Di Piero Cargnino

Abbiamo parlato degli Shardana, popolo misterioso che saccheggiava le sponde egizie del Mediterraneo presso la foce del Nilo in tutto il Delta. Con un’abile mossa, da quel grande condottiero che era, Ramses li attirò in una trappola e riuscì a cattutarli praticamente tutti.
Su una stele rinvenuta a Tanis viene commemorata in modo molto enfatizzante (come sempre con Ramses) la vittoria del faraone sugli Shardana, si legge:
<<…….Il vincitore dei guerrieri del mare, che lascia il Delta (sicuro) e tranquillo […] colui la cui fama attraversò il mare […] i ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli. Ma egli li piegò con la forza del suo valido braccio e li portò in Egitto…….>>.
L’episodio ebbe notevole risonanza e venne scolpito in molti templi dell’epoca. In effetti poi Ramses II non schiavizzò ne uccise gli Shardana ma li arruolò nel suo esercito, dove li troveremo nella battaglia di Qades. Certo che dovette fidarsi molto della loro fedeltà poiché 520 di essi li costituì come propria guardia personale.
Nelle rappresentazioni egizie sono facilmente riconoscibili per il loro abbigliamento e le loro armi, vestivano una gonna lunga sul dietro che si chiudeva sulla cintola davanti, portavano elmetti cornuti sui quali spiccava una palla più alta in centro, i loro scudi erano rotondi e le spade erano “a lingua da presa” dette Naue.

Parlando di guardie del corpo va detto che Ramses II non si faceva mancare nulla, si racconta che portasse sempre con se un leone addomesticato tanto che lo fece raffigurare accanto al suo carro nella rappresentazione della battaglia di Qades ad Abu Simbel.
Le sue prime campagne militari di un certo rilievo furono rivolte alla terra di Canaan, Già nel quarto anno di regno condusse il suo esercito fino in Libano, nei pressi dell’odierna Beirut, all’estuario del Nahr al-Kalb (fiume del cane) dove fece erigere tre stele commemorative le cui iscrizioni sono oggi illeggibili ad eccezione del cartiglio di Ramses II e la data “anno 4” identificati per la prima volta dall’egittologo tedesco Karl Richard Lepsius.
Durante la sua permanenza nella terra di Canaan Ramses II si scontrò con un principe locale, il principe venne ucciso da un arciere egizio ed il suo esercito si sbandò. Forte della sua posizione Ramses II saccheggiò le terre dei capi asiatici e, come conseguenza diversi principi cananei furono portati in Egitto come ostaggi. A coronamento della sua campagna in Canaan Ramses II invase e conquistò il regno di Amurru, vassallo dell’impero ittita.
Fu forse questo uno dei primi segnali che misero in allarme gli ittiti che mal tolleravano la politica espansionistica del Faraone. Infatti Ramses II non si fermò li, obiettivo principale di queste campagne in oriente era quello di ripristinare l’influenza egizia nell’area palestinese per riportarla all’epoca delle grandi conquiste di Thutmosi III. Questo dovette capirlo anche Muwatalli II, sovrano ittita, la cui influenza si estendeva ormai alla Siria settentrionale ed all’intera regione di Mitanni.

A questo punto è necessario tracciare un quadro completo della situazione dell’Asia Minore che all’epoca di Ramses II vede contrapposte le due “superpotenze” mediorientali, l’impero egiziano e quello ittita.
Al confine dei due imperi si trovava la città di Qades, nei pressi del fiume Oronte, questa era la porta della Siria, crocevia mercantile, culturale e militare del mondo antico. Qui si trovavano ricchezze ambite da entrambe i contendenti. Oltre alle ingenti quantità di grano, la Siria costituiva un punto obbligato per il passaggio delle merci provenienti dal mar Egeo e da paesi più lontani che commerciavano con l’Asia Minore approdando al porto di Ugarit. Insomma la Siria costituiva la zona di maggiore importanza strategica del mondo antico. Attraverso la Siria passava ogni sorta di beni commerciali che arrivavano da ogni parte, anche da paesi come l’Iran e l’Afghanistan: vetro, rame, stagno, legni preziosi, gioielli, tessili, alimenti, articoli di lusso, prodotti chimici, maiolica e porcellana, attrezzi e metalli preziosi. Il guaio della Siria però era quello di trovarsi soffocata tra due grandi imperi, l’Egitto e Hatti. Come è ovvio, entrambi ambivano al dominio di tale regione se si considera che possederla voleva dire diventare una potenza mondiale sotto tutti gli aspetti.

