C'era una volta l'Egitto, II Periodo Intermedio

LA XIII DINASTIA – PARTE 1

DA UGAF A AMENEMHAT VII

Di Piero Cargnino

Voglio anticipare eventuali osservazioni che possono arrivare dai più esperti egittofili riguardo alla sequenza ed ai nomi dei vari faraoni della XIII dinastia che tratteremo ora e delle seguenti, fino alla XVII. Va precisato che gli stessi egittologi non concordano ne sulla sequenza ne sui nomi, come abbiamo detto tutto ciò che riguarda  questo periodo della storia egizia è frutto di interpretazioni delle scarse fonti storiche che ci sono pervenute e per quanto riguarda i nomi dipende dagli studiosi che li hanno pubblicati. Cerchiamo, per quanto possibile di districarci in questo coacervo di regnanti, per la maggior parte locali e soprattutto contemporanei tra di loro e tra le varie dinastie che caratterizzano il Secondo Periodo Intermedio. Per quanto mi riguarda sto seguendo un paio di liste che in parte concordano, prendetela così.

La XIII dinastia è la prima del Secondo Periodo Intermedio e copre un arco di tempo di circa 120 – 150 anni durante i quali si sono succeduti, secondo Manetone 60 re in un periodo di circa 453 anni, come abbiamo già detto con la frantumazione del potere centrale sicuramente ogni nomarca si eresse a sovrano, anche se solo del proprio territorio, per cui assistiamo al sorgere di dinastie locali che regnarono contemporaneamente, questa potrebbe essere la ragione che trasse in inganno Manetone il quale attribuì alla XIII dinastia un periodo così lungo ed un numero così alto di sovrani. Gli studiosi pensano che i sovrani furono in realtà circa 50, per un periodo di circa 120 anni. Cerchiamo ora di scoprire chi furono questi sovrani che solo il Canone Reale di Torino ci elenca; in realtà esiste un certo numero di sovrani conosciuti solamente da reperti archeologici i cui nomi non sono collegabili, o inseribili, all’interno della sequenza definita dal Canone Reale. È possibile che molti nomi appartengano a sovrani i cui cartigli si trovavano nelle parti illeggibili, o del tutto perse, della colonna 7 del Canone Reale. La successione che ci fornisce il Canone Reale viene però messa in dubbio da parecchi studiosi che propongono sequenze diverse facendo riferimento all’accorpamento di alcuni nomi della lista di epoca ramesside. Nell’affrontare questo ingrato compito, tenuto conto dell’estrema complessità del periodo in questione e l’assenza di informazioni come possibili fonti di ulteriori errori, non mi perderò a cercare quale sia la sequenza corretta, se mai è stato possibile stabilirla, ma seguirò quella da me trovata. Molti di questi nomi, assegnati alla XIII dinastia potrebbero invece appartenere alla XVII dinastia, che gli successe (almeno per l’Alto Egitto), ingenerando quindi valutazioni falsate tali da rendere incerta ed opinabile qualsiasi conclusione. Iniziamo ora a scoprire questi sovrani

UGAF (HOR SEKHEM-NETJER)

Di lui conosciamo molto poco non sappiamo se la sua successione a Nefrusobek avvenne per diritto di nascita o per aver sposato la regina. Nel Canone Reale dovrebbe corrispondere a quello che  compare nella  posizione 6.5 (dovrebbe, in questi casi il condizionale è sempre d’obbligo). Troviamo il suo nome anche nella lista di Karnak e su alcune stele provenienti da Tebe. Da iscrizioni coeve sappiamo che la sua capitale era ancora Ity Tawy. Alcuni storici fanno risalire all’inizio del suo regno il distacco dal governo centrale del 6º distretto dell’Alto Egitto che fissa la sua capitale a Xois, qui, secondo Manetone, si insedieranno i sovrani della XIV dinastia.

