Gli edifici del primo cortile del tempio di Amon-Ra e il tempio orientale di Ramses II a Karnak.
Di Grazia Musso

Dalla banchina di fronte al tempio iniziava un viale di sfingi criocefale del dio Amon, recanti iscrizioni del nome di Ramses I che conduceva al vestibolo della grande sala ipostila.
A nord di questa via processionale, Sethy II fece successivamente costruire una tripla cappella dove si trovavano le barche della triade tebana.

La stazione della barca era preceduta da statue reali portainsegne, due delle quali colossali, oggi conservate al Louvre di Parigi e al Museo Egizio di Torino.
Altre statue di questo tipo, di dimensioni minori, si trovavano all’interno della grande sala ipostila; alcune di esse sono conservate all’interno dell’edificio, mentre altre sono visibili al Museo Egizio del Cairo.
Fu l’unica attività edilizia promossa da Sethy II, oltre alla propria tomba a Tebe Ovest.
Sethy allargò lo spazio tra il secondo e il terzo pilone, di un centinaio di metri di larghezza e profondo la metà, divenne uno dei luoghi più celebri dell’architettura egizia : delimitato anche sui lati da grandi mura, che riunivano i due piloni, si trasformò nella grande sala ipostila.

Alle due originali file centrali, ciascuna di 6 colonne che sostengono un soffitto di 23 metri di altezza, si aggiunsero altre 14 file di colonne.
Oggi la sala ipostila appare come una foresta di pietra con 134 enormi colonne di cui quelle centrali sono più alte di un terzo, ricavando così uno spazio in cui erano inserite delle alte finestre di pietra con delle barre verticali, da queste alte aperture filtravano sottili fasci di luce che davano alla via centrale una luce crepuscolare.

Gli architravi che svettano a 23 metri di altezza, poggiano su capitelli che hanno forma di umbrella di papiro aperte. Il significato dell’immenso ambiente era quello di riprodurre nel tempio, simbolo dell’universo, la foresta primeva da cui era iniziata la creazione.
Sia per questo che per la sua grande concezione architettonica la sala ipostila si può considerare la prima vera cattedrale del mondo.
Ramses II terminò la sala ipostila decorando la parte sud: sulle colonne e sulle pareti della sala appaiono i sovrani con varie divinità, le decorazioni sono sia in rilievo ( parte nord, di Sethy I) che a rilievo a incavo ( parte sud, di Ramses.
Nel corso della XIX Dinastia le processioni con le barche rivestivano grande importanza in occasione delle due principali feste annuali.
Ogni sovrano doveva condurre personalmente la processione almeno una volta, all’inizio del proprio regno, mentre in seguito potevano sostituirli statue con la sua effige.
In occasione degli ampliamenti del tempio principale a ovest, Sethy I e Ramses II realizzarono anche altri edifici, nell’area orientale del complesso consacrato ad Amon.
Alcuni frammenti di grandi sfingi indicano l’esistenza di una via processionale a est.

L’ Antico tempio orientale risalente al periodo thutmoside venne restaurato: nel vasto spazio libero davanti ad esso, Ramses II fece erigere un tempio dedicato a Ra-Horakhty e al culto del sole nascente.
Al suo ingresso erano poste due grandi effigi osiriache del sovrano.
Dall’interno di questo tempio proviene la statua più bella di Ramses II che oggi si trova al Museo Egizio di Torino (che verrà descritta nei prossimi giorni).
L’importanza delle numerose processioni e delle loro vie all’interno del grande complesso di culto è testimonianza del fatto che per compiere il cammino di andata e di ritorno tra il tempio principale e quello orientale il corteo doveva passare accanto al muro di cinta del tempio thutmoside, per questo motivo Ramses fece decorare le pareti esterne di questo tempio più antico con scene votive.

