C'era una volta l'Egitto

LA PIRAMIDE DI NEFERKARA PEPI II

Di Piero Cargnino

Siamo quasi alla fine della VI dinastia ma ancor più alla fine del cosiddetto “Antico Regno”

Pepi II, (Neferkara, Phiopis, Piopi, Horo Netjerkhau), salì al trono dopo Merenre I. Figlio, secondo alcuni, di Pepi I e della regina Ankhesenpepi II. Ma qui esistono diverse interpretazioni, dagli annali registrati sulla “Pietra di Saqqara meridionale”, tenuto conto della durata del regno di Pepi I, risulterebbe che Pepi II sia nato 5 anni dopo la morte di Pepi I.

Da sigilli reali della VI dinastia e da blocchi di pietra, scoperti durante gli scavi del 1999-2000, provenienti dal Tempio funerario della regina Ankhesenpepi II, madre di Pepi II, si evince che la stessa regina sposò poi, in seconde nozze,  anche Merenre I. Da qui si potrebbe dedurre che Pepi II fosse figlio di Merenre I e nipote abiatico di Pepi I. Secondo Manetone quello di Pepi II fu il regno più lungo della storia,

<< Cominciò a regnare a sei anni e continuò fino a cento anni >>,

mentre il Canone Reale di Torino gliene attribuisce 90. Anche qui i pareri sono discordanti, la più antica fonte scritta risalente al regno di Pepi II è datata “Anno dopo il 31º censimento (del bestiame), 1° mese di Shemu, 20º giorno”, dal Graffito Hatnub n°7, (Spalinger, 1994), quindi, se è stata rispettata la cadenza biennale, corrisponderebbero a 62 anni di regno.

Alcuni egittologi ritengono che non abbia regnato per più di 64 anni. Secondo Jürgen von Beckerath, Manetone commise un errore nella lettura dei documenti a sua disposizione peraltro risalenti a due millenni prima, stessa cosa per il Canone di Torino, redatto sotto Ramses II, vissuto un millennio dopo Pepi II. L’egittologo austriaco Hans Goedicke,  pensava di aver ravvisato un “Anno del 33º censimento del bestiame” in un decreto di Pepi II per il culto funerario della regina Udjebten ma nel 1988 ebbe a ricredersi riscontrando che l’anno di riferimento in quel testo era il 24°. Secondo altri studiosi, discordi, il mancato ritrovamento, finora, di documenti posteriori a quelli già scoperti non esclude categoricamente che Pepi II abbia regnato più a lungo, dal momento che la fine del regno di Pepi II segnò un rapido tracollo delle fortune dei faraoni dell’Antico Regno che vennero subito dopo di lui.

Di Pepi II si parla nei “Testi delle piramidi”, formula n. 555,

<< È uscito Pepi da Buto. È abbigliato come Horus, è addobbato come le Due Enneadi. Si leva Pepi come re, si innalza egli come Upuaut………il suo scettro amaes è nel suo pugno………La madre di Pepi è Iside………E’ sano Pepi, è sana la sua carne, è sana la sua veste………Egli sale al cielo come Mentu…….>>.

Sfogliando un testo ho trovato un episodio riguardante Pepi II che, salito al trono in età giovanissima, come tutti i bambini si appassionava tantissimo nell’ascoltare i racconti di coloro che avevano compiuto viaggi in paesi lontani per tornare carichi di merci e oggetti preziosi. Un personaggio riuscì in modo particolare a stimolare la fantasia di Pepi, Harkhuf governatore di Elefantina. Harkhuf guidò almeno quattro spedizioni dall’Alto Egitto fino a Yam, ma ciò che più appassionò Pepi fu quando, di ritorno dalla quarta missione, riportò un “nano danzante” (un pigmeo). Pepi ne fu a tal punto entusiasta che inviò una lettera ad Harkhuf dicendo:

<<…….Torna alla corte subito, devi portare con te questo nano che hai preso……..per la danza del dio, per rallegrare ed allietare il cuore del Re dell’Alto e Basso Egitto Neferkara, che viva in eterno……..la Mia Maestà desidera vedere questo nano ancor più dei doni dal Sinai e da Punt……..la Mia Maestà farà per te una cosa più grande di quanto venne fatto al tesoriere del dio, Burded, al tempo di Isesi……..>>.

