Di Piero Cargnino
NEITH
Sicuramente era una caratteristica della famiglia dei Pepi quella di valorizzare le proprie mogli, ovviamente non tutte, ma almeno quelle che dovevano essergli più care.
Pepi II fu in un primo tempo ritenuto figlio di Pepi I in seguito al ritrovamento di vari sigilli reali della VI dinastia e blocchi di pietra (l’ultimo dei quali individuato nel Tempio funerario della regina Ankhesenpepi II, madre certa di Pepi II). Si pensa che la regina abbia sposato anche Merenre I, dopo la morte di Pepi I, questo emerge anche dall’elencazione dei titoli assegnati a Ankhesenpepi II: “Sposa del Re-della Piramide di Pepi I”, “Sposa del Re-della Piramide di Merenre”, “Madre del Re-della Piramide di Pepi II”. Pare dunque chiaro che Pepi II fosse figlio di Merenre I, quindi, nipote abiatico di Pepi I.
Come accennato nel precedente articolo andremo ora a visitare le piramidi minori delle mogli di Pepi II. Anche questo faraone volle costruire, per almeno tre delle sue mogli, non delle semplici piramidi ma dei veri e propri complessi piramidali corredati ciascuno da un tempio funerario e da una cinta muraria.

Il più antico dei tre complessi è quello della regina Neith sorella di Merenre. Forse figlia di Pepi I e della regina Ankhesenpepi I, in questo caso risulterebbe sorellastra e cugina di suo marito Pepi II, il nome Neith gli venne assegnato in onore dell’omonima dea della guerra, della caccia e della tessitura.

Neith fu una delle mogli principali di Pepi II e forse madre di Merenre II, Una leggenda racconta che sarebbe stata anche la madre dell’enigmatica regina Nitocris. La regina, in quanto principessa, poteva vantare numerosi titoli quali: “Figlia del Re”, “Prima Figlia del Re del Suo Corpo”, “Prima Figlia del Re del Suo Corpo di Mennefer Meryra”, “Principessa ereditaria”. In quanto sposa del faraone potè aggiungerne altri: “Sposa del Re”, “Amata Sposa del Re di Menankh-Neferkara”, “Grande di lodi”, “Grande dello Scettro-Hetes”, “Colei Che vede Horus e Seth”, “Attendente di Horus”, “Consorte e Amata delle Due Signore” (le dee Nekhbet e Uadjet), “Compagna di Horus”. Come Madre del Re significa che suo figlio divenne faraone.
Delle tre piramidi delle mogli di Pepi II, quella di Neith è la più grande. Il suo complesso funerario è ubicato nell’angolo nord-ovest della piramide di Pepi II, include un piccolo tempio funerario e una piramide accessoria. La piramide è formata da un nucleo di tre gradoni in tutto simile a quello della piramide reale. All’entrata del complesso si trovavano due obelischi completamente coperti di iscrizioni.
L’ingresso si trovava nel pavimento del cortile a metà della parete settentrionale della piramide. Anche qui un corridoio discendente terminava in uno sbarramento in blocchi di granito rosa per poi proseguire in orizzontale. Questo presentava un ulteriore sbarramento prima dell’ingresso alla camera funeraria posta in corrispondenza dell’asse verticale della piramide.
La camera funeraria aveva il soffitto piatto decorato con stelle, la parete del sarcofago era splendidamente decorata a facciata di palazzo mentre le altre tre pareti erano ricoperte con i “Testi delle piramidi”.

Come abbiamo avuto modo di dire in altra occasione, si tratta di una rarità trovare i Testi della piramidi nella camera sepolcrale di una regina in quanto erano prerogativa del sovrano, in assoluto la prima regina a fregiarsene fu la madre di Pepi II, la regina Ankhesenpepi II. Il sarcofago, in granito rosso, conteneva al suo interno alcuni resti della mummia della regina e la cassa con i vasi canopi. Ovviamente la tomba fu profanata fin dal passato e la mummia disfatta per recuperare i preziosi amuleti in essa contenuti, i pochi resti ritrovati furono conservati un tempo presso la Facoltà di Medicina di Kasr el-Aini. Nella camera furono rinvenuti inoltre numerosi frammenti di vasi in alabastro e diorite appartenenti al corredo funerario della regina. Un piccolo serdab si trovava ad est della camera.
Durante i suoi scavi l’egittologo Gustave Jéquier scoprì, in una fossa poco profonda all’angolo sud-est della piramide, sedici modelli lignei di imbarcazioni, sepolte fra la piramide di Neith e quella accessoria. Un ritrovamento eccezionale per quantità, varietà e stato di conservazione. Le barche, facenti parte del corredo della regina, erano legate al culto funerario ed all’idea del viaggio che il defunto doveva compiere per raggiungere l’aldilà.

IPUT II
Iput II, forse figlia di Merenre I, fu sorellastra e moglie di Pepi II. Data la sua appartenenza alla famiglia reale poteva fregiarsi dei titoli di “Figlia del Re” e “Prima figlia del Re” ai quali si aggiungeva quello di “Principessa ereditaria”. Divenuta regina moglie di Pepi II aggiunse i titoli di “Sposa del Re”, “Sposa del Re, sua amata”, “Amata sposa del Re Pepi Neferkara Menankh” e “Colei che vede Horus e Seth” (non dovrei averne dimenticato nessuno) infatti, stranamente, fra tutti i suoi titoli salta all’occhio un fatto curioso, mancava il titolo di “Regina madre”.

