C'era una volta l'Egitto, Nuovo Regno, XIX Dinastia

PI-RAMSES

Di Piero Cargnino

Ad un certo punto, nel quinto anno di regno, Ramses II decise la costruzione di una nuova capitale. Le ragioni per cui lo fece non sono del tutto chiare, alcuni ritengono che lo fece per portare la sua residenza più vicino possibile al confine con la terra di Canaan per essere pronto in caso di pericolo di invasioni da parte delle popolazioni asiatiche.

Scelse il sito di Avaris, ex capitale degli Hyksos, e chiamò la nuova città Pi-Ramses Aa-Nakhtu “Dimora di Ramses, Grande di Vittorie”. Forse, in parte, la ragione fu anche un’altra, in questo modo si allontanava dalle ingerenze e dal potere del clero di Amon di Tebe.

A Pi-Ramses il sovrano fissò la residenza reale anche se si può dire che fu un sovrano “itinerante”, nel senso che si spostò spesso attraverso l’Egitto di palazzo in palazzo particolarmente nei primi anni di regno durante i quali attraversò tutto l’Egitto per far visita a tutte le regioni delle Due Terre. Un papiro dell’epoca cita per l’appunto:

A questo punto fermiamoci un attimo proprio per parlare della nuova capitale di Ramses II. In Esodo (1:8-10) la Bibbia racconta che:

Secondo alcuni questo re sarebbe proprio Ramses anche se la Bibbia non fornisce il nome di alcun re, né alcuna altra informazione che possa permetterci di collocare la vicenda in un qualsiasi periodo della storia egizia. Ramses II sarebbe dunque il “Faraone dell’oppressione” che avrebbe ridotto gli ebrei in schiavitù per costruire la sua capitale:

Se quindi Ramses II fu il “Faraone dell’oppressione” il “Faraone dell’Esodo” non può essere altri che suo figlio, Merenptah che regnò dopo di lui. Quando parleremo del figlio di Ramses avremo modo di scoprire che, proprio dalla “Stele di Merenptah” o “Stele d’Israele”, la cosa non sia affatto possibile. Non intendo quì riproporre la questione se gli ebrei abbiano mai vissuto nell’antico Egitto come schiavi nè se si è mai verificato un Esodo, ne abbiamo trattato a sufficienza. In quanto a considerare gli ebrei come schiavi andrei cauto, è possibile che alcuni ebrei abbiano lavorato alla costruzione di Pi-Ramses, ma non certo come schiavi, tutti coloro che lavorarono per il faraone erano trattati bene e remunerati. Lo testimonia un proclama giunto fino a noi, riportato nel suo libro dall’egittologo britannico Kenneth A. Kitchen, nel quale Ramses II incoraggia gli operai e i capisquadra (non schiavi) dell’immenso cantiere della città:

Non credo che questa sia la schiavitù di cui parla la Bibbia.

Pi-Ramses si trovava in una zona prospera presso uno dei numerosi rami del grande Delta, qui sorgevano campi rigogliosi e produttivi e i pesci abbondavano nelle acque del Nilo. Subito la città venne popolata, giunsero anche genti esterne alla valle del Nilo, da Canaan, dalla Libia e da Amurru.

Oggi Pi-Ramses non esiste più, ma gli studiosi ritengono che si trovasse presso l’odierno villaggio di Qantir dove vennero scoperti resti di manufatti che riportano i nomi di Seti e Ramses.

Dagli anni settanta del novecento una equipe di archeologi austriaci sta lavorando per cercare l’immenso perimetro della capitale di Ramses II. Sono venute alla luce le fondamenta di un tempio enorme oltre ad una necropoli ed i resti di diverse abitazioni. Gli scavi hanno portato alla luce i resti di un enorme edificio di circa 17.000 metri quadrati, che si pensa fosse servito come stallaggio e dove probabilmente veniva conservato il carro del sovrano e le armi dei suoi soldati.

La città di Pi-Ramses dovette avere una storia breve, l’ubicazione molto decentrata tornava utile per sorvegliare i confini ma per le questioni amministrative e la gestione del territorio non era certamente indicata. La città durante la XX dinastia iniziò a perdere la sua importanza e poco più di un secolo dalla morte di Ramses II si era quasi completamente spogliata, i faraoni della XXI dinastia avevano spostarono la capitale a Djanet (Tanis) riutilizzando il materiale preso da Pi-Ramses, spogliando e demolendo gli edifici per decorare ed arricchire la nuova capitale.

Ma la caduta di Pi-Ramses non fu dovuta solo alla volontà degli uomini, intorno al 1060 il ramo pelusiaco del Nilo iniziò a disseccarsi in favore di un nuovo ramo situato più a occidente privando così la città della principale fonte di acqua. Tutto venne trasferito a Tanis, templi, obelischi, stele, statue e sfingi, obelischi e sculture superiori alle 200 tonnellate furono tagliati e riassemblati nella nuova capitale. 

Ramses II, che aveva nominato un’epoca, non ebbe modo di vedere questo “scempio”, lui non c’era più ma era finita anche la sua “epoca ramesside”.

Fonti e bibliografia: 

  • Silvio Curto, “L’arte militare presso gli antichi egizi”, Torino, Pozzo Gros Monti S.p.A, 1973
  • Franco Cimmino, “Ramesse II il Grande”, Milano, Tascabili Bompiani, 2000,
  • Sergio Pernigotti, “L’Egitto di Ramesse II tra guerra e pace”, Brescia, Paideia Editrice, 2010
  • Kenneth Kitchen, “Il Faraone trionfante. Ramses II e il suo tempo”, Bari, Laterza, 1994,
  • Edda Bresciani, “Ramesse II”, Firenze, Giunti, 2012
  • Cyril Aldred, “I Faraoni: l’impero dei conquistatori”, Milano, Rizzoli, 2000
  • Federico Arborio Mella, “L’Egitto dei faraoni”, Milano, Mursia, 1976
  • Manfred Claus, “Ramesse il Grande”, Roma, Salerno Editrice, 2011
  • Nicolas Grimal, “Storia dell’antico Egitto”, Bari, Laterza, 1990
  • Henry James, “Ramesse II”, Vercelli, White Star, 2002
  • Claire Lalouette, “L’impero dei Ramses”, Roma, Newton & Compton, 2007
  • Anna Maria Donadoni Roveri, Alessandro Roccati, Enrica Leospo, “Nefertari. Regina d’Egitto”, La Rosa, 1999

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