I sovrani ramessidi lasciarono numerose iscrizioni lungo l’asse nord- sud del tempio, risalente alla XVIII Dinastia, su entrambi i lati della via processionale.
Quando la grande sala ipostila fu completata, Ramses II rinnovò il cortile di sud-est, davanti al settimo pilone, che era il punto d’incontro dei due assi principali del tempio e si creava una sorta di incrocio delle processioni.

In epoca ramesside un viale fiancheggiato da sfingi dalla testa di ariete , dette pertanto criocefale, conduceva dalla banchina all’attuale secondo pilone (largo 99,88 metri), costruito da Horemheb, della XVIII Dinastia, costituiva allora la facciata del tempio.
Successivamente davanti all’edificio ne furono innalzati altri e il complesso fu chiuso a occidente, mediante la costruzione di un altro pilone, risalente probabilmente alla XXX Dinastia.
Vi si trovano grandi iscrizioni, raffigurazioni e le stele di quasi tutti i sovrani ramessidi.
Una particolare importanza riveste l’iscrizione di Ramses II posta sulla parte esterna del muro occidentale del cortile e che contiene il testo del trattato di pace tra il sovrano egizio e il re degli Ittiti.
Sul lato est, circa a metà cortile, si trova l’iscrizione trionfale del figlio e successore Merenptah, con la quale il faraone celebra la propria vittoria sull’alleanza tra i libici e i popoli del mare.
Numerose iscrizioni ricordano le fondazioni, le donazioni, le statue regie, le effigi divine e la statuaria privata.
Nel corso dei secoli re e alti funzionari riempirono i cortili e le vie che dai piloni conducevano al santuario di statue e stele di ogni forma e materiale non deve quindi stupire che nell’Età Tarda molte delle statue che fiancheggiavano le vie processionali siano state sepolte in questo cortile, per ragioni di spazio.

Cortile più interno dell’asse nord-sud e settimo pilone.
Il cortile, detto della Cachette dal ritrovamento di migliaia di statue che vi erano nascoste, scoperte all’inizio del secolo, svolse già dal Medio Regno un ruolo importante.
Il muro di recinzione a est e a ovest venne decorato dai sovrani ramessidi con scene rituali.
Sulla parete esterna del muro occidentale, Ramses II fece rappresentare scene di battaglia contro i siriani e vi fece apporre un testo che riproduceva la versione egizia del trattato di pace stipulato con gli ittiti nel ventunesimo anno del suo regno.
Furono riportate alla luce dall’archeologo francese George Legrain tra il 1903 e il 1906, grazie ad un difficile lavoro, ostacolato tra l’altro anche dall’alto livello della falda freatica.
Le effigi degli dei nella camera di culto, nei santuari delle barche, nei vestibolo e nelle sale ipostila avevano la funzione di accogliere le ricche offerte presentate dal re.
Esse incarnavano plasticamente ciò che era espresso nelle raffigurazioni bidimensionali sulle pareti del tempio.

Il faraone è dinnanzi alla “sposa divina, madre divina, grande sposa regale, signora delle Due Terre Ahmosi-Nefertari”. Essa era la sposa del faraone del fondatore della Dinastia Ahmosi e madre di Amenofi I. In questo rilievo Ahmosi-Nefertari, al cospetto degli dei, assicura vita e salute a Ramses II.
All’esterno del santuario e delle sale chiuse, dove le processioni attraversava o i cortili e sfilavano davanti ai piloni sotto gli occhi dei sacerdoti e degli alti funzionari, erano poste le statue reali portainsegne.
Esse raffiguravano la persona del re nella pietra perciò in forma duratura, assicurando così la partecipazione a quelle cerimonie che solo a lui spettava condurre.
Allo stesso modo, fuori dal tempio vero e proprio, nei grandi cortili, erano collocate statue e sfingi gigantesche che recavano i tratti del re ma allo stesso tempo simboleggiavano anche le divinità.
Fonte:
Egitto la terra dei faraoni – Regine Schulz, Matthias Seidel – Konemann
Antico Egitto di Maurizio Damiano – Electra