E' un male contro cui lotterò

LE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

Di Andrea Petta e Franca Napoli

I SINTOMI

Entriamo ora in uno dei campi più controversi e complicati della medicina egizia: le malattie cardiovascolari.

Sappiamo infatti che gli Egizi non compresero mai appieno il sistema circolatorio, anche se sapevano che “il cuore (“haty”) parla al corpo” attraverso i “metu” (vasi) – vedi https://laciviltaegizia.org/…/come-il-cuore-parla-al…/ – ma sappiamo anche l’importanza che il cuore aveva nel pensiero egizio.

Al cuore veniva data la massima importanza, sia in questa che nell’altra vita come ben sappiamo. Qui la descrizione della psicostasia dal Papiro dei Morti di Hunefer

Anche se il cuore normalmente veniva reinserito nel corpo mummificato, purtroppo i reperti giunti fino a noi sono stati poco utili per definire l’incidenza di tali patologie, e come al solito i termini tecnici usati nei papiri medici rimangono spesso oscuri – e forse erano oscuri anche per i medici del Nuovo Regno, tanto che un intero capitolo del Papiro Ebers, l’855, spiega a cosa si riferiscono dei vocaboli evidentemente antichi. Infatti, mediante l’osservazione ed il loro tipico modo di “raccontare” gli eventi, scopriamo che i medici egizi fin dall’Antico Regno avevano individuato diverse patologie cardiovascolari.

Sappiamo così ad esempio che “wegeg” è la debolezza del cuore dovuta all’età, e “amed” è la mancanza di pulsazioni.

L’enorme rischio di errore consiste nel “modernizzare” la medicina egizia e dare per scontate cose che per gli antichi medici non lo erano affatto. Nonostante questo, arrischiamoci a vedere le corrispondenze più significative.

ARITMIA CARDIACA

Il “cuore che danza” (Ebers 855n) potrebbe essere un modo di definire l’aritmia cardiaca (battito troppo lento, troppo veloce o irregolare); quello che non coincide è però la spiegazione nel Papiro Ebers: “il cuore si muove dalla parte sinistra del petto”, cioè il battito si sposterebbe dalla posizione normale.

Il “cuore che danza”, un’aritmia con extrasistole in un moderno ECG

FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE

La fibrillazione ventricolare avviene quando il segnale elettrico che fa contrarre i ventricoli si irradia in maniera scoordinata a casuale. Gli Egizi lo descrivono così: “Quando il cuore è malato, svolge male il suo lavoro; i vasi che si irradiano dal cuore diventano talmente deboli che non puoi sentirli…Se il cuore trema, ha poca forza e cede, la malattia avanza”.

Il ritmo normale (sopra) a paragone con la fibrillazione ventricolare (sotto): “il cuore svolge male il suo lavoro; i vasi che si irradiano dal cuore diventano talmente deboli che non puoi sentirli…”

INSUFFICIENZA CARDIACA CONGESTIZIA

La debolezza del battito che conduce all’accumulo di sangue nelle vene e nei polmoni viene descritto come “Il cuore è invaso dai liquidi…allagato dal sangue che lo comprime” (Ebers 854k e 855b). Un’altra espressione collegata, “c’è del liquido in bocca” è stata associata all’edema polmonare con un essudato nei polmoni. La difficoltà del battito viene espressa in un modo straordinario: “il cuore è smemorato come chi pensa ad altro” (Ebers 855z)

INSUFFICIENZA CORONARICA

“Il cuore è debole. Un vaso chiamato “il ricevente” è quello che lo provoca. È questo vaso che dà acqua al cuore” (Ebers 855c). Il vaso che fornisce “acqua” sembrerebbe riferito alle coronarie, che per un’occlusione non forniscono più nutrimento al muscolo cardiaco.