Ramses II da quel sovrano esperto qual era conosceva molto bene l’importanza della Siria, e soprattutto quella di Qades, quale punto strategico. Dall’inizio del suo regno, ma forse fin da prima, Qades divenne il suo chiodo fisso al punto da non fare nulla per nascondere la sua intenzione di infrangere i termini del trattato di pace che suo padre aveva firmato con gli ittiti. Iniziò presto a portare grandi cambiamenti nell’organizzazione dell’esercito e fece di Pi-Ramses una grande base militare in vista della futura campagna asiatica.
Ramses II organizzò il suo esercito in quattro grandi corpi militari che contavano ciascuna 5.000 soldati divisi tra 4.000 fanti e 1.000 aurighi che guidavano i 500 carri da guerra aggregati alle varie divisioni. Ciascuna divisione portava sul suo stendardo l’effigie del dio tutelare della città dalla quale proveniva.
A supporto del suo esercito Ramses II poteva contare su una forza nota come NRM citata in alcune iscrizioni (probabilmente da leggersi come Nearin). Con molta probabilità si trattava di mercenari, principi alleati dell’Egitto in Palestina, Libano e nelle zone limitrofe, non si conosce la loro incidenza riguardo all’esercito regolare anche in virtù del fatto che questa viene sottovalutata dagli egizi per porre in maggior evidenza il loro esercito regolare.
Sicuramente nei loro racconti gli egizi tendono ad evidenziare il loro esercito come inferiore numericamente rispetto a quello dei nemici ittiti per ingigantire la loro eventuale vittoria. Nel campo avverso è da considerare il grande sforzo militare e diplomatico compiuto dal governo ittita. A questo proposito gli egizi raccontano che:
<<……..nessuna terra mancò di inviare i suoi uomini……., moltitudine grandissima e senza uguali, che copriva le montagne e le vallate come locuste. Il re degli Ittiti non aveva lasciato oro o argento nel suo regno, lo aveva radunato e donato a ogni paese con lo scopo di trascinarlo con sé nella battaglia……..>>.

Stando sempre alle fonti egizie, Muwatalli era riuscito a formare una grande coalizione, si racconta che fosse composta da 40.000 uomini armati e da 3.700 carri da guerra. Sicuramente anche gli Ittiti fecero ricorso a mercenari internazionali, anatolici ed egei, sia direttamente sia nelle truppe reclutate dai loro alleati, infatti si sa che nelle fila ittite militavano gli Arawana (di origine incerta) e Wilusa (Troiani).
Quando ritenne di possedere un forte esercito in grado di rivaleggiare e vincere contro quello Ittita di Muwatalli, Ramses II partì da Pi-Ramses, attraversò la terra di Canaan e si preparò a fronteggiare il nemico.
<<……..Quando Sua Maestà ebbe approntato le truppe, i carri e gli Shardana che aveva vittoriosamente catturato, (tutti) equipaggiati con le loro armi, e comunicato loro i suoi piani di battaglia, allora Sua Maestà partì verso nord con le sue forze…….>> (Poema di Pentaur).

Le fasi della battaglia di Qadesh contro gli ittiti sul fiume Oronte, ci sono state riportate con iscrizioni e scene in bassorilievo sulle pareti di diversi templi. In forma epica e del tutto enfatizzante, troviamo il racconto della battaglia, come decorazione in geroglifico, sulle pareti dei templi di Luxor, di Karnak e di Abido; esistono anche parecchie redazioni su papiro, la più famosa è quella del papiro Sallier III, copia di un racconto dello scriba Pentaur (da cui il nome Poema di Pentaur), oggi custodita al British Museum, un altro papiro importante è quello di Rifeh.

