po’ più complesso. Il segno Anch e Was come sostituti della testa indicano due attributi che di regola sono attribuiti a un sovrano: vita e potere, da qui l’indicazione della seconda parte del nome, ovvero Sps-w(t) “sovrana” nobildonna con segno utilizzato A51 = HAt-Sps-wt
Ps. il risultato di queste riflessioni deriva dalla lettura di parecchi documenti sulla criptografia egizia consultati in rete a cominciare dai lavori di Drioton.
Il cartglio criptografico

Questa rappresentazione di scrittura criptografica rappresenta chiaramente un cartiglio. Qui oltre alla scrittura enigmatica espressa solo con pittografia, c’è anche una palese spostamento dell’ ordine di lettura delle varie parole che compongono il nome.
Le divinità che sono raffigurate all’interno del cartiglio fanno sembrare il personaggio come parte del regno delle divinità che aveva: la legittimità di Horus, il potere di Montu e Anhur, la protezione di Bastet . Per evitare che il suo nome venisse cancellato o distrutto dai suoi nemici, il titolare di questo cartiglio, fece per questo uso della crittografia, come era stato fatto da Hatshepsut e Ramses II prima di lui.
Accanto al testo criptografico inserisco anche il testo in chiaro.
Per prima cosa il nome del sovrano proposto nel cartiglio è presentato nel post: si tratta di Nectanebo II, terzo sovrano della XXXa dinastia.
Il rilievo (disegno) proviene dagli scavi di Tell Basta ovvero dalla città di Bubastis.
Nel testo criptografico, in pratica, vengono utilizzate tutte, meno una, rappresentazioni di dei.
Spero di essere comprensibile nella spiegazione.