SEKHEMKARA AMENEMHAT-SENEBEF (HOR MEHIBTAWY)

Secondo sovrano della XIII dinastia (forse), anche il suo nome è quasi del tutto illeggibile sul Canone Reale nel quale compare come durata del suo regno “6 anni” scritto in rosso e preceduto da un’altra indicazione andata persa. Per lui ci sono conferme archeologiche consistenti in iscrizioni provenienti da Asyut e Semna, una statua da Elefantina ed altri ritrovamenti minori. Di certo si sa che durante il suo regno non vengono più effettuate le registrazioni del livello di piena del Nilo, da ciò si deduce che si sia verificato qualche sconvolgimento politico e sociale di cui però non si sa nulla. Ancorché molto rovinato in questo punto il Codice Reale pare riportare, dopo Amenemhat-Senebef, sei anni di assenza di sovrani registrati con inchiostro rosso.

AMENEMHAT V  (HOR SANKHTAWY) 

Dopo il periodo vuoto di sei anni, compare il nome di questo sovrano che si viene a trovarsi al terzo posto nella XIII dinastia (in realtà potrebbe essere il quarto se i sei anni vuoti accogliessero un ulteriore nome). Il suo nome si trova nella riga 6.7 del Canone Reale come “….menemhat” e viene interpretato come Amenemhat V. Il quasi certo (anche in assenza di prove dirette) distacco del 6º distretto dell’Alto Egitto dal governo centrale ci porta a credere che questo portò ad un governo contemporaneo di due entità diverse, la XIII e la XIV dinastia.

SEHETEPIBRE I

Come per molti altri sovrani di Sehetepibre I non conosciamo nulla, si sa solo che regnò per un solo anno. Seppure inserito nella lista del Canone Reale, secondo Kim Ryholt, sarebbe stato inserito per un errore dello scriba per cui Sehetepibre I sarebbe lo stesso Sehetepibre che troviamo nella posizione 6.12 del Canone. La sua affermazione sarebbe supportata dal fatto che il sovrano viene definito come “figlio dell’asiatico” in quanto il suo predecessore, come vedremo in seguito, fu Ameny Kemau (Hetepibra) ad essere definito “Ameny l’Asiatico”.

SEHETEPIBRE II  IUFNI

Con questo oscuro sovrano i dubbi sono ancora maggiori, Sehetepibre II (Hotepibre Qemau Siharnedjheritef), secondo alcuni studiosi sarebbe lo stesso Sehetepibre I solamente ripetuto. Nonostante ciò gli egittologi Kim Ryholt e Darrell Baker lo considerano il re della dinastia che regnò da uno a cinque anni, forse tre anni, dal 1791 a.C. fino al 1788 a.C. gli egittologi Jürgen von Beckerath e Detlef Franke lo considerano invece come il nono re della dinastia. 

AMENEMHAT VI

Amenemhet VI (Seankhibre Ameny Antef), come la maggior parte dei re della XIII dinastia, questo sovrano potrebbe aver regnato per un breve periodo che viene stimato in 3 anni o anche meno, a seconda dello studioso che si consulta. Di lui sono stati rinvenuti alcuni manufatti contemporanei ed il suo nome compare in due diverse liste di re. Alcuni egittologi lo collocano all’interno di una famiglia più ampia di faraoni dove compaiono Amenemhat V, Ameny Qemau, Hotepibre Qemau Siharnedjheritef e Iufni.