Leggendo il Poema di Pentaur emerge subito lo stile della «novella regale», la narrazione dei fatti e delle imprese del sovrano denota un chiaro carattere letterario. La forma epica emana dall’intero testo alla quale però si alternano brani di vibrante ispirazione lirica. Ritroveremo quest’opera molto più tardi nella Stele di Piankhi e nei racconti storici dell’età demotica. Si tratta di una delle più mature espressioni che possiamo riscontrare tra i testi di propaganda delle azioni del sovrano.
Ma torniamo alla guerra tra Ramses II e il regno degli ittiti, la battaglia cruciale di questo conflitto che si svolse intorno al quinto anno di regno di Ramses II, fu la battaglia di Qadesh della quale entrambe i contendenti, alla fine, si dichiararono vincitori, il poema di Pentaur esalta le doti guerresche di Ramses II e la sua invincibilità e, subito all’inizio, parla di una grande vittoria. Non andò esattamente così, se fossimo in campo calcistico potremmo definire il risultato della battaglia con uno zero a zero.

Della battaglia di Qadesh disponiamo di notizie da entrambe i campi, Ittiti ed egizi si attribuirono la vittoria, oggi diremmo “vittoria di Pirro, in quanto non vinse nessuno dei due e la prova è il trattato che seguirà.
Ma penso sia interessante seguire alcune delle fasi più importanti della battaglia. Ramses II giunse col suo esercito nei pressi della città di Qadesh, qui si accamparono e “combinazione” catturarono due spie beduine, queste rivelarono al sovrano che l’esercito ittita si trovava in realtà molto lontano, all’incirca a 190 km di distanza. Tratto in inganno dalle due spie Ramses spostò quindi la divisione di Amon poco distante dalla roccaforte dove decise di montare il campo. Non passò molto tempo che gli uomini di Ramses catturarono due soldati ittiti che si erano spinti fin nei pressi del campo egizio. Interrogati e posti sotto tortura i due rivelarono che in realtà gli Ittiti si trovavano ormai nei pressi dell’accampamento egizio. Come un fulmine gli ittiti assaltarono la divisione Ra che si trovava nei pressi dell’Oronte e la distrussero completamente. A questo punto Ramses si trovò di fronte ad un ingente numero di avversari, potendo contare sulla sola divisione Amon. Fortunatamente in precedenza Ramses aveva previsto di accerchiare a tenaglia il nemico ordinando alla divisione ausiliaria di seguire una via alternativa, fortuna volle che questa divisione giungesse nel momento più opportuno unendosi al sovrano per respingere i carri nemici. Gli assalti si susseguirono finché gli ittiti vennero respinti e costretti a rifugiarsi all’interno della fortezza di Qadesh.

A questo punto possiamo solo basarci sulle fonti egizie che parlano di una lettera fatta recapitare a Ramses da parte di Muwatalli il quale chiedeva un armistizio. Non è chiara la ragione, ma l’armistizio venne accettato ed entrambi gli eserciti tornarono nei loro rispettivi confini. La cosa può apparire strana in quanto nessuno dei due contendenti aveva schierato l’intero esercito, forse fu la presa di coscienza di entrambe che continuare nella battaglia avrebbe avuto come esito la distruzione reciproca, venne quindi deciso di sospendere le ostilità.
Da quel grande esibizionista presuntuoso qual era, Ramses II considerò vinta la battaglia di Qadesh, non solo ma lo fece immortalare sulle pareti del suo tempio funerario, del Ramesseum e nei templi di Larnak, Luxor, oltre che nel suo grande tempio di Abu Simbel. Anche da parte ittita si gridò alla vittoria, ma, malgrado tutto, alla luce dei fatti che seguirono possiamo tranquillamente affermare che Ramses II vinse lo scontro presso Qadesh fermando l’avanzata degli ittiti ma non riuscì a recuperare le zone d’influenza nella Siria e Qadesh rimaste in mano ittita.