Una moderna TAC cardiaca che evidenzia perfettamente le coronarie, il “vaso ricevente” dei medici egizi
“Il cuore è debole…” Restringimento su una coronaria discendente anteriore, al giorno d’oggi trattata in angioplastica

INFARTO

“Se esamini un uomo per una malattia al cuore e ha dolori alle braccia, al petto e a un lato del cuore…è la malattia “wadj”. Qualcosa è entrato nella sua bocca. La morte si avvicina.” A parte l’errore nella “causa”, è difficile qui non vedere alcuni tra i sintomi più comuni dell’infarto del miocardio. L’irradiazione del dolore al braccio sinistro era sempre sottolineato, tanto che gli Egizi chiamavano l’anulare sinistro “il dito del cuore”.

Infarto emorragico della parete posteriore del ventricolo sinistro con la rottura della parete stessa e morte sopravvenuta per emopericardio. Sicuramente in questo caso “la morte si è avvicinata” molto velocemente

CARDIOMIOPATIA DILATATIVA

“La debolezza è sorta nel suo cuore. Ciò significa che si inarca fino ai confini del polmone e del fegato. Lì accade che i suoi vasi diventino sordi, caduti a causa del loro calore” (Ebers 855d). L’immagine del cuore che si estende oltre il normale richiama immediatamente la cardiomiopatia dilatativa, quando la cavità cardiaca si allarga per la perdita di forza di contrazione del muscolo cardiaco, riducendo così in maniera sensibile la capacità che ha il cuore di pompare il sangue (“i vasi diventano sordi”, ossia non pulsano più).

In questa immagine però altri studiosi hanno individuato i sintomi degli aneurismi aortici

“(il cuore) si inarca fino ai confini del polmone e del fegato. Lì accade che i suoi vasi diventino sordi…” L’ingrossamento del cuore ma con l’assottigliamento delle pareti del ventricolo sinistro nella cardiomiopatia dilatativa

LE EVIDENZE

La testa di Ramses II, che secondo Cyril Bryan (il medico dell’Universiyty College di Londra che tradusse in inglese il papiro Ebers dalla versione in tedesco originale) mostra evidenze di arterie calcificate. La mummia di Ramses è stata una delle più studiate sia per la sua importanza storica che per l’ottimo stato di conservazione.

Fare supposizioni sull’incidenza di una patologia nelle antiche civiltà è molto speculativo, visto che i reperti sono sempre limitati, spesso danneggiati dalla decomposizione e rappresentano solo una parte della popolazione. Con gli Egizi il clima e la mummificazione aiutano un po’, ma si è dovuto aspettare lo sviluppo della microscopia elettronica e dell’istochimica per avere dati più certi. Anche se le prime scoperte risalgono addirittura al 1850 con Johann Czermach, che effettuò l’autopsia sulla mummia di un’anziana donna conservata a Vienna, fu infatti Marc Ruffer ad essere un pioniere in questo campo intorno al 1910, studiando una grande quantità di mummie prevalentemente del Nuovo Regno e del III Periodo Intermedio.

Sezione dell’arteria peroneale posteriore di una donna vissuta durante la XXI Dinastia (colorazione Van Gieson) con evidenziati (“b”) le placche calcificate. Dal lavoro originale di Ruffer (“On arterial lesions found in Egyptian mummies (1580 BC—525 AD).” The Journal of Pathology and Bacteriology 15.4 (1911): 453-462.”)
Sezione dell’arteria ulnare di una donna vissuta durante la XXI Dinastia (colorazione Van Gieson) con evidenziati (“a” e “d”) le placche calcificate e con “b” il rivestimento muscolare anch’esso calcificato. Dal lavoro originale di Ruffer (“On arterial lesions found in Egyptian mummies (1580 BC—525 AD).” The Journal of Pathology and Bacteriology 15.4 (1911): 453-462.”)