SEMENKARE NEBNUNI

Nel Canone Reale di Torino compare solo il suo nome nella colonna 7, linea 11 (nel suo libro Gardine lo colloca nella colonna 6, linea 11). Di lui è stata ritrovata una stele di terracotta che mostra, da un lato, il re davanti al dio Ptah “….a sud delle sue mura……” (epiteto menfita rivolto al dio), dall’altro lato il re è davanti a Horus “…….signore dei paesi stranieri…….”. Oltre al nome di  Semenkarê Nebnoun la stele riporta anche i nomi di Nesout-bity (Semenkare) e Sa-Ra (Nebnoun). La stele proviene da Gebel el-Zeit nel Sinai dove si trovavano le miniere di galena. Secondo gli egittologi Darell Baker e Kim Ryholt, Nebnuni è stato il nono governatore della XIII dinastia.Di parere contrario sono Jurgen von Beckerath e Detlef Franke che lo collocano all’ottavo posto. Non si sa per quanto abbia regnato, una lacuna del papiro permette solo di leggere “…….e 22 giorni”. Baker e Ryholt gli attribuiscono 2 anni, a partire dal 1785 a.C. mentre gli egittologi Rolf Krauss, Detlef Franke e Thomas Schneider danno a Nebnuni solo 1 anno di regno nel 1739 a.C. La stele sopra citata prova che all’inizio della XIII dinastia il potere centrale era ancora in grado di organizzare spedizioni in Sinai alla ricerca di materiali da costruzione e la produzione di articoli di lusso.

AMENY KEMAU

Ameny Kemau o Ameny Aamu (Ameny l’Asiatico) il cui nome non compare nel Canone reale ma nella Sala degli Antenati di Karnak, Secondo alcuni egittologi potrebbe trattarsi di Amenemhat V (descritto sopra) anche se la cosa è molto incerta poiché diversi sovrani, nel medesimo periodo, sono citati con nomi analoghi.  

Le testimonianze che ci sono pervenute per questo sovrano sono come sempre scarse però, a differenza  di molti altri della XIII dinastia di cui è stato trovato ben poco, di Ameny Kemau è stata trovata la tomba.

Mentre si può affermare che con questa dinastia si è praticamente conclusa l’usanza di costruire piramidi, vista anche la breve durata del regno dei vari sovrani, Ameny Kemau tentò di fare un’eccezione.

In epoca recente l’egittologo inglese Aidan Dodson si è dedicato allo studio delle poche piramidi della XIII dinastia a tutt’oggi conosciute, una di queste è proprio quella di Ameny Kemau. Ad esso viene attribuito un complesso funerario rinvenuto a sud di Dashur ma che non fu mai terminato, forse per la breve durata del suo regno, già nelle fasi iniziali la piramide venne trasformata in mastaba.

Vediamo dunque chi fu Ameni Kemau. Il tracollo del Medio Regno non ci permette neppure di ipotizzare con un po’ di certezza chi furono i governanti di questa ultima parte. Ho volutamente scritto “governanti” perché allo stato attuale non siamo in grado di dire con certezza se Ameni sia stato un faraone nel vero senso della parola o solo uno dei tanti governanti.

Gli egittologi Kim Ryholt e Darrel Baker lo individuano come il quinto faraone della XIII dinastia e, pare, abbia governato per due anni una gran parte dell’Egitto ad eccezione della parte orientale del Delta. Fornirgli un’identità certa è quasi impossibile, secondo Ryholt il suo nume si dedurrebbe in una lacuna del Papiro di Torino prima del nome di Amenemhat, sono stati fatti anche molti tentativi per identificarlo con altri sovrani più noti dell’epoca ma la questione è ancora aperta.

Oggi rimane solo la parte interna della seconda piramide di Ameny Qemau (Egyptian Ministry of Antiquities)

Sempre Ryholt afferma che il nome di questo faraone andrebbe letto come ”Kemau, figlio di Ameni”, se così fosse si potrebbe ipotizzare un collegamento con gli Amen-emhat che lo hanno preceduto. Il suo nome compare anche su di un frammento di legno trovato nella sua piramide, compare inoltre su una targa di cui nessuno sa dove venne ritrovata, allo stato attuale si pensa ad un falso moderno.

Il complesso funerario di Ameni Kemau comprende numerose mastabe, probabilmente suoi parenti poiché appartengono tutte all’Antico Regno.

