Di Grazia Musso

Granito dipinto, aAltezza cm 91
Tebe Ovest, Tempio funerario di Merenptah
Scavi di William Matthew Flinders Petrie 1896
Museo Egizio del Cairo; JE 31414 = CG 607
Questo frammento di statua fu trovato nel secondo cortile del tempio funerario del sovrano, non lontano dalla base e da uno zoccolo di una seconda scultura molto simile.
Le due effigi del sovrano dovevano trovarsi disposte simmetricamente lungo l’asse di sviluppo dell’edificio sacro.
Merenptah era il tredicesimo figlio di Ramses II, il più anziano tra quelli ancora in vita al termine del regno sessantasettenne del longevo padre.
Quando era asceso al trono, doveva avere circa cinquant’anni.
In questa statua è rappresentato invece sotto le sembianze di un giovane nel pieno del vigore.
Si tratta infatti di un ritratto idealizzato attraverso cui, più che restituire la fisionomia del sovrano, si desidera porre in risalto la sua capacità di governare il paese.
L’espressione è serena, ma austera, e riprende una certa ritrattistica di Ramses II che desiderava promuovere l’immagine del sovrano benevolo e severo.
Si tratta di un tipo ideale di monarca che esaudisce le aspettative dei suoi sudditi e che si prende cura di loro prottegendoli da eventuali nemici.

Merenptah indossa il nemes con l’ureo sulla fronte, i suoi occhi sono sottili e inquadrati da palpebre pesanti, retaggio dello stile amarniano.
La linea di bistro e le sopracciglia sottolineano la sottigliezza dell’orbita.
La bocca è diritta, larga, le orecchie sono abbastanza grandi e rimandano alla statuaria della XII Dinastia, in cui questa caratteristica metteva in risalto proprio la disponibilità del sovrano ad ascoltare le suppliche dei sudditi.
I lobi sono forati e la barba posticcia, oggi perduta, era sostenuta da un sottogola.
Sotto le strisce del nemes, che ricadono sulle spalle, si intravede un’ampia collana il cui giro più esterno prevede perline a forma di petali.


Alcune parti della scultura mostrano traccia di policromia: gli occhi erano bianchi e neri, l’ureo, le labbra e il torace erano rossi; il nemes era giallo e la collana era dipinta di giallo, verde e blu.
IL COMMENTO FILOLOGICO DI LIVIO SECCO

Le immagini sono state “lavorate” con un piccolo applicativo grafico allo scopo di ottenerne il “negativo”. In questo modo a volte succede di riconoscere meglio i segni o, addirittura, di vederne altri che possono essere sfuggiti ad una prima analisi.
Come al solito ho aggiunto anche la codifica IPA per permettere la lettura in italiano di coloro che non conoscono la grammatica egizia.
Fonte:
Tesori egizi nella collezione del museo del Cairo – F. Tiradritti – fotografie di Arnaldo De Luca – Edizioni White Star