Grazie anche al suo lavoro sappiamo quindi che anche gli Egizi – o almeno le persone più abbienti – soffrivano di aterosclerosi. Se non ci stupisce che Ramses II alla sua veneranda età avesse le arterie con significative calcificazioni e che suo figlio Merenptah avesse un’aorta che era ormai rigida come il legno, ci potrà sorprendere che Lady Teye, una donna vissuta all’epoca della XXI Dinastia e morta all’età di 50 anni, ritrovata a Deir-el Bahari, avesse la valvola mitralica già calcificata, le coronarie occluse e l’aorta con ateromi nodulari. 

Calcificazioni a livello delle arterie poplitee nelle gambe di Ramses II

Sezione dell’aorta di Merenptah, con le lamelle muscolari dell’intima media inframezzate da depositi di fosfato di calcio, nel disegno originale di Shattock del 1909 (A Report upon the Pathological Condition of the Aorta of King Menephtah, traditionally regarded as the Pharaoh of the Exodus. Proc R Soc Med. 1909;2(Pathol Sect):122-7

In tempi più moderni diversi istituti, tra cui il Manchester Project e il Pennsylvania Museum, hanno lanciato progetti di ricerca paleopatologica sulle mummie egizie. Lo stesso Museo Egizio del Cairo si è dotato di una TAC per esaminare le mummie custodite (a volte con esiti molto controversi, come abbiamo visto per Tutankhamon).

La TAC allestita nei pressi del Museo Egizio del Cairo, in questo caso durante l’esame di Esankh, un sacerdote vissuto nel III Periodo Intermedio (1070-712 BCE9 e deceduto intorno ai 35 anni di età
Placca ateromatosa calcificata sull’aorta addominale di Tjanefer, un altro sacerdote del III Periodo Intermedio

Nel 2010 lo “Studio Horus”, esaminando 42 mummie conservate al Museo Egizio del Cairo e vissute dal Medio Regno alla dominazione romana, ha trovato una percentuale sorprendentemente elevata di lesioni cardiovascolari (20/42, quasi il 50%); da notare però che l’età media alla morte di queste persone era superiore rispetto a quelle apparentemente sane da questo punto di vista. È probabile quindi che lo status sociale delle prime garantisse comunque una aspettativa di vita più lunga.

Placca ateromatosa calcificata sull’aorta addominale di Tjanefer, un altro sacerdote del III Periodo Intermedio
La stessa persona mostra anche una grave compromissione di entrambe le carotidi
A sinistra: calcificazione completa a livello della valvola mitralica nel cuore di una donna vissuta nel Nuovo Regno e morta a circa 45 anni a confronto con quella di una paziente moderna, a destra

Con le moderne tecnologie la percentuale di persone dell’Antico Egitto con problemi cardiovascolari sembra quindi essere inaspettatamente elevata. La dieta non doveva favorire tali patologie, se non nelle classi più abbienti (e molte mummie appartengono a queste classi sociali); gli studiosi stanno ipotizzando che il ruolo delle infiammazioni dovute ai parassiti o alle infezioni croniche (come tubercolosi e malaria) possa essere stato fondamentale.

Lady Rai, una dama di corte della regina Ahmose Nefertari e probabilmente tutrice di Amenhotep I, vissuta all’inizio della XVIII Dinastia e morta a circa 45 anni di età
L’arco aortico di Lady Ray mostra una placca ateromatosa calcificata, una dimostrazione che la vita di corte – con possibilità alimentari molto ricche e lo stress della corte faraonica – potesse avere un impatto negativo sulla salute anche delle donne.
Il cuore di Lady Rai, rimesso al suo posto nel processo di mummificazione, mostra i probabili segni di un infarto del miocardio sulla parete posteriore.

I RIMEDI

Un’intera sezione del Papiro Ebers (854-856) è dedicata al cuore ed ai “metu”, i vasi che dal cuore si irradiano per tutto il corpo e si ricongiungono nella medicina egizia a livello dell’ano. La sezione è talmente importante da essere definita “la conoscenza segreta del medico” come abbiamo visto qui: https://laciviltaegizia.org/2022/10/13/il-cuore/. È qui che si trovano descritte tutte le condizioni patologiche del cuore ma, curiosamente, non vi è descritto alcun rimedio per la maggior parte di esse, né medico né chirurgico.