La battaglia di Qadesh, immortalata come una vittoria sui templi di tutto l’Egitto, in realtà ridusse l’influenza di Ramses a Caanan, mentre l’intera Siria finì nelle mani degli Ittiti. Alla morte di Muwatalli, poco dopo la battaglia, ci furono dei problemi nel campo ittita finchè non salì al trono Hattusili III il quale fu subito contrario a proseguire il contrasto con gli egizi anche perchè gli si presentava una nuova minaccia, l’invasione degli assiri che, profittando della guerra egizio-ittita erano già penetrati fino a Karkemish. Hattusili a questo punto riannodò i contatti con Ramses con l’intento di stipulatre un trattato di pace e reciproca assistenza.

L’accordo di pace (pervenutoci quasi interamente) con gli ittiti che prevedeva la spartizione delle colonie siro-palestinesi venne poi definitivamente stipulato nel ventunesimo anno di regno di Ramses II. In esso si diceva tra l’altro:
<<…….Questi patti sono scritti su tavolette di argento del paese ittita e del paese di Egitto. Chi dei due contraenti non li osserverà, mille dèi del paese degli Ittiti e mille dèi del paese degli egizi distruggano la casa, la terra, i sudditi. Al contrario, chi osserverà questi patti, egizio e ittita che sia, mille dèi del paese degli Ittiti e mille dèi del paese degli Egizi, facciano che egli viva in buona salute e con lui la sua casa, il suo paese i suoi sudditi…….>>.
A suggellare la validità del trattato Ramses II sposò una figlia di Hattusili III, la principessa Maathorneferura.

La pace fra le due potenze, uscite (entrambe con le ossa rotte) dalla battaglia di Qadesh e sancita dal Trattato di Pace stipulato da Ramses II e Hattusili III, ebbe come risultato la spartizione dell’intera zona siro-palestinese. Benché ad uscire con le ossa più ammaccate fu l’Egitto, che perse Qadesh e l’intera Siria, quello che seguì fu un periodo di stabilità per la regione. Ora è chiaro che l’epica battaglia di Qadesh rappresenti un fatto che colpisce l’immaginario collettivo tanto da essere inscindibile dal faraone guerriero, ma Ramses II non fece mica solo quello.

A questo punto l’influenza egizia in Medio Oriente era limitata alla sola Canaan mentre la Siria era in mano ittita. Ho scritto “periodo di stabilità” ma si sa bene come vanno le cose, la stabilità è un velo dietro al quale si possono tessere tutte le trame possibili. Dopo un breve periodo di quiescenza delle armate egizie, i vari principi cananei interpretarono questo come un evidente segno di debolezza degli egizi, e gli ittiti nell’ombra li sobillarono al punto che questi iniziarono a rifiutarsi di pagare i tributi denunciando una certa irrequietezza nei confronti degli egizi. Ma sbagliarono di grosso, non conoscevano bene Ramses II, per circa un anno il faraone non fece mosse nei loro confronti, riorganizzò l’esercito dopo l’immane sforzo di Qadesh ma poi risorse.

Nel settimo anno di regno, in piena estate, sentendosi ormai pronto, Ramses II salì nuovamente in Siria, non ci volle molto, diviso in due, l’esercito egizio marciò dapprima con una delle due armate, guidata dal principe ereditario Amonherkhepshef (primogenito di Ramses II e della regina Nefertari) la quale inseguì i guerrieri delle tribù di Shasu nel deserto del Negev fino al Mar Morto. Conquistò Edom ed il Monte Seir, ripiegò poi verso nord e, superata la profonda gola dello Zered, conquistò la terra di Moab ed occupò Butartu (Raba Batora).

Da parte sua Ramses in persona guidò il secondo schieramento attraverso il crinale collinoso che percorre la Cananea, attaccò Gerusalemme e Gerico dirigendosi poi verso Moab, superata la valle dell’Arnon, si ricongiunse con il primo schieramento di Amonherkhepshef. Come se non bastasse l’intero esercito egizio marciò su Heshbon (o Esbous) raggiungendo Damasco e Kumidi fino a conquistare la perduta provincia di Upi, ora l’antica influenza egizia sull’intero territorio era ristabilita.