A scoprire la piramide nel 1957 fu Charles Arthur Musès la cui relazione di scavo non fu mai pubblicata, i dati di cui disponiamo sono quelli redatti da Rinaldi e Maragioglio nel 1959 in seguito ad una esplorazione superficiale, oggi non è più possibile approfondire perché il complesso è completamente insabbiato. A malapena si può stimare che misurasse 15 metri per lato. Un po meglio si è conservata la sottostruttura alla quale si accede da un ingresso situato sul lato orientale della piramide, dopo una scalinata di circa 14 metri il corridoio curva per tre volte prima di raggiungere la camera funeraria, anche qui è presente una massiccia barriera in quarzite lunga 3 metri, alta 2,80 metri con uno spessore di 80 centimetri.

L’immagine mostra l’interno della piramide prima delle esequie con i varchi tra i vani aperti e con la cripta scoperta – (Ph. by Franck Monnier)

La camera è costruita come le precedenti piramidi della XII dinastia, un gigantesco monolite calato in un vano sotterraneo nel quale venne ricavata un’incavatura per il sarcofago ed un’altra per la cassa dei canopi. Un pesante monolite dello spessore di sessanta centimetri, in parte rotto, fungeva da coperchio, il sarcofago ligneo in esso contenuto si trova al Museo Egizio del Cairo.

Ne il pesante coperchio ne la barriera impedirono ai saccheggiatori di profanare la tomba portando via tutto ad eccezione di alcuni frammenti dei canopi sui quali compariva il nome del sovrano. Recentemente, 2017, sempre nella necropoli di Dashur, a 600 metri di distanza dalla prima è stata scoperta una seconda piramide che riporta nuovamente il nome di Ameni Kemau. Nella camera sepolcrale è stata rinvenuta la cassa di legno che conteneva i vasi canopi sulla quale però non compariva il nome del faraone bensì quello della principessa Hatshepset citata come “figlia del re”, (nulla a che vedere con la più famosa Hatshepsut della XVIII dinastia). Si ha motivo di pensare che questa seconda piramide fosse stata costruita per un altro sovrano ma successivamente usurpata da Ameni Kemau per seppellire la propria figlia.

SEWADJKARE HOR

Sewadjkare Hor I compare nella colonna 7, riga 13 del Canone Reale come undicesimo sovrano che potrebbe aver regnato su una piccola parte dell’Alto Egitto contemporaneamente con Neferhotep II., secondo Schneider, Franke e von Beckerath sarebbe invece il decimo faraone della XIII dinastia.  Riguardo alla durata del suo regno questa non è deducibile dal Canone Reale in quanto la parte relativa agli anni è mancante, compaiono solo i giorni che secondo Ryholt sarebbero undici o quattordici, secondo alcuni regnò cinque anni, Gardiner gli assegna un solo anno. La maggior parte degli studiosi lo considera un sovrano effimero.

NEDJEMIBRA

Anche questo sovrano compare solo nel Canone Regio. Di lui però sono stati trovati due scarabei che riportano il suo nome, uno è stato rinvenuto nell’area di Menfi mentre il secondo pare provenga dalla Palestina, Hebron o Gerico. Se effettivamente la sua provenienza dovesse essere confermata ciò dimostrerebbe che a quell’epoca erano ancora attivi contatti con il Medio Oriente.

SOBEKHOTEP I KHAANKHRE

Questo sovrano potrebbe corrispondere a quello che troviamo nel Canone Reale nella colonna 6, riga 15 indicato come “Sobek [hote] pre”, c’è da dire però che questa identificazione è incerta e non trovando tutti concordi è tutt’ora dibattuta. Nella Lista degli Antenati di Karnak compare come  Khaankhre (Kha Ankh Ra), “Appare in gloria la vita di Ra”. Sobekhotep I, “Il dio Sobek è in pace “, lo troviamo anche in una piccola cappella, dedicata ad Osiride che sorgeva ad Abidos e su un frammento di colonna dove è inscritto il suo cartiglio. Il nome Horo di  Sobekhotep I significava “Colui che ha unito le Due Terre”, da ciò verrebbe da pensare che questo sovrano abbia almeno tentato di riportare un certo ordine nel potere centrale che ormai da decenni si andava frantumando, ma questa è solo un’ipotesi priva di fonti certe.

