Di Piero Cargnino

Abbiamo accennato al fatto che forse Ramses II divenne coreggente per volere del padre Seti I e la cosa durò otto anni, a supporto di questa tesi ci sarebbero numerose iscrizioni che compaiono su vari templi.

Secondo l’egittologo canadese Peter J. Brand, autore di un’importante monografia su Ramses II, i rilievi in cui Seti I compare col figlio nei templi di Karnak, Gurna e Abydos, non costituirebbero prove in grado di suffragare la coreggenza in quanto a realizzarli sarebbe stato lo stesso Ramses II dopo la morte del padre.
Le opinioni pro o contro la coreggenza si intrecciano e si contraddicono a vicenda, l’egittologo statunitense William Murnane, che in un primo momento appoggiava l’ipotesi della coreggenza, in seguitò si corresse affermando che Ramses II non contò come suoi gli anni di regno mentre Seti I era ancora in vita. Secondo Kenneth Litchen non si può parlare di coreggenza e porta a sostegno della sua tesi il fatto che la prima fase della carriera di Ramses II deve essere considerata come la reggenza di un principe dal momento che gli fu assegnata una titolatura reale e venne dotato di un harem, senza però contare come propri gli anni in cui era ancora vivo Seti I.
Come abbiamo già detto parlando di Seti I, una coreggenza tra padre e figlio appare assai improbabile, vaga e quantomeno ambigua. La maggior parte degli studiosi fa riferimento all’iscrizione dedicatoria del tempio di Abydos ed alla stele commemorativa di Kuban dove a Ramses II vengono attribuiti i titoli di “Primogenito del re” e “Principe ereditario” ed “Erede”.

Seti I doveva nutrire per suo figlio un grande amore, questo almeno secondo quanto si legge in un’iscrizione dove, una ventina di anni dopo la sua ascesa al trono, Ramses stesso in prima persona rivolge un discorso alla corte raccontando ciò che disse di lui suo padre:
<<………mettete la Grande Corona sul suo capo……..egli dirigerà questo Paese, si occuperà dei pubblici affari, comanderà al popolo……..mi assegnò un personale di casa proveniente dall’harem reale……..scelse per me delle mogli […] e delle concubine cresciute nell’harem……..>>.
Nominato “Principe ereditario”, intorno al tredicesimo anno di regno di Seti I, questi ordinò che venisse costruito un palazzo per il Principe, probabilmente nella città di Menfi. Dall’harem appena avuto dal padre, Ramses II scelse forse la più bella ed affascinante concubina e la fece sua “Grande Sposa Reale” Nefertari, colei che diventerà una delle regine meglio conosciute della storia egizia, nonché una delle più potenti, almeno pari ad Hatshepsut, Nefertiti e Cleopatra VII, pur non avendo regnato in autonomia.


Nefertari non fu solo la sposa reale di facciata, la bellezza ed il fascino che emanava non erano gli unici suoi meriti, la regina possedeva un’istruzione eccezionale: sapeva leggere e scrivere, cosa rara per l’epoca. Abile diplomatica, seppe mantenere una corrispondenza alla pari con altri sovrani del suo tempo. L’importanza della regina Nefertari è tale per cui di lei parleremo ancora ampiamente.
In quel periodo Seti I affidò al giovane principe il compito di curare i rapporti con la Nubia, più in particolare doveva riscuotere i tributi dei paesi di Wawat e Kush. Ebbe anche il compito di sedare le scorribande dei beduini Shasu nella terra di Canaan. Altro compito molto importante, che Ramses II eseguì magistralmente, anche forse con un po di eccesso, fu quello di curare personalmente il grande programma architettonico paterno lungo tutto l’Egitto.
Dopo un regno durato undici o quindici anni (durata ancora oggi oggetto di dibattito tra gli studiosi), Seti I salpò per i Campi di Iaru e sul suo trono prese posto Ramses II, all’età di circa venticinque anni, pare che corressero i primi di giugno del 1279 a.C. (“3º mese dell’estate, 27º giorno”).
Forte dell’esperienza maturata durante gli anni trascorsi in reggenza (e/o coreggenza) col padre Seti I, Ramses II si impose subito come sovrano energico e determinato. Già nel primo anno di regno organizzò un viaggio rituale per visitare i principali santuari presenti lungo il Nilo, ad Abydos vide che la costruzione del tempio di suo padre Seti I era stata abbandonata dopo la morte del sovrano, ordinò che questa fosse immediatamente ripresa e portata a termine: con orgoglio fece eseguire delle grandi iscrizioni sul portico per ricordare questo evento.
Nello stesso anno presenziò alla “Festa di Opet” (heb ipet) dedicata alla Triade tebana che si celebrava nel II mese di Akhet (Menkhet); la festa era chiamata col nome del tempio di Amon a Luxor “ipet resut” (Camera segreta del Sud) diversamente dal tempio dello stesso Amon di Karnak “hut aat” (La Grande Dimora).

La Festa di Opet aveva, tra gli altri, lo scopo di rinnovare il diritto del Faraone, in quanto figlio di Amon-Ra, a guidare il suo popolo mantenendo stabilità e benessere alle Due Terre. E qui emerge la prepotenza trionfale di Ramses II che, caso unico nella millenaria storia della monarchia egizia, officiò egli stesso come Primo Profeta di Amon, poiché il titolare era deceduto poco tempo prima.
Fece altresì valere la sua autorità nominando, in quella carica, il Primo Profeta di Hathor a Dendera, fedelissimo di Ramses II garantendosi così l’appoggio del clero tebano. Tanto per dimostrare al mondo di allora chi era il grande Ramses, Signore delle Due Terre, il faraone guerriero, partì subito alla testa del suo esercito per restaurare i possedimenti Egizi in Nubia, i cui giacimenti auriferi costituivano una imperdibile risorsa e, per rinsaldare i confini del Paese si rivolse anche contro gli ittiti. Tanto per non farsi mancare nulla si diresse anche verso la Libia per disperdere i nomadi che sconfinavano verso le sue terre. Fino ad allora era stata prestata scarsa attenzione alle zone del Mar Egeo e del Mediterraneo orientale dove spadroneggiavano i predoni del mare, i ben noti Shardana creando numerosi problemi ai popoli dell’Asia Minore.

Gli Shardana depredavano la costa dell’Egitto, le bocche del Nilo e più in generale il Delta, inoltre i loro continui attacchi ai mercantili egizi compromettevano le relazioni commerciali sia in uscita che in entrata. Non è mai stato chiarito quale fosse la regione di provenienza del popolo Shardana, forse dalla costa ionica, forse dalla zona sud-occidentale della Turchia, alcuni studiosi hanno ipotizzato che, in virtù dell’assonanza del loro nome, provenissero dalla Sardegna. Con grande abilità strategica Ramses II tese loro una trappola, con uno strattagemma riuscì ad attirare in un unico punto l’intera armata Shardana che, colta di sorpresa non ebbe scampo. Con questa mossa Ramses II riuscì a catturare un ingente numero di Shardana ai quali risparmiò la vita in cambio del loro arruolamento come mercenari nelle file dell’esercito egiziano fino a diventare in seguito le sue guardie personali.

Gli Shardana rimasero fedeli a Ramses II tanto da giocare un ruolo molto importante nella successiva battaglia di Qades.
Fonti e bibliografia:
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