La cosa rappresentava un enorme onore per Harkhuf  il quale non mancò di riprodurla integralmente sulla facciata della propria tomba.

Pepi II, per il suo complesso piramidale, scelse un luogo ubicato sul bordo meridionale della necropoli di Saqqara e lo chiamò “La vita di Pepi è duratura”. Esso riveste un ruolo particolare nell’architettura egizia, fu l’ultimo ad essere costruito nella migliore tradizione dell’architettura dell’Antico Regno.

Gaston Maspero, seguendo sempre il cammino di Perring, entrò nella sottostruttura nel 1881, senza però approfondire più di tanto la sua ricerca. Chi approfondì lo studio del monumento fu Gustave Jéquier, egittologo svizzero, nelle sue campagne condotte tra il 1926 e il 1932. Fu lui a scoprire nelle vicinanze della piramide di Pepi II le piramidi delle mogli Neith, la madre del successore di Pepi II, Iput II e Udjebten. Solo queste tre mogli ebbero ciascuna una piramide minore e un tempio funerario accanto al complesso sepolcrale di Pepi II.

Nei pressi della rampa cerimoniale Jéquier portò alla luce una piccola piramide di un oscuro sovrano dell’VIII dinastia, Ibi, (tratteremo questa piramide in un articolo successivo). Anche la piramide di Pepi II era formata da piccoli pezzi di calcare cementati con malta argillosa mentre il paramento fu realizzato con pregiato calcare bianco.

Inspiegabilmente la piramide fu oggetto di un ampliamento successivo. A lavori ultimati venne aggiunta attorno alla piramide all’altezza del terzo strato di blocchi una fascia in muratura larga circa 7 metri, in questo modo la cappella nord fu inglobata e sparì. L’ingresso, come in uso fin dall’epoca di Djedkare, era a nord e dava accesso ad un cunicolo dapprima discendente che sbucava in un vestibolo nel quale sono stati rinvenuti frammenti di vasi in alabastro e diorite e la lama dorata di un piccolo coltello. Subito fuori dal vestibolo il cunicolo diventa orizzontale e dopo alcuni metri si trova una barriera composta da tre macigni di granito a caduta, le pareti della parte orizzontale del corridoio erano interamente ricoperte dai “Testi delle piramidi”, così pure le pareti dell’anticamera e della camera funeraria mentre sul soffitto, dalla classica forma a triplice capriata formata da enormi lastroni in calcare,  risplendevano le stelle.

Solo la parete occidentale dietro al sarcofago presentava una decorazione a facciata di palazzo. Sul sarcofago in granito nero una scritta in geroglifico riportava il nome ed i titoli del faraone. Il coperchio si trovava su due monconi in muratura fra il sarcofago e la parete, la mummia di Pepi II non è mai stata trovata. All’interno del recinto del complesso funerario si trova la piccola piramide cultuale in corrispondenza dell’angolo su-est. Appena fuori dalla cinta muraria del complesso si trovano: nell’angolo a nord-ovest la piramide della moglie reale Iput II ad ovest e quella dell’altra moglie reale Neith a nord. La piramide di un’altra moglie reale, Udjebten, si trova nell’angolo sud-est, verso sud quasi di fronte alla piramide cultuale.

Fonti e bibliografia:

  • Mark Lehner, ”The Complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson, 2008
  • Miroslav Verner,, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton editori, 1998
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Laterza,  Bari, 2008
  • Sergio Donadoni, “Testi religiosi egizi”, Milano, TEA, 1988
  • David Henige, “How long did Pepy II reign?”, in GM, 2009 
  • Federico A. Arborio Mella, “L’Egitto dei Faraoni”, Milano, Mursia, 1976; 2005
  • George William Murray, “Harkhuf’s Third Journey”, The Geographical Journal, 1965 Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, traduzione di Ginetta Pignolo, Milano, Einaudi, 1989

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