Durante la VI dinastia tutte le spose reali, anche se i loro figli non diventarono mai faraoni, ottennero una piramide per tomba con il proprio tempio sulle pareti del quale spiccavano i nomi ed i titoli della regina. Il complesso funerario di Iput II, che doveva ricalcare quella di Neith, comprendeva una piramide ed un Tempio sepolcrale annesso, eretto su un pozzo a forma di L nei pressi della piramide di Pepi II. Si accedeva attraverso una porta in granito rosa con ai lati due obelischi sempre di granito rosa sui quali erano riportati il nome e i titoli della regina.
Osservando il complesso oggi purtroppo ci si trova in presenza di un ammasso di macerie riconoscibile solo per le dimensioni limitate ed una parte del paramento della camera funeraria costruito con materiale di pessima qualità. La camera sepolcrale si presenta anch’essa con le pareti interamente ricoperte dai Testi delle piramidi mentre il sarcofago, forse realizzato in granito rosa, non è mai stato ritrovato.

Il sito venne scavato all’inizio del XX secolo dall’archeologo svizzero Gustave Jéquier. Gli scavi interessarono anche il tempio funerario dove venne rinvenuto un sarcofago di granito che risultò essere appartenuto ad un’altra moglie di Pepi II, la regina Ankhesenpepi III, la cosa suscitò molti interrogativi, primo fra tutti rimane il mistero se questa regina sia stata sepolta già in origine nel complesso di Iput II o se il suo sarcofago venne qui trasportato durante i torbidi del Primo Periodo Intermedio. Il coperchio del sarcofago mostrava tracce di un’iscrizione che sul momento apparvero illeggibili. Ricoverato al Museo del Cairo (JE 65908) venne per lungo tempo dimenticato. In epoca più recente gli archeologi Michel Baud e Vasil Dobrev sono tornati ad esaminare l’iscrizione sul reperto. Con l’utilizzo di una sofisticata tecnica fotografica sono riusciti a ricostruire parzialmente l’iscrizione. La sua traduzione si è rivelata particolarmente difficile e dubbia, ma una parziale decifrazione è stata compiuta con successo. Ancorché tutt’ora incerta, la decifrazione ha permesso di stabilire che Usekara regnò effettivamente all’inizio della VI dinastia, la durata del suo regno fu di circa quattro anni, ma che il suo nome fu poi cancellato dai monumenti a causa di una damnatio memoriae all’epoca del faraone Pepi I.
UDJEBTEN
La terza moglie, per la quale Pepi II fece costruire un complesso funerario, fu la regina Udjebten la quale sicuramente rivestì un ruolo meno importante di altre, infatti gli venne riservato un complesso un po’ più piccolo dotato comunque di una piramide, un tempio funerario ed una piccola piramide cultuale.
Anche per lei non si lesinò certo nell’assegnargli titoli nobiliari, poteva vantare di essere “Colei che vede Horus e Seth”, “Grande dello Scettro-Hetes”, “Sposa del Re”, “Amata Sposa di Menankh Neferkara”, “Attendente di Horus”, “Consorte dell’Amato dalle Due Signore” (le dee Nekhbet e Uadjer). Anche per lei non compare mai il titolo di “Figlia del Re”, usuale per le figlie del faraone, ma semplicemente “Principessa ereditaria”. Se ne deduce pertanto che, pur appartenendo alla famiglia reale, non fu una sorella o sorellastra di Pepi II come Neith e Iput II.

Il complesso funerario della regina Udjebten includeva la piramide principale, un tempietto mortuario e una annessa piramide accessoria finalizzata al culto circondato da muri perimetrali. La struttura della sua piramide era in tutto simile a quella delle altre due piramidi delle regine. Lo stato di devastazione in cui la rinvenne Jéquier era tale che addirittura risultò difficile riconoscere il nucleo centrale. Tuttavia Jéquier riuscì a trovare un blocco del paramento che venne riconosciuto come quello su cui poggiava il Pyramidion. Grazie ad una circostanza fortunata scoprì nel tempio funerario un’iscrizione che attestava che il pyramidion in origine era rivestito con lastre di oro.

Tra le cose trovate c’era un enorme blocco di basalto che faceva parte della saracinesca di sbarramento. Ancorché neppure Udjebten vantasse il titolo di “Regina madre”, durante gli scavi Jéquier scoprì un frammento dell’iscrizione di un decreto che tutelava il culto della regina. Dai miseri resti della camera funeraria è emerso che le pareti erano ricoperte con i testi delle piramidi di cui sono rimasti 84 frammenti
Fonti e bibliografia:
- Mark Lehner, ”The Complete Pyramids”, Londra, Thames & Hudson, 2008
- Miroslav Verner,, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton editori, 1998
- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Laterza, Bari, 2008
- Federico A. Arborio Mella, “L’Egitto dei Faraoni”, Milano, Mursia, 1976; 2005
- Franco Cimmino, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Milano, Bompiani, 2003
- Sergio Donadoni, “Testi religiosi egizi”, Milano, TEA, 1988
- David Henige, “How long did Pepy II reign?”, in GM, 2009 Alan Gardiner, “La civiltà egizia”, traduzione di Ginetta Pignolo, Milano, Einaudi, 1989