Non soddisfatto degli obiettivi che aveva raggiunto, Ramses II, nel suo decimo anno di regno, risalì ad oriente, attraversò il fiume Nahr el-Kalb (“Fiume del Cane”) e giunse fino ad Amurru, ben oltre Qadesh, nei pressi di Tunip nella valle dell’Oronte, la dove era giunto Thutmosi III circa 120 anni prima. Da qui raggiunse la vicina Dapur, dove fece erigere una statua in suo onore, la presa di Dapur richiese un assedio la cui vittoria si rivelò effimera, Ramses fece anche erigere una stele a Beit She’an. Ho scritto effimera in quanto il territorio, una striscia fra Qadesh e Amurru, nel giro di un anno gli ittiti riconquistarono.
A fronte di ciò Ramses attaccò una seconda volta Dapur, questo secondo assedio è raccontato nel Tempio di Luxor e nel Ramesseum:
<<……….Quanto a questo modo di fermarsi ad attaccare questa città ittita in cui è la statua del faraone, Sua Maestà effettivamente lo fece due volte, alla presenza del suo esercito e dei suoi carri, quando li conduceva, attaccando questa città ittita nemica che è nella regione della città di Tunip nel paese di Naharina. Sua Maestà prese la sua corazza per indossarla……. (solo dopo che)……. egli aveva già passato due ore attaccando la città del nemico ittita, davanti alle truppe ed ai suoi carri, (senza) corazza. Solo allora Sua Maestà tornò a prendere la sua corazza per indossarla. Allora egli aveva già passato due ore attaccando la città ittita nemica […….] senza indossare la sua corazza………>>.
Il destino, o la sorte, volle però che neppure in questo caso Ramses II conseguì la sperata vittoria, i due eserciti si equivalevano a tal punto che nessuno dei due potè infliggere una sconfitta decisiva all’altro. Ma la carriera del guerriero Ramses II non si riscontra esclusivamente in Palestina, come abbiamo riportato in precedenza, fin da quando era ancora principe ereditario fu mandato a combattere contro i nubiani riportando importanti vittorie.
Le sue gesta sono riportate nel Tempio di Nuova Kalabsha, promontorio nei pressi di Assuan (il promontorio ospita numerosi templi provenienti dal sito di Vecchia Kalabsha spostati al tempo della costruzione della diga Nasser per evitare che fossero sommersi dalle acque del lago).

Gli stipiti del portale d’accesso al tempio sono decorati da immagini rituali di Ramses II. Il sovrano è raffigurato sul suo carro da guerra mentre guida la carica contro i Nubiani, seguito dai suoi figli Amonherkhepshef e Khaemuaset (che avevano, rispettivamente, cinque e quattro anni) sui loro carri, accompagnati dai rispettivi scudieri.

Alcuni egittologi propendono per assegnare le raffigurazioni alla spedizione dell’ottavo anno del regno di Seti I nel regno di Irem dove però non avrebbero potuto comparire i figli di Ramses II. Questo porta dunque ad ipotizzare che lo stesso Ramses abbia mescolato gli avvenimenti nubiani dell’ottavo anno con quelli del tredicesimo anno di Seti I dove partecipò anche Ramses II ed i suoi figli. (La manipolazione delle iscrizioni su templi e statue era una delle prerogative del faraone.
Fonti e bibliografia:
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- Edda Bresciani, “Ramesse II”, Firenze, Giunti, 2012
- Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
- Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
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- Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
- Christian Jacq, “L’Egitto dei grandi faraoni”, Milano, Mondadori, 1998
- Kenneth Kitchen, “Ramesside Inscriptions: Historical and Biographical”, Oxford, 1969–1990
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- Elvira D’Amicone, “Nefer: la donna dell’Antico Egitto”, Federico Motta Editore, Milano, 2007
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