La cipolla: ipoglicemizzante, diuretica, stimolante, fibrinolitica, battericida, antielmintica ed antispastica. La medicina egizia ne faceva un grande uso.

Le prescrizioni sono invece sparse nelle altre sezioni del papiro, spesso con difficoltà ad identificare gli ingredienti; è però interessante sapere come l’osservazione empirica aveva portato ad utilizzare spesso principi naturali corretti e tuttora in uso. Il rimedio più comune per ogni patologia del cuore è formato da miele, latte ed acqua (probabilmente il miele forniva l’energia dagli zuccheri che contiene per sostenere comunque il paziente). Nei casi più ostinati si ricorreva a cipolle, sedano, birra dolce, datteri ed una misteriosa pianta “jbw”.

Le patologie cardiache più gravi, indicate come “il cuore che danza”, “il cuore che dimentica” ed il dolore acuto al petto prevedevano invece:

  • Fichi (1/8)
  • Piante “jeneset” (1/8)
  • Frutto “sese” (1/8)
  • Sedano (1/16)
  • Ocra (1/16)
  • Miele (1/32)
  • Acqua

Mentre per l’infarto, oltre a tre piante sconosciute si usava il timo e grani rossi di semi di senape, bolliti in olio – sfruttando l’effetto vasodilatatore, con l’avvertenza di non ripetere mai la somministrazione al paziente.

Noi suggeriremmo di rivolgersi al pronto soccorso più vicino, ma se volete provare, non ci assumiamo responsabilità…

In generale il fico (anticoagulante), la cipolla (diuretica e antiaggregante), il sedano (diuretico), il coriandolo (stimolante ed antispastico), il cumino (stimolante), l’ocra e l’uva sono gli ingredienti più ricorrenti per i rimedi legati al cuore ed ai “metu”. Soprattutto sedano, cipolla ed uva sono tra i diuretici naturali noti, e probabilmente era dovuta a questa attività il loro beneficio terapeutico.

Il fico; la ficina contenuta è un anticoagulante naturale, digerendo la protrombinasi

Per le infiammazioni che si estendono dal cuore (“il petto brucia”) la cura prevista è formata da:

– Datteri freschi

– Frutto del sicomoro

– Foglie della pianta “kaka” (che ignoriamo quale sia)

mescolati con acqua a formare una poltiglia, da cui strizzare il succo e farlo bere al paziente per quattro giorni.

Il frutto del sicomoro, l’albero sacro a Iside.

Mentre se sono coinvolti i vasi delle gambe (“dolore attraverso le cosce e le gambe tremano”) il papiro suggerisce una miscela di latte fresco, assenzio e natron, da far bollire e far bere al paziente sempre per quattro giorni. Da notare che secondo alcuni studiosi questo passaggio si riferirebbe alle vene varicose.

Il sedano, diuretico grazie all’acido glicolico contenuto

Se invece il dolore è intorno alle spalle e le dita tremano, secondo il papiro è “una secrezione” (o “ghiandole ingrossate”) da combattere facendo vomitare il paziente con “pesce nella birra” e con carne o pianta “djs” (sconosciuta anch’essa finora) legando le sue dita con i viticci della cosiddetta zucca-bottiglia (Lagenaria siceraria), dopo di che “il paziente starà meglio”.

La zucca-bottiglia, i cui viticci dovevano essere utilizzati per legare le dita dei pazienti affetti da tremore alle mani dovuta ai “metu” delle braccia – chissà poi perché…

Se da un lato ci può far sorridere l’approccio medico, è sorprendente come fossero già riconosciute le proprietà terapeutiche di alcune sostanze e la loro applicazione. Vedremo invece nelle pratiche chirurgiche il trattamento degli aneurismi.

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