Al British Museum si trova una statua di granito (reperto BM 69497), un tempo facente parte della collezione Amherst, sul cui piedistallo compare un’iscrizione con il nome Khaankhre Sobekhotep. La solita disputa tra gli egittologi Ryholt e Baker, da una parte, che lo considerano il tredicesimo faraone della XIII dinastia e von Beckerath che lo vede come il sedicesimo faraone della dinastia. Il suo regno potrebbe essere durato dai tre ai quattro anni. Ryholt afferma inoltre che Sobekhotep I dovrebbe essere lo stesso Sobekhotep II che compare solo come Sobekhotep nel Canone Reale. Dodson ed altri, considerano invece Khaankhre Sobekhotep II e Sekhemre Khutawy Sobekhotep I due diversi sovrani della XIII dinastia.

RENISENEB

Renseneb, “Il mio nome è portatore di salute”, compare nel Canone Reale nella Colonna 7, riga 16 (secondo Gardiner alla colonna 6 riga 6) dove gli viene assegnato un periodo di regno di quattro mesi. Il suo nome compare anche su di un oggetto a lui contemporaneo, una perla di steatite smaltata che, prima di sparire del tutto, venne vista l’ultima volta nel 1929 da Percy Newberry in un negozio di antiquariato al Cairo. Su di essa compariva l’iscrizione: “Reniseneb Amenemhat, che dà la vita”. Secondo l’egittologo danese Kim Ryholt, già più volte citato, sostiene che questo doppio nome vada interpretato come “Reniseneb [figlio di] Amenemhat” dimostrando che era figlio di un re Amenemhat. Il regnante precedente col nome di Amenemhat a lui più vicino fu Seankhibre Ameny Amenyf Amenenhet VI (o V), che regnò circa 10 anni prima. L’analisi di Ryholt è contestata da alcuni egittologi perché si basa sull’assunto non dimostrato che i doppi nomi siano necessariamente nominativi filiali.

AUIBRE HOR  (HOR I)

Durante il biennio 1894-1895 l’egittologo francese Jacques de Morgan stava svolgendo una campagna di scavi presso la piramide di Amenemhat III a Dahshur quando, sul lato nord del recinto del complesso, rinvenne una decina di tombe a pozzo appartenute ai familiari del sovrano. Esplorando la prima partendo da est scoprì che era stata la tomba di un faraone del Secondo Periodo Intermedio. La tomba, ancorché violata fin dall’antichità, si presentava ancora sostanzialmente in buone condizioni, conteneva ancora il sarcofago parzialmente dorato contenente la mummia del sovrano, un naos con una statua, alcuni gioielli, due stele iscritte e diversi altri oggetti.. Di costruzione modesta, la tomba conteneva ancora la cassa, con i vasi canopi, sulla quale compariva il nome del proprietario, Hor, fino ad allora sconosciuto (il Canone Reale non era ancora stato completamente decifrato).

La statua citata è uno degli esempi più belli di arte egizia, riprodotti di frequente in quel periodo, essa rappresenta il “Ka di Hor I” oggi esposta al Museo Egizio del Cairo, (cat. JE 30948). Si tratta di una delle sculture lignee meglio conservate dell’antichità; ancorché trattasi di un genere molto comune nell’arte antico-egizia nessun’altra è giunta fino a noi in condizioni così perfette. Grazie alle iscrizioni sulla statua è stato possibile conoscere la titolatura completa del sovrano.

Successivamente venne rinvenuto un altro oggetto sul quale erano iscritti i nomi di Amenemhat III e di Hor. Il ritrovamento portò, in un primo momento, a pensare che Hor fosse stato coreggente di Amenemhat III e quindi ad attribuire Hor alla XII dinastia. Grazie anche a successivi ritrovamenti si giunse ad identificare Hor con il sovrano citato nel Canone Reale di Torino come Aut-ib-Rê (Auibre “La gioia di Ra”).

Il suo regno deve essere stato assai breve da non permettergli neppure di iniziare a costruirsi una piramide, che agli inizi della XIII dinastia era ancora un’usanza comune per i re, tanto che per la sua sepoltura si dovette ricorrere ad una tomba a pozzo già esistente e per giunta non regale.

Sicuramente lui, o chi per esso, usurpò la tomba a pozzo nel complesso funerario di Amenemhat III in epoca successiva. Nella tomba accanto a quella di Auibre fu sepolta la principessa Nubhetepet-Ikhered (“la giovane”), sua probabile figlia, che probabilmente andò in sposa al suo successore Amenemhat VII. Degli avvenimenti accaduti durante il breve regno di Auibre Hor I non abbiamo alcuna notizia.

AMENEMHAT VII  (SEDJEFKARA  KAY  AMENEMHAT)

Dopo Auibre Hor I il Canone Reale riporta il quindicesimo sovrano che gli succede al trono, Amenemhet VII (Appartiene allo spirito Amon è di fronte) il quale oltre che nel Canone compare anche sul piedistallo di una statua dedicata al dio Montu.

Lo troviamo ancora citato su alcuni sigilli cilindrici e scarabei, il nome di Amenemhet VII compare anche nella piramide della regina Khuit a Saqqara. Altro nome di Amenemhet VII è Sedjefkara Kay, Sedjefakara che vuol dire (Provvede il Ka di Ra) mentre secondo alcuni il “Kay” del nomen si potrebbe interpretare come “figlio di Kay”, a questo punto vorrebbe dire che non sia appartenuto  alla stirpe reale; l’indicazione del padre nel proprio nomen stava a significare che il sovrano non apparteneva alla linea diretta di discendenza ma era subentrato.

Se questa ipotesi dovesse corrispondere alla realtà si potrebbe presumere che la sua ascesa al trono sia il frutto del matrimonio con  Nubhetepet-Ikhered, figlia di Auibre Hor I suo predecessore. Sul nilometro di Semna compare una registrazione del livello di piena del Nilo che riporta la data del primo anno di regno di un sovrano chiamato “Diefa…..kara”, alcuni egittologi sostengono che potrebbe trattarsi proprio di Amenemhet VII.

Fonti e bibliografia:

  • Mark Lehner, “The Complete Pyramids”, London: Thames and Hudson, 1997
  • Darrell Baker, “The Encyclopedia of the Pharaohs”, Stacey International,,2008
  • Miroslav Verner, “Il mistero delle piramidi”, Newton & Compton editori, 2002 Ministero delle Antichità Egiziano
  • Rinaldi Celeste e Maragioglio Vito, “Note sulla piramide di Ameni Kemau”, Orientalia, Roma 1968
  • William Christopher Hayes, “L’Egitto dalla morte di Ammenemes III a Seqenenre II – Il Medio Oriente e l’Area Egea”, Cambridge University 1973 (Il Saggiatore, Milano 1975) 
  • Cimmino Franco, “Dizionario delle dinastie faraoniche”, Bompiani, Milano, 2003
  • Manzini Riccardo, “Complessi piramidali egizi”, vol. III, “Necropoli di Dashur”, Ananke, 2009
  • Alan Gardiner, “La civiltà egizia” – Oxford University Press 1961 (Einaudi, Torino 1997)
  • Kim Ryholt, “La situazione politica in Egitto durante il secondo periodo intermedio”, Istituto Carsten Niebuhr, Copenhagen: Museum Tusculanum Press, 1997
  • Kim Ryholt, “Un presunto re asiatico in Egitto con relazioni con Ebla”, Bollettino delle scuole americane di ricerca orientale 311, 1998
  • John Wilson, “Egitto – I Propilei”, Monaco di Baviera 1961 (Arnoldo Mondadori, Milano 1967) Ministero delle Antichità Egiziano
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Biblioteca Storica Laterza